Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18067 del 02/09/2011

Cassazione civile sez. III, 02/09/2011, (ud. 22/06/2011, dep. 02/09/2011), n.18067

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE SPA (OMISSIS), in persona del Presidente del

Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio

dell’avvocato PESSI ROBERTO, che la rappresenta e difende giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.M.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 9, presso lo studio

dell’avvocato LUBERTO ENRICO, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato CONTE ANDREA giusta procura speciale a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 653/20 09 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE

dell’8/05/09, depositata il 09/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO IANNIELLO;

è presente il P.G. in persona del Dott. CARLO DESTRO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

La causa è stata chiamata alla odierna adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con sentenza depositata il 9 giugno 2009, la Corte d’appello di Firenze ha confermato la decisione di primo grado di accoglimento della domanda di annullamento del trasferimento disposto il 18 febbraio 2005 da Poste Italiane s.p.a. a B.M.F. dalla filiale di (OMISSIS) a quella di (OMISSIS).

Tale trasferimento – avvenuto subito dopo la riammissione in servizio della B. presso la sede di (OMISSIS), disposta da una precedente sentenza del Tribunale, che aveva dichiarato nullo il termine apposto al rapporto di lavoro subordinato tra le parti e ordinato alla società di riammettere in servizio la dipendente – era stato motivato con la “condizione di eccedentarietà” della filiale fiorentina “ai sensi degli accordi del 29 luglio 2004 e del 30 settembre 2004”.

In sintesi, la Corte territoriale ha rilevato che tali accordi disciplinavano anche la gestione dei dipendenti con contratto a termine giudizialmente riammessi in servizio, prevedendo il loro possibile trasferimento ad altra filiale se, al momento del rientro nella sede di riammissione, questa risultasse, in base a criteri concordati, eccedentaria. In tale evenienza era poi stabilito che la sede di destinazione venisse individuata in quanto non eccedentaria, in sequenza, nella medesima provincia, nella medesima regione, in regioni limitrofe e nella altre regioni, in ordine di distanza.

Valutando tali accordi come individuanti “la cornice all’interno della quale la mobilità dei lavoratori riammessi in servizio in forza di pronunce giudiziali è da ritenersi giustificata ai sensi dell’art. 2103 c.c.”, la Corte d’appello di Firenze ha peraltro rilevato che la società non aveva provato nel caso esaminato la presenza delle condizioni che in base ai criteri stabiliti negli accordi giustificherebbero il trasferimento della B. da (OMISSIS) a (OMISSIS).

Con ricorso notificato il 17-18 maggio 2010, Poste Italiane s.p.a.

chiede con un unico motivo, la cassazione della sentenza citata.

Resiste alle domande l’intimata con rituale controricorso.

Il procedimento, in quanto promosso con ricorso avverso una sentenza depositata successivamente alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 e antecedentemente alla data di entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69, è regolato dagli artt. 360 e segg. c.p.c. con le modifiche e integrazioni apportate dal D.Lgs. citato.

Il ricorso è inammissibile e va pertanto trattato in camera di consiglio.

Per la prima parte, infatti, il ricorso formula censure che non sono affatto pertinenti il contenuto della sentenza, includendovi accertamenti e valutazioni che la Corte territoriale non ha mai operato; come quando lamenta che questa avrebbe fondato la propria decisione “sull’assunto che la società Poste non abbia riammesso i lavoratori nella struttura presso la quale gli stessi avevano lavorato con contratto a termine” oppure laddove deduce che erroneamente “la Corte ha inoltre ritenuto che il trasferimento fosse stato motivato per relationem”.

Nella restante parte del ricorso per cassazione la società si limita a riassumere ancora una volta il contenuto degli accordi sindacali del luglio e del settembre 2004, affermando di essersi attenuta ai criteri ivi indicati nel disporre il trasferimento della B. dalla sede fiorentina a quella non eccedentaria più vicina. Trattasi di una mera asserzione, che non investe specificatamente l’accertamento dei giudici di merito in ordine alla mancata prova in giudizio della situazione di eccedenza di personale della filiale di Firenze nella qualifica di appartenenza della lavoratrice.” E’ seguita la rituale notifica della suddetta relazione, unitamente all’avviso della data della presente udienza in camera di consiglio.

La società ha depositato una memoria.

Il Collegio condivide il contenuto della relazione, ribadendo che Poste Italiane non ha mai contestato specificatamente l’accertamento dei giudici di merito, nel senso che la società non aveva offerto la prova della eccedenza di personale nella sede di Firenze o nelle sedi limitrofe in tutte le possibili figure professionali riconducibili all’area di inquadramento della B. (area operativa, poi livello D), tenuto anche conto del fatto che dopo il trasferimento della B. almeno dieci lavoratori riammessi in servizio a seguito della dichiarazione di nullità del termine apposto al loro contratto di lavoro erano stati assegnati definitivamente a uffici postali o sedi fiorentine con mansioni appartenenti alla ex area, operativa, circostanza questa mai contestata dalla società, neppure nella memoria ex art. 380 bis c.p.c..

Il ricorso va pertanto respinto, con le normali conseguenze di legge in ordine al regolamento delle spese di lite, operato con la relativa liquidazione in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigettai 1 ricorso e condanna la società a rimborsare alla resistente le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 30,00 per esborsi ed Euro 2.000,00 per onorari, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2011

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