Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18064 del 31/08/2020

Cassazione civile sez. VI, 31/08/2020, (ud. 16/06/2020, dep. 31/08/2020), n.18064

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16075/2019 R.G. proposto da:

TLC.COM SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FOGLIANO 4/A, presso lo

studio dell’avvocato RAFFAELE DE LUCA, rappresentata e difesa

dall’avvocato LUCIANO GALLO;

– ricorrente –

contro

D.D.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE

GIOACCHINO BELLI 36, presso lo studio dell’avvocato LUCA PARDINI,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CRISTIANO

MORESCALCHI;

– controricorrente –

contro

UNIPOL SAI ASSICURAZIONI SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2673/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 13/11/2018;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 16/06/2020 dal relatore Dott. Franco DE STEFANO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

la TLC.COM srl ricorre, affidandosi ad atto articolato su tre motivi e notificato a mezzo p.e.c. il 13/05/2019, per la cassazione della sentenza del 13/11/2018 della Corte di appello di Firenze, di rigetto del suo appello avverso la reiezione della domanda di risarcimento danni da responsabilità professionale, proposta contro l’avv. D.D.A., che aveva chiamato in causa la sua assicuratrice r.c. UnipolSAI ass.ni, fondata sulla prospettata dipendenza dalla sua negligenza professionale dell’esito infausto di una controversia per il licenziamento di un dipendente;

degli intimati resiste con controricorso il solo avv. D.D.A.;

è stata formulata proposta di definizione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1, come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

che:

la corte territoriale ha confermato il rigetto della domanda risarcitoria per avere apprezzato che, anche se il professionista avesse prodotto gli atti della fase cautelare, indicando i mezzi processuali e le richieste istruttorie utili a provare le condotte poste in essere dal dipendente, il licenziamento sarebbe stato comunque illegittimo, sicchè la relativa declaratoria non è dipesa dalle prospettate carenze dell’attività processuale, ma dal difetto dei presupposti di legittimità del licenziamento: e tanto in base alle univoche affermazioni in tal senso della sentenza del giudice del lavoro a definizione della controversia in cui il D. aveva svolto il suo incarico in modo prospettato dalla cliente come inadeguato;

la ricorrente formula tre motivi: un primo, di “nullità della sentenza per violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4), in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4”; un secondo, di “violazione e/o falsa applicazione di norma di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 116 c.p.c.”; un terzo, di “omessa valutazione di un fatto storico decisivo risultante dagli atti di causa ex art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione all’art. 1176 c.c., comma 2”;

il primo motivo è manifestamente infondato, poichè non vi è vera contraddizione tra la preliminare valutazione di inammissibilità – per difetto di specifica impugnazione della ratio di primo grado sul carattere dirimente della sussistenza dell’illegittimità del licenziamento anche a prescindere dalle rilevate omissioni defensionali – e la disamina nel merito con valutazione di infondatezza, siccome entrambe incentrate sul carattere non decisivo del fatto indicato come generatore del danno; in tal modo, la motivazione della gravata sentenza sussiste, pienamente intelligibile, congruente in fatto e in diritto, priva di quei soli gravissimi vizi ormai rilevanti ai sensi di Cass. Sez. U. n. 8053/14, in quanto univoca e certa nell’esclusione del nesso causale tra le negligenze – pure riscontrate come sussistenti – e il danno esposto, per una valutazione di ininfluenza di quelle sull’esito, pure infausto, della lite con il dipendente licenziato;

tale conclusione implica che la valutazione di inammissibilità del gravame per carenza del requisito di specificità ai sensi dell’art. 342 c.p.c., non resa oggetto in sè sola considerata di una censura specifica, rende irrilevante ogni ulteriore argomentazione nel merito (fin da Cass. Sez. U. 20/02/2007, n. 3840); e tanto elide in radice l’interesse ad impugnare le ragioni di merito, oggetto degli altri motivi: i quali sono pertanto inammissibili;

il ricorso, infondato il primo motivo ed inammissibili gli altri, va quindi rigettato e la soccombente ricorrente condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità;

va infine dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra moltissime altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass. Sez. U. 20/02/2020, n. 4315) per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato eventualmente dovuto per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 16 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2020

 

 

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