Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18065 del 04/08/2010

Cassazione civile sez. trib., 04/08/2010, (ud. 03/06/2010, dep. 04/08/2010), n.18065

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MAR – Magazzini Alimentari Risparmio s.p.a., con sede in Palermo, in

persona del legale rappresentante Dott. M.C.,

rappresentata e difesa per procura a margine del ricorso dagli

Avvocati prof. Lupi Raffaello e Claudio Lucidano, elettivamente

domiciliata presso lo Studio di Consulenza Giuridico Tributaria, in

Roma, via Boezio n. 16.

– ricorrente –

contro

Ministero delle Finanze e Agenzia delle Entrate, in persona

rispettivamente del Ministro e del Direttore pro tempore,

rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

cui domiciliano in Roma, via dei Portoghesi n. 12.

– intimati –

avverso la sentenza n. 85/25/05 della Commissione tributaria

regionale della Sicilia, depositata il 6 dicembre 2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 3

giugno 2010 dal consigliere relatore Dott. Mario Bertuzzi;

Viste le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SEPE Ennio Attilio, che ha chiesto l’accoglimento del

ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Marin s.r.l. propose ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Palermo per l’annullamento dell’avviso di rettifica parziale, integrativo di un precedente avviso parziale, che, sulla base di un accertamento della Guardia di Finanza, le aveva contestato, per l’anno 1994, l’omessa contabilizzazione di corrispettivi per L. 217.055.000 in relazioni a merci destinate alla rivendita ma asseritamene distrutte dalla società con la generica locuzione “merce avariata”. Il giudice di primo grado accolse il ricorso, rilevando che l’atto impugnato era da considerarsi illegittimo in quanto, attesa la sua natura integrativa, risultava emanato non in presenza di nuovi elementi, ma sulla base del verbale della Guardia di finanza già trasmesso al momento dell’adozione del precedente avviso.

Proposto gravame da entrambe le parti, la Commissione tributaria regionale della Sicilia, con sentenza n. 85/25/05 del 6.12.2005, riformò in parte la decisione impugnata, riconoscendo legittima la rettifica solo in relazione al 50% delle merci prese in considerazione dalla stessa. In particolare, il giudice di secondo grado motivo tale statuizione rilevando, in adesione alla pronuncia di prime cure, che l’atto impugnato era stato adottato in assenza di nuovi elementi e, pertanto, in mancanza dei presupposti di legge e, nel merito, che la prova della distruzione, risultante da una perizia svolta in sede penale, riguardava non tutti i prodotti, ma soltanto quelli dichiarati avariati per mancata refrigerazione, beni che, in mancanza di altri elementi, ritenne di poter quantificare in via equitativa nella misura del 50% del totale della merce considerata.

Per la cassazione di questa decisione, con atto notificato il 24.1.2007, ricorre, sulla base di due motivi, illustrati anche da memoria,la s.p.a. Mar – Magazzini Alimentari Risparmio, società incorporante la Marin s.r.l..

Il Ministero delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate si sono costituiti senza depositare controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso, denunziando “Violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, comma 5 e art. 57, comma 3 in relazione alla natura nello stesso tempo parziale ed integrativa del provvedimento impugnato nonchè insufficiente e/o contraddittoria motivazione sul punto (art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 5)”, assume che la Commissione tributaria regionale, dopo aver confermato il capo della pronuncia di primo grado che dichiarava “illegittimità dell’avviso integrativo perchè emanato in assenza del requisito relativo alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi di fatto, avrebbe dovuto conseguentemente pronunciare l’annullamento dell’atto impugnato, senza poter esaminare il merito della pretesa fiscale. Il giudice di merito è pertanto incorso, oltre che nel vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione, anche in palese violazione della disposizione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 3, che consente l’adozione di atti integrativi soltanto sulla base della sopravvenuta conoscenza di tali elementi, prevedendo, a pena di nullità, che l’avviso indichi non solo i nuovi elementi, ma anche gli atti o i fatti attraverso i quali esse sono stati appresi.

Il motivo è fondato con riguardo al denunziato vizio di violazione di legge.

