Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18069 del 25/07/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 18069 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: D’ASCOLA PASQUALE

ORDINANZA
sul ricorso 6174-2011 proposto da:
CAMBRIA GIUSEPPE MBGPP37H14F158F1) elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA S. TELESFORO 10, presso lo studio
dell’avvocato LODATO FEDERICO, rappresentato e difeso
dall’avvocato MILLEMACI TEOBALDO, giusta procura speciale a
margine del ricorso;
– ricorrente contro
D’AGOSTINO FEDERICO, in qualità di amministratore del
condominio di Via G. Pilli Camaro San Paolo pal. S – scala A e B;
– intimato avverso la sentenza n. 608/2010 della CORTE D’APPELLO di
MESSINA del 4.11.2010, depositata il 1’1/12/2010;

Data pubblicazione: 25/07/2013

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
24/04/2013 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott.

ANTONIETTA CARESTIA.

Ric. 2011 n. 06174 sez. M2 – ud. 24-04-2013
-2-

R.g. 6174.2011
Fatto e diritto

l) Dalla sentenza impugnata, resa il l dicembre 2010 dalla Corte
di appello di Messina, si apprende che Giuseppe Cambria aveva

cui aveva approvato un preventivo di spesa proposto
dall’amministratore, “dando mandato” a quest’ultimo “di provvedere
in merito sulla base della caratura condominiale”.
L’opponente assumeva che la delibera era nulla perché la caratura
millesimale presupponeva la qualità di proprietario, mancante nei
condomini, che erano semplici assegnatari di appartamenti di
proprietà Iacp.

J41/7

Il tribunale di Messina con sentenza del 20/9/05 aveva rigettato
la domanda volta alla declaratoria di nullità della delibera.
La Corte d’appello con la sentenza qui impugnata ha rigettato il
gravame interposto dall’odierno ricorrente.
Cambria ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 14
febbraio 2011, con unico motivo, articolato in più profili.
Il Condominio è rimasto intimato.
Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito
previsto per il procedimento in camera di consiglio, prospettando
la manifesta infondatezza dell’impugnazione.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
2)

Il ricorso denuncia in rubrica “violazione ed errata

n.6174- 11 D’Ascola rei

impugnato una delibera condominiale dell’11-5-2000 nella parte in

applicazione dell’art. 1109 c.c., art. 1105 c.c. in relazione alla
violazione dell’art. 76 disp. att. Trans. c.p.c. all’art. 360 n. 2
e 5”.
In primo luogo il ricorrente si duole del mancato accoglimento del

di primo grado, argomentata con la circostanza che al momento del
deposito della conclusionale il fascicolo di ufficio non era
rinvenibile nella cancelleria del giudice, con conseguente
violazione del diritto di difesa dell’appellante.
Su questo motivo la Corte di appello ha svolto una duplice

ratio

decidendi, volta al rigetto della censura.
Ha osservato, in primo luogo, che nessuna norma impone che il
fascicolo di ufficio debba restare in cancelleria, potendo essere
ritirato dal giudice, e che nella stessa situazione – cioè la non
disponibilità del fascicolo di ufficio – si era trovata parte
appellata, che ciononostante aveva depositato il proprio fascicolo
con la comparsa conclusionale.
In secondo luogo la Corte di appello ha rilevato che in ogni caso
l’eventuale vizio del procedimento di primo grado non portava alla
“rimessione del giudizio al primo giudice”, in quanto non
prevista, comportando l’obbligo (è da

intendere: del giudice di

appello, l’affermazione è male espressa in sentenza)

di “decidere

in ogni caso nel merito”.

n.6174-11 D’Ascola rel

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motivo con cui aveva proposto eccezione di nullità della sentenza

E’ passata quindi all’esame delle questioni rassegnate.
2.1) Questa decisione, nella parte relativa alla seconda

ratio,

è

corretta, giacchè è certo che la pretesa nullità della sentenza di
primo grado per violazione delle facoltà difensive (a causa

poteva provocare la rimessione al primo giudice, ammessa solo nei
casi di cui all’art. 354 c.c., che (in disparte i casi di
rimessione di cui all’art. 353 c.cp.c.)
d’appello

non

recita:

<>.
E’ dunque vana la censura con la quale in sede di legittimità

nullità della sentenza di primo grado, giacchè il giudice di
appello, pur ipotizzando detta nullità, è comunque consapevolmente
passato all’esame del merito della lite.
2.2)

