Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18066 del 21/07/2017
Cassazione civile, sez. trib., 21/07/2017, (ud. 03/05/2017, dep.21/07/2017), n. 18066
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –
Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18691-2010 proposto da:
ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA ATLANTIDE, elettivamente
domiciliato in ROMA PIAZZA MAZZINI 8, presso lo studio dell’avvocato
EUGENIO DELLA VALLE, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 100/2009 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,
depositata il 25/05/2009;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
03/05/2017 dal Consigliere Dott. TRICOMI LAURA.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
CHE:
1. L’Associazione sportiva dilettantistica Atlantide ricorre con due motivi per la cassazione della sentenza della CTR del Lazio (n. 100/29/09, depositata il 25.5.2009), che ha dichiarato inammissibile l’atto di appello contro la sentenza della CTP di Roma – che aveva respinto il ricorso dell’Associazione contro l’avviso di accertamento ai fini IVA per l’anno 1998 – in quanto proposto a mezzo posta, senza il deposito di copia dell’impugnativa presso la segreteria della Commissione di primo grado.
L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.
2. Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis c.p.c., comma 1, il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
CHE:
1. Col primo motivo del ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), avendo la CTR dichiarato l’inammissibilità dell’appello sebbene la suddetta norma non preveda alcun termine perentorio ai fini del deposito dell’impugnazione presso la segreteria del giudice di primo grado.
2. Il motivo è infondato poichè “In tema di contenzioso tributario, qualora il ricorso in appello non sia notificato a mezzo di ufficiale giudiziario, il deposito in copia presso la segreteria della commissione che ha emesso la sentenza impugnata, in quanto prescritto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, seconda parte, a pena d’inammissibilità dell’appello, deve aver luogo entro un termine perentorio, il quale, attenendo a compimento di un’attività finalizzata al perfezionamento della proposizione del gravame, dev’essere individuato in quello di trenta giorni indicato dalla prima parte della medesima disposizione, attraverso il richiamo all’art. 22, comma 1, per il deposito del ricorso presso la segreteria della commissione ad quem (Cass. nn. 20249/2015, 8388/2010, 1025/2008, 21047/2010, 8209/2010).
3. Il suddetto termine, sicuramente ricavabile, in via interpretativa, dal complesso delle norme in materia di impugnazioni nel processo tributario, risponde peraltro allo scopo di informare tempestivamente la segreteria del giudice di primo grado dell’appello notificato senza il tramite dell’ufficiale giudiziario e, quindi, di impedire l’erronea attestazione del passaggio in giudicato della sentenza della Commissione tributaria provinciale.
Ne consegue che la decisione impugnata risulta immune dal vizio denunciato.
4. Col secondo motivo la ricorrente solleva la questione di illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, ult. periodo per violazione dell’art. 3 Cost., art. 53 Cost., comma 1 e art. 97 Cost., comma 1, per contrarietà ai principi di ragionevolezza, proporzionalità e violazione del diritto di difesa.
5. La predetta questione di costituzionalità è da ritenersi manifestamente infondata, come peraltro già affermato dalla Corte cost. con sentenza n. 43 del 2010 e, in riferimento al principio di ragionevolezza, con sentenza n. 321/2009.
6. Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali, liquidate come in dispositivo.
PQM
– rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 5.500,00=, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 3 maggio 2017.
Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2017