La sentenza impugnata richiama, nella esposizione del fatto, il capo della decisione di primo grado, oggetto di appello da parte dell’Ufficio finanziario, che aveva ritenuto illegittimo l’operato dell’Ufficio per avere emesso l’atto di rettifica integrativo impugnato in assenza di nuovi elementi di fatto, dal momento che il verbale di accertamento della Guardia di Finanza, in esso richiamato, risultava pervenuto al l’Amministrazione procedente prima dell’adozione dell’avviso di rettifica oggetto di integrazione.

Ponendosi sulla stessa linea di ragionamento, la Commissione tributaria regionale, a sua volta, dichiarando di condividere l’accertamento del primo giudice su punto, ha qualificato, sulla base della sua stessa denominazione, l’atto impugnato come atto di rettifica integrativo del precedente avviso n. 607403/97, avente, rispetto ad esso, “piena ed autonoma efficacia” (così escludendo qualsiasi funzione sostitutiva del secondo rispetto al precedente), ed ha esplicitamente riconosciuto che esso è stato emesso in mancanza di nuovi elementi di fatto, sicchè nella specie ” mancano i presupposti per dar luogo alla integrazione pretesa dall’Ufficio”.

Tanto precisato, la sentenza impugnata è incorsa nel denunziato vizio di falsa applicazione di legge, atteso che l’accertamento sopra svolto avrebbe dovuto determinare, come logica conseguenza, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 4, la declaratoria di illegittimità dell’avviso di rettifica opposto, con accoglimento del ricorso della società contribuente e, sul piano processuale.

l’assorbimento di ogni altra questione controversa, inclusa quella relativa al merito della fondatezza della pretesa fiscale. Ciò in quanto la disposizione di legge citata consente di superare il principio dell’unicità e globalità dell’accertamento soltanto quando, a garanzia del contribuente, emerga che l’Amministrazione ha successivamente avuto conoscenza di altri clementi di fatto, nuovi rispetto a quelli posti a fondamento del primo avviso. La conoscenza sopravvenuta, rispetto all’atto precedente, delle circostanze su cui si fonda la rettifica integrativa costituisce, quindi, requisito di legittimità dell’atto, come implicitamente emerge dalla considerazione che la stessa norma richiede, a pena di nullità, che l’atto integrativo indichi i nuovi elementi di fatto e gli atti e i fatti attraverso i quali l’Ufficio ne ha avuto conoscenza, adempimento che evidentemente assolve anche alla funzione di consentire un controllo sulla posteriorità dei fatti sui quali l’Ufficio fonda una nuova pretesa (Cass. n. 16391 del 2002; Cass. n. 451 del 2002, con riferimento alla analoga norma posta, in tema di imposte sui redditi, dal D.P.R. n. 600 dei 1973, art. 43, comma 3).

Nè può avere rilievo la circostanza che, nel caso di specie, il precedente atto di rettifica fosse parziale. La nozione di accertamento parziale non significa che l’oggetto sia limitato a singoli elementi nè che esso sia caratterizzato da provvisorietà rispetto a quello ordinario, ma soltanto, in base alla formula normativa usata, che l’imposizione qui appare fondata su segnalazioni provenienti da determinati fonti di conoscenza (soggetti esterni all’Ufficio finanziario procedente) nonchè implicitamente in grado, in forza di un c.d. automatismo argomentativi, di fornire, in base ad una verifica elementare, gli elementi di contenuto dell’atto (Cass. n. 21941 del 2007). Ne deriva che la locuzione che apre le disposizioni di cui al D.P.R. n. 600, art. 54 e poi art. 41 bis, che fa salva, in questi casi, l’ulteriore azione di accertamento nei termini di decadenza previsti, fa riferimento necessariamente a pretese dell’Ufficio che si basano su fonti diverse da quelle prese a base dall’accertamento parziale.

Il primo motivo di ricorso va pertanto accolto.

Il secondo motivo, che denunzia violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 53, si dichiara assorbito.

La sentenza impugnata va pertanto cassata; ricorrendone le condizioni, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nei merito mediante accoglimento del ricorso introduttivo stante la già rilevata illegittimità dell’atto opposto per essere stato adottato in assenza della condizione rappresentata dalla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi di fatto.

Gli alterni esiti del giudizio integrano giusti motivi di compensazione delle spese.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbito il secondo;

cassa in relazione al motivo accolto la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della società contribuente. Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 3 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2010

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