Il ricorso non presenta alcuna doglianza in ordine

all’eventuale mancata rinnovazione – in sede di appello – di atti
non compiuti in primo grado, o non adeguatamente compiuti, a causa
della indisponibilità del fascicolo di ufficio.
Si limita infatti ad invocare tre astratti principi, ribadendoli
in memoria (sull’inammissibilità di questa tecnica espositiva cfr
Cass 20652/09); uno di essi non è pertinente, perché concerne una
nullità di sentenza d’appello che comportava la cassazione con
rinvio allo stesso giudice d’appello per il rifacimento del
giudizio; gli altri due (portati da Cass. 6817/01 e 20142/05)sono
relativi all’ipotesi di decisione assunta dal giudice di primo
grado senza attendere il deposito della comparsa conclusionale.
Sul punto va rilevato che trattasi di orientamenti contrastati
(cfr Cass.17133/03; 4020/06 relativa alla necessità di dimostrare
il pregiudizio eventualmente subito) e che comunque anche la
giurisprudenza più rigorosa resta ferma nel ribadire che il
giudice di appello, una volta constatata tale nullita’ (comunque
n.6174-11 D’Ascola rel

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parte ricorrente torna a dolersi della mancata declaratoria di

diversa da quella, solo astratta, di cui alla causa odierna, non
essendo stato neppure sommariamente indicato il pregiudizio
arrecato dall’indisponibilità del fascicolo di ufficio), «non
puo’ limitarsi ad una pronunzia di mero rito dichiarativa della
stessa, ne’ puo’ rimettere la causa al primo giudice ai sensi

cui all’art. 162 cod. proc. civ. ed al normale effetto devolutivo
del giudizio di appello – e’ tenuto a decidere la causa nel
merito, provvedendo in questo modo alla rinnovazione
dell’attivita’

riguardo

alla

quale

la

nullita’

si

e

verificata.>>(Cass. 5590/11; 11949/03).
La censura è dunque inammissibile, perché non tiene conto delle
implicazioni, ora riepilogate, di una delle

rationes deoldendi

e

dell’art. 354 cod. proc. civ., ma – in ossequio al principio di

conseguentemente non formula adeguata critica, restando così241/
inattaccabile quanto statuito (Cass 3386/11; 13070/07).
3)La seconda doglianza, esposta senza il puntuale rispetto delle
regole in ordine alla ordinata e separata specifica formulazione
dei motivi di ricorso per cassazione,

attiene, “in senso

tuzioristico” alla nullità della delibera 22 settembre 1998,
precedente a quella del 2000 impugnata in questo giudizio.
Il ricorrente deduce che il giudice di appello avrebbe dovuto
spiegare perché i partecipanti all’assemblea potevano deliberare
la spesa pur essendo soltanto assegnatari degli alloggi e non
proprietari.
Si duole del fatto che non sia stato riconosciuto che sarebbe
stata addossata al ricorrente “la spesa di una cosa comune
n.6174- 11 D’Ascola rei

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inesistente”, perchè non vi era prova della regolare costituzione
del condominio di gestione disciplinato dall’art. 24 pr 1035/72 e
perché la Corte di appello non avrebbe considerato che titolare
della proprietà degli alloggi era ancora l’Ente.
Aggiunge, sempre senza formulare separate censure e senza indicare
i punti della sentenza censurati e la rilevanza

delle argomentazioni esposte, che era inspiegabile perché fosse
stata dichiarata “valida la nomina del D’Agostino amministratore”
proveniente da soggetti non proprietari.
3.1)Pone poi un tema di indagine, che non emerge dalla sentenza e
di cui non si dice donde scaturisca, relativo alla sua mancata
partecipazione all’assemblea del 1998.
Riferisce che per l’impugnazione di detto verbale è stata proposta
querela di falso “riferita alla manifestazione del fatto non vero
che i partecipanti erano i proprietari dei loro alloggi”.
Espone che la richiesta di querela venne fatta nei limiti degli 80
giorni concessi alle parti per svolgere le proprie difese.
Conclude il motivo, di difficile comprensione per l’accumulo non
nitidamente connesso di plurime questioni, ribadendo che le
delibere non comunicate all’assente sono sempre impugnabili e che
egli era legittimato a impugnare la delibera “di nullità essendo
oggettivamente falsa”.

