Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18057 del 21/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 21/07/2017, (ud. 20/04/2017, dep.21/07/2017),  n. 18057

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7501-2010 proposto da:

F.E., elettivamente domiciliato in ROMA VIA A. FARNESE 7,

presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO BERLIRI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ALESSANDRO COGLIATI DEZZA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

DIREZIONE PROVINCIALE DI ANCONA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 12/2009 della COMM.TRIB.REG. delle MARCHE,

depositata il 30/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/04/2017 dal Consigliere Dott. PIERLUIGI DI STEFANO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

F.E. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di Ancona, indicata in epigrafe, la quale rigettava l’appello del contribuente, ex dirigente dell’ENEL s.p.a., confermando il diniego del diritto al rimborso di quanto era stato trattenuto in misura superiore al 12,50 quale irpef sulle somme corrispostegli a seguito della liquidazione per la riscossione anticipata del capitale in sostituzione della rendita del fondo integrativo previdenziale aziendale cui aveva aderito nel 1991.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

il ricorso è infondato.

La necessaria premessa in fatto è che, nel caso di specie, non è in discussione che si sia in presenza di un fondo gestito secondo un criterio matematico attuariale tipico delle gestioni assicurative senza, però, che vi sia stato alcun investimento sul mercato delle somme oggetto di accantonamento. Tale dato di fatto risulta sostanzialmente confermato da entrambe le parti.

Questa premessa è necessaria perchè esclude che possa applicarsi il trattamento fiscale delle somme provento di gestione assicurativa.

Si ritiene, quindi, di aderire alla decisione Sez. 5, Sentenza n. 10285 del 2017 resa a seguito di udienza pubblica del 23 febbraio 2017 che, in sintesi, ritiene che “in tema di fondi previdenziali integrativi, le prestazioni erogate in forma di capitale ad un soggetto che risulti iscritto, in epoca antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, ad un fondo di previdenza complementare aziendale a capitalizzazione di versamenti e a causa previdenziale prevalente, sono soggette al seguente trattamento tributario: a) per gli importi maturati a decorrere dal 1 gennaio 2001 si applica interamente il regime di tassazione separata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 16, comma 1, lett. a), e art. 17 (nel testo vigente ratione temporis); b) per gli importi maturati fino al 31 dicembre 2000, invece, la prestazione è assoggettata a detto regime di tassazione separata solo per quanto riguarda la sorte capitale, costituita dagli accantonamenti imputabili ai contributi versati dal datore di lavoro e dal lavoratore e corrispondente all’attribuzione patrimoniale conseguente alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre si applica la ritenuta del 12,50%, prevista dalla L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6 alle somme provenienti dalla liquidazione del c. d. rendimento. Sono tali le somme derivanti dall’effettivo investimento del capitale accantonato sul mercato – non necessariamente finanziario – non anche quelle calcolate attraverso l’adozione di riserve matematiche e di sistemi tecnico-attuariali di capitalizzazione, al fine di garantire la copertura richiesta dalle prestazioni previdenziali concordate”.

Secondo la motivazione di tale decisione, che analizza in termini specifici proprio il funzionamento del fondo in questione, ” sono soggetti a tassazione separata ai sensi dell’art. 16, comma 1, lett. a), e art. 17 t. u. i. r., senza alcuna distinzione circa la loro interna composizione, sia i capitali (tutti) maturati dai soggetti iscritti a forme pensionistiche complementari dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, sia i capitali maturati successivamente al 1 gennaio 2001 dai soggetti iscritti a forme pensionistiche complementari anteriormente all’entrata in vigore di quest’ultimo provvedimento” per cui la questione riguarda essenzialmente il periodo sino al dicembre 2000.

Le somme per le quali, invece, va applicata la tassazione di maggior favore dalla L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6 vanno limitate a quelle che siano una autentica rendita finanziaria corrispondente ad un investimento sul mercato, il che qui non ricorre perchè “il fondo di previdenza integrativa denominato P.I.A. era destinato a garantire, sin da subito, una prestazione previdenziale complementare pari al 70% della differenza intercorrente tra la retribuzione individuale e il valore annuo massimo della pensione erogabile dal sistema previdenziale obbligatorio, e ciò attraverso la necessaria adozione di riserve matematiche e di sistemi tecnico-attuariali di capitalizzazione tipici delle imprese assicurative”.

Insomma, non è la mera applicazione del modello matematico per determinare il rendimento teorico rispetto al capitale rappresentato dagli accantonamenti che possa rendere le somme erogate una rendita finanziaria e, a tale fine, non soccorre neanche, una indiretta considerazione della rendita globale dell’intero ente, considerando il rapporto fra il suo capitale totale ed il rendimento che ottiene con la propria attività istituzionale.

In definitiva, quindi, è accertato che non ricorre affatto la condizione per poter accedere alla tassazione delle somme in questione quale rendita finanziaria e, pertanto, il ricorso risulta del tutto infondato quanto al primo motivo, che invocava di fatto l’automatica equivalenza fra gestione secondo il modello matematico e I’ effettiva gestione sul mercato finanziario degli accantonamenti. Tale decisione rende irrilevante la valutazione degli altri motivi: il secondo con il quale si intendeva affermare che non vi è limite per l’ente di svolgimento di attività di tipo assicurativo; il terzo che è assorbito non discutendosi della applicabilità teorica della L. 26 settembre 1985, n. 482, art. 6 bensì della assenza delle relative condizioni sostanziali; il quarto che, in modo non dissimile dal primo, esclude la assimilazione tra reddito da lavoro dipendente e da capitale nel caso in questione.

Trattandosi di questione complessa ed oggetto di difforme giurisprudenza, sussistono giusti motivi per la integrale compensazione delle spese.

PQM

 

rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 20 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2017

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