Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18060 del 02/09/2011

Cassazione civile sez. III, 02/09/2011, (ud. 07/07/2011, dep. 02/09/2011), n.18060

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 491/2010 proposto da:

F.R. (OMISSIS) in proprio, C.V.

(OMISSIS) ved. F., quali eredi di B.I. ved.

F., elettivamente domiciliati in ROMA, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avv. ANDREINI Gino, giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

SOCIETA’ FONDIARIA SAI SPA, SOCIETA’ PICCINI PIO TRASPORTI SPA,

P.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 608/2009 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE DEL

20.2.09, depositata il 06/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/07/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito per i ricorrenti l’Avvocato Gino Andreini che si riporta agli

scritti, insistendo per l’accoglimento del ricorso.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MASSIMO

FEDELI che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 4 dicembre 2009 C.V. ved.

F. e F.G., in proprio e quali eredi di B. I., hanno chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 6 maggio 2009 dalla Corte d’Appello di Firenze quale giudice di rinvio, confermativa della sentenza del Tribunale di Pisa, che aveva liquidato in misura ritenuta inadeguata il danno per la morte in un sinistro stradale del congiunto F.T..

Gli intimati, Fondiaria – Sai S.p.A., Piccini Pio Trasporti S.p.A. e P.G., non hanno espletato attività difensiva.

2 – I cinque motivi del ricorso risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366 bis c.p.c..

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360, per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione. In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. – I ricorrenti, utilizzando una tecnica censoria non in armonia con l’art. 366 c.p.c., n. 4, denunciano una violazione di norme che spaziano dalla Costituzione, alla Convenzione dei diritti dell’uomo, alla Tutela della dignità umana, dal codice civile al codice di procedura civile; inoltre lamentano omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Segue una premessa di carattere generale e poi l’indicazione dei cinque motivi che attengono, rispettivamente, al danno patrimoniale da liquidare anche con riferimento al criterio equitativo (primo motivo), al danno biologico jure hereditatis (secondo motivo), al danno biologico jure proprio (terzo motivo), al danno esistenziale (quarto motivo) ad un più elevato danno morale (quinto motivo).

Le censure contengono argomentazioni che implicano apprezzamenti di fatto e riferimenti a documenti nei cui confronti non è stato rispettato il disposto dell’art. 366 c.p.c., n. 6.

Ma soprattutto – e la circostanza è di per sè decisiva – tutti i motivi sono privi del quesito di diritto fondato sulle norme a ciascuno relative e del momento di sintesi necessario per circoscrivere il fatto controverso e per specificare in quali punti e per quali ragioni la motivazione della sentenza impugnata presenti i denunciati vizi motivazionali.

4. – La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

I ricorrenti hanno presentato memoria e chiesto d’essere ascoltati in camera di consiglio;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che le argomentazioni addotte con la memoria non sono condivisibili e non valgono ad emendare le carenze che hanno inficiato il ricorso;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; nulla spese;

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Nulla spese.

Così deciso in Roma, il 7 luglio 2011.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2011

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