4) Orbene, va premesso che nel giudizio di legittimita’ e’ onere
del ricorrente indicare con specificita’ e completezza quale sia
il vizio da cui si assume essere affetta la sentenza impugnata
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6

specificamente

(Cass 3248/12), il che nella specie non è avvenuto, giacche le
censure affastellate non spiegano in quel senso siano state
violate le norme indicate in rubrica e perché sia invocato il n. 2
dell’art. 360 cpc, che attiene alla violazione delle norme sulla
competenza.

contenere, a pena di inammissibilita’, i motivi per i quali si
richiede la cassazione, aventi i caratteri di specificita’,
completezza e riferibilita’ alla decisione impugnata, il che
comporta l’esatta individuazione del capo di pronunzia impugnata e
l’esposizione di ragioni che illustrino in modo intelligibile ed
esauriente le dedotte violazioni di norme o principi di diritto,
ovvero le carenze della motivazione, essendo fatto divieto di
rinvio ad atti difensivi o a risultanze dei gradi di merito ed
essendo estranea al giudizio di cassazione qualsiasi doglianza che
riguardi pronunzie diverse da quella impugnata, e, in particolare,
la sentenza di prime cure quando sia impugnata quella d’appello;
(Cass.13259/06;29652/09).
4.1)Nella specie, come già rilevato nella relazione preliminare,
il ricorso è inaccettabilmente carente, perché non si fa carico
della necessità di censurare le molteplici argomentazioni con le

quali la Corte di appello ha disatteso le doglianze esposte in
quella sede.
In particolare la pretesa illegittimità della costituzione del
Condominio nel corso dell’assemblea del 22/9/98 è stata
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smentita
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Va ancora ricordato in premessa che il ricorso per cassazione deve

dalla Corte di appello, osservando che detta delibera non era
stata impugnata tempestivamente e pertanto “faceva stato” nei
confronti del Cambria.
In secondo luogo la Corte di appello ha rilevato che la delibera
del 2000 di approvazione del preventivo era da ritenere valida

nell’assemblea del settembre 1998, alla quale risaliva il mandato
all’amministratore di “redigere le carature”.
4.1.1) Quanto alla pretesa illegittimità del Condominio perché
composto da meri assegnatari, la Corte di appello ha opposto che
sul punto si era formato il giudicato, in senso contrario, grazie
alla sentenza emessa dal giudice di pace il 26 aprile 2000 tra le
stesse parti.
4.1.2) La Corte di appello ha aggiunto ulteriore

ratio decidendi

sul punto. Ha infatti rilevato che il Condominio di gestione fu
comunque costituito validamente secondo gli schemi del Condominio
vero e proprio, formula che consentirebbe all’amministratore di
agire contro i condomini morosi.
5)A fronte di queste puntuali argomentazioni, che smentiscono le
questioni riassunte supra sub 3, non constano censure specifiche.
5.1) Quanto alle censure riassunte sub 3.1, la Corte ha osservato:
5.1.1.)che la questione della invalidità della delibera del 1998
costituiva domanda nuova inammissibile; che essa era in ogni caso
coperta dal giudicato di cui si è detto.
Anche questi rilievi non sono oggetto di censura specifica.

n.6174- il D’Ascola rei

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perché era meramente attuativa di quanto già deliberato

5.1.2) Quanto alla querela di falso, è ineccepibile il rilievo che
negava la proponibilità perché formulata solo in comparsa
conclusionale. Il procedimento di querela di falso in via
incidentale anche nelle ipotesi più permissive formulate da

avviato entro i limiti dell’udienza collegiale (se prevista), ma
non negli scritti difensivi riservati alla sola illustrazione
delle difese.
La parte può proporla in grado di appello, ma la Corte d’appello
non ha fatto cenno alla (ri)proposizione della querela in quel
grado di giudizio, né in ricorso si sostiene che ciò sia stato
fatto e che sia stata omessa pronuncia sul punto.

)1(

Peraltro la querela concerneva il “fatto non vero che i
partecipanti erano i proprietari dei loro alloggi”, questione su
cui già la sentenza aveva già pronunciato, evocando l’effetto di
giudicato di cui si detto supra sub 4.1.1).
Ogni altra deduzione di ricorso, se esistente, non è esaminabile,
perché formulata in modo da non consentirne alla Corte la chiara
percezione.
Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso. Non segue la
pronuncia sulla refusione delle spese di lite, in mancanza di
attività difensiva dell’intimato.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.

n.6174- 11 D’Ascola rei

dottrina e giurisprudenza (cfr Cass. n. 104/97) può essere infatti

9

Così deciso in Roma nella Camera di consiglio della sesta/seconda
sezione civile tenuta il 24 aprile 2013
Il Presidente

Il Consigliere est.

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