Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18061 del 05/07/2019

Cassazione civile sez. III, 05/07/2019, (ud. 26/03/2019, dep. 05/07/2019), n.18061

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16638-2017 proposto da:

P.M., P.L. nella sua qualità di guardiano e

beneficiaria del Trust PG, Z.M., P.G.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEL TRITONE 102, presso lo

studio dell’avvocato MARCO TICOZZI, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

ADER, – AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE, – già Equitalia spa, in

persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata ex lege

in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso gli Uffici dell’Avvocatura

Generale dello Stato da cui è rappresentata e difesa per legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2906/2016 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 22/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/03/2019 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.

Fatto

RILEVATO

che:

l’Equitalia Nord s.p.a, agì ex art. 2901 c.c. per sentir accertare l’inefficacia, nei propri confronti, dell’atto di costituzione di un trust e di contestuale conferimento in esso di immobili da parte di P.G., verso il quale l’attrice vantava un credito tributario di oltre 955.000,00 Euro;

a tal fine, convenne in giudizio il P., in qualità di disponente e trustee, la moglie del medesimo – Z.M.- in qualità di guardiano e beneficiaria, nonchè le figlie M. e L., quali beneficiarie;

tutti i convenuti resistettero alla domanda, con la precisazione che il P. si costituiva in giudizio in qualità di disponente e beneficiario, affermando di non rivestire più la qualità di trustee, nella quale era stato sostituito dalla SIT s.r.l.;

il Tribunale di Treviso accolse la domanda, dichiarando l’inefficacia – nei confronti dell’attrice – dell’atto istitutivo del trust;

la Corte di Appello ha confermato la sentenza, rilevando, fra l’altro, che:

era infondato il motivo di appello con cui era stata denunciata la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti della SIT s.r.l. (indicata come litisconsorte necessario), in quanto dal documento prodotto non risultava che la nomina, effettuata dal guardiano Zornetta, fosse stata accettata per iscritto dalla società (come espressamente richiesto dall’art. 20 dell’atto istitutivo del trust);

non sussisteva difetto di giurisdizione in relazione alla natura della ragione creditoria, “perchè la stessa viene valutata dal giudice ordinario solo quale presupposto di accoglimento dell’azione revocatoria, e non in via principale”, dovendosi peraltro considerare che con l’azione revocatoria è “tutelabile anche un credito litigioso, quale quello portato dalla cartella”, hanno proposto ricorso per cassazione P.G., Z.M., M. e P.L., affidandosi a tre motivi;

ha resistito, con controricorso, l’ADER – Agenzia delle Entrate Riscossione (già Equitalia s.p.a.), assistita dall’Avvocatura Generale dello Stato.

Diritto

CONSIDERATO

che:

col primo motivo, i ricorrenti denunciano la violazione degli artt. 115,183,347 e 167 c.p.c.: premesso che nella comparsa di costituzione in primo grado, i convenuti avevano dato atto che in data 5.4.2011 era stata nominata quale trustee la SIT s.r.l. (con atto fotoriprodotto in ricorso), rilevano che a tale allegazione (e produzione) non era seguita alcuna replica di parte attrice nella prima memoria ex art. 183 c.p.c. e neppure nelle successive, cosicchè il fatto doveva intendersi non contestato (nè alcuna contestazione era stata svolta in sede di costituzione in appello); assumono, pertanto, che la Corte di Appello non avrebbe potuto affermare che non risultava provato che la SIT s.r.l. fosse il nuovo trustee e che, affermandolo, aveva violato “le disposizioni del codice di rito che impongono al giudice di porre a fondamento della decisione i fatti non contestati”;

il motivo è inammissibile e, comunque, infondato;

inammissibile, in quanto la censura non coglie la ratio della decisione, che non nega la circostanza che la SIT s.r.l. fosse stata nominata trustee, ma evidenzia che difettava la prova dell’avvenuta accettazione scritta di tale incarico (richiesta espressamente dall’atto istitutivo del trust), in merito alla quale nulla deducono specificamente i ricorrenti;

infondato, poichè “l’onere di contestazione – la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova- sussiste soltanto per i fatti noti alla parte, e non anche per i fatti ad essa ignoti” (Cass. n. 3576/2013; cfr. Cass. n. 14652/2016 e Cass. n. 87/2019);

il secondo motivo (“art. 360 c.p.c., n. 4 in relazione agli artt. 102 e 354 c.p.c.”) sviluppa il precedente, denunziando la nullità della sentenza per avere “omesso di dichiarare la nullità della decisione di primo grado, che era stata emessa in una vertenza in cui mancava in causa uno dei litisconsorti necessari”;

il motivo è infondato, in quanto basato sull’assunto indimostrato (in difetto di prova dell’avvenuta accettazione dell’incarico) che al P. fosse effettivamente subentrata la SIT s.r.l. in qualità di trustee e, quindi, di litisconsorte necessario;

col terzo motivo (art. 360 c.p.c., n. 4 in relazione all’art. 112 c.p.c., all’art. 132 c.p.c., n. 4 e all’art. 111 Cost.”) i ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso che ricorresse un difetto di giurisdizione in relazione al credito tributario fatto valere da Equitalia; rilevano che, con l’atto di citazione introduttivo del giudizio, era stato espressamente richiesto che la dichiarazione di inefficacia conseguisse all’accertamento che il P. era debitore delle somme portate nella cartella di pagamento; assumono pertanto che “il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare l’assenza di giurisdizione sul richiesto accertamento relativo alla sussistenza e alla misura del credito” e lamentano che la Corte di Appello non abbia risposto al motivo di impugnazione svolto sul punto o, comunque, abbia “adottato una motivazione del tutto apparente o addirittura assente”;

il motivo è infondato: la Corte ha risposto al motivo di gravame con una motivazione tutt’altro che apparente, rilevando che l’esistenza del credito veniva “valutata dal giudice ordinario solo quale presupposto di accoglimento dell’azione revocatoria, e non in via principale”; argomentazione che appare coerente col tenore testuale delle conclusioni attoree trascritte in ricorso (a pag. 25) e che -comunque- non è stata specificamente censurata sotto il profilo dell’erronea interpretazione della domanda;

al rigetto del ricorso consegue la condanna alle spese di lite; sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 10.000,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 26 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2019

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