Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18056 del 21/07/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 21/07/2017, (ud. 06/04/2017, dep.21/07/2017),  n. 18056

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27063-2011 proposto da:

P.R., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE PARIOLI

44, presso lo studio dell’avvocato DANTE SANTILLI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI

ROMA (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 306/2011 della COMM.TRIB.REG. di ROMA,

depositata il 21/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/04/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE LOCATELLI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

A norma del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38 l’Agenzia delle Entrate procedeva alla determinazione sintetica del reddito di P.R., a carico del quale accertava un reddito di Euro 210.534 relativo all’anno di imposta 2003, desunto dalle spese ed incrementi patrimoniali sostenuti, importo poi ridotto ad Euro 103.808 sulla base della documentazione prodotta dal contribuente.

Contro l’avviso di accertamento P.R. proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Roma, che con sentenza n. 383 del 2010 dichiarava cessata la materia del contendere nei limiti della riduzione operata dall’Ufficio in autotutela; rigettava nel resto il ricorso.

Il contribuente proponeva appello alla Commissione tributaria regionale che lo rigettava con sentenza del 21.6.2011.

Il ricorrente propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi. Deposita note conclusive.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Primo motivo: violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, poichè il giudice di appello non si è pronunciato sulla eccezione di nullità della sentenza di primo grado per difetto di motivazione.

Il motivo è infondato. In ordine alla natura del giudizio di impugnazione davanti alla Commissione tributaria regionale, occorre ribadire che il giudice di appello non è un giudice di cassazione della sentenza impugnata asseritamente illegittima, ma un giudice che deve giudicare nel merito delle questioni, nei limiti della devoluzione operata con la proposizione di “motivi specifici di impugnazione” (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53), con l’emissione di una statuizione che sostituisce la pronuncia del giudice di primo grado. Ne consegue che, qualora la sentenza della Commissione tributaria provinciale sia ipoteticamente viziata da motivazione insufficiente, il giudice di appello non può dichiararne la nullità ed effettuare una rimessione della causa al giudice di primo grado, operando al di fuori dei casi tassativamente previsti dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 59 pronunciarsi in ordine alle questioni il cui esame è stato omesso o svolto in maniera insufficiente dal giudice di primo grado, secondo la prospettazione dell’appellante che quei punti ha devoluto al riesame del giudice di secondo grado. (in tal senso Sez. 5, Sentenza n. 17127 del 03/08/2007, Rv. 600354 – 01).

Nel caso in esame il giudice di appello ha fornito una autonoma motivazione in ordine alle ragioni per cui ha condiviso la conclusione della Commissione tributaria provinciale, secondo cui l’Ufficio aveva dimostrato l’esistenza di fatti certi indicativi di capacità contributiva del contribuente, mentre ha reputato che la documentazione prodotta dal contribuente era inidonea a fornire prova contraria.

2. Secondo motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 132 e 156 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il motivo è inammissibile, sia nella modalità di formulazione (deduce la violazione di norme processuale e richiama la ragione di impugnazione, relativa al vizio di motivazione, prevista dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), sia perchè si sostanzia nella articolazione di censure di merito sulla fondatezza della pretesa tributaria, non ammesse nel giudizio di legittimità.

PQM

 

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al rimborso delle spese in favore della Agenzia delle Entrate, liquidate in Euro tremilacinquecento oltre eventuali spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 6 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2017

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