Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18056 del 04/08/2010

Cassazione civile sez. trib., 04/08/2010, (ud. 01/04/2010, dep. 04/08/2010), n.18056

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. MARIGLIANO Eugenia – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA BROFFERIO

6, presso lo studio dell’avvocato ROSSI ADRIANO, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato FRANCESCO CAMERINI, giusta delega in

calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 40/2007 della COMM. TRIB. REG. di PERUGIA,

depositata il 18/06/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/04/2010 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito per il resistente l’Avvocato ROSSI, che ha chiesto il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

per quanto di ragione.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 18/6/2007 la Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria accoglieva il gravame interposto dal contribuente sig. P.G. nei confronti della pronunzia della Commissione Tributaria Provinciale di Perugia di rigetto dell’impugnazione del silenzio rifiuto formatosi sulla richiesta di rimborso di quanto trattenuto a titolo di maggiore imposta I.R.P.E.F. asseritamente non effettuata da Fondenel al momento della corresponsione anticipata di una somma in forma di capitale erogatagli, quale ex dirigente E.N.E.L. nel gennaio 2001.

Avverso la suindicata decisione del giudice dell’appello l’Agenzia delle entrate propone ora ricorso per Cassazione, affidato a 2^ motivi.

Resiste con controricorso il P., che ha presentato anche memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1^ motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 42, 16, L. n. 482 del 1985, art. 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Lamenta che “l’accordo Enelfndai del 16 aprile 1986 ha previsto la corresponsione a favore del personale dirigente di una prestazione pensionistica aziendale ad integrazione del trattamento previdenziale obbligatorio senza alcun ricorso a contratti con imprese di assicurazione”; che nel caso “per la copertura degli oneri connessi a tale prestazione previdenziale l’accordo (art. 3) prevedeva che l’Enel avrebbe utilizzato le proprie risorse, mentre i singoli interessati avrebbero contribuito in misura non superiore al 4% della retribuzione lorda individuale annua”; e che “la prestazione, inizialmente prevista solo nella forma della rendita, era stabilita nella misura pari al 70 per cento della differenza intercorrente tra la retribuzione percepita dal dirigente all’atto della risoluzione del rapporto di lavoro (come determinata nell’art. 4 del menzionato accordo) e il valore annuo massimo della pensione erogata dal sistema previdenziale obbligatorio”; che “la disamina dell’accordo ne evidenzia, dunque, la diretta correlazione con il rapporto di lavoro”, sicchè, non provenendo da contratto assicurativo, le somme in esame “difettano dei presupposti per l’applicazione della tassazione di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 42, comma 4 e L. n. 482 del 1985, art. 6 ed anzi, derivando da rapporto contrattuale con l’ente ed ancorchè aventi natura previdenziale, rappresentano somme dipendenti della cessazione del rapporto di lavoro, come tali assoggettate a tassazione separata”.

Si duole che erroneamente il giudice dell’appello abbia “semplicisticamente” affermato essere “incontestato” che “l’Enel abbia agito come se avesse stipulato una polizza di assicurazione assumendosi in proprio il rischio assicurativo”.

Il motivo è fondato e va accolto nei termini di seguito indicati.

Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, le prestazioni erogate ai beneficiari in forma di capitale dal Fondenel sono assoggettate, giusta il disposto di cui alla L. n. 124 del 1993, artt. 13 ss. (di modifica della disciplina delle forme di previdenza complementari del sistema obbligatorio pubblico), all’imposizione corrispondente a quella del trattamento di fine rapporto (v. Cass., 30/12/2009, n. 27928).

Nell’escludersene l’assimilabilità a quanto corrisposto in dipendenza di un contratto di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione, e del pari la qualificabilità (anche in via analogica) come redditi di capitale, come pure che possa ad esse riconoscersi natura risarcitoria, non essendo volte a compensare gli aventi diritto del sacrificio loro imposto o della perdita del trattamento integrativo (v. Cass., 20/1/2010, n.. 868), si è in giurisprudenza di legittimità posto in rilievo che trattasi invero di prestazioni trovanti ne rapporto di lavoro la fonte giustificativa, e volte ad immediatamente estinguere, a costi ridotti, i crediti degli aventi diritto (cfr., da ultimo, Cass., 7/5/2010, n. 11161; Cass., 7/5/2010, n. 11159; Cass., 7/5/2010, n. 11157; Cass., 7/5/2010, n. 11156; Cass., 20/1/2010, n.. 868).

Il capitale forfettariamente corrisposto in unica soluzione, si è al riguardo sottolineato, “costituisce, per ovvia conseguenza, reddito della stessa categoria della pensione integrativa” di cui costituisce la capitalizzazione (v. Cass., 7/5/2010, n. 11161).

Atteso che il regime tributario delle indennità corrisposte in ragione della cessazione del rapporto di lavoro dipendente va individuato in relazione alla disciplina vigente allorchè è sorto il diritto a percepire l’indennità relativa, esse sono cioè soggette alle ritenute IRPEF ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1 lett. a), e art. 17 (tassazione separata), non essendo pertanto applicabile il previgente regime D.P.R. n. 482 del 1985, ex art. 16, che imponeva una ritenuta, a titolo d’imposta e con obbligo di rivalsa, del 12,50% sui capitali corrisposti in dipendenza dei contratti di assicurazione sulla vita, esclusi quelli corrisposti a seguito di decesso dell’assicurato (v, Cass., 30/12/2009, n. 27928).

Va al riguardo osservato che la L. n. 335 del 1995, art. 11, comma 3, (recante Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare) ha aggiunto un ultimo periodo al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 42, comma 4, con il quale l’applicabilità della disposizione in questione viene esclusa “in ogni caso alle prestazioni erogate in forma di capitali ai sensi del D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124 e successive modificazioni”.

Con il D.L. n. 669 del 1996, conv. in L. n. 30 del 1997 si è al riguardo peraltro precisato che le disposizioni dalla L. n. 335 del 1995, art. 11, comma 3, introdotte al D.Lgs. 21 aprile 1993, art. 13, comma 9, e al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 42, comma 4, ultimo periodo, devono intendersi riferite esclusivamente ai destinatari iscritti alle forme pensionistiche complementari successivamente alla data di entrata in vigore del citato D.Lgs. n. 124 del 1993, e cioè successivamente al 28/4/1993 (v. Cass., 30/12/2009, n. 27928).

A tale stregua, per gli iscritti alla forma pensionistica complementare in epoca anteriore al 1993 la somma ricevuta al momento della risoluzione del rapporto di lavoro, quale quota di partecipazione al fondo pensione complementare gestito dal Fondenel, rimane invero assoggettata alla disciplina dettata per tutti i redditi comunque da tale rapporto dipendenti, e quindi dal D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 16, comma 1, e art. 17 (v. Cass., 30/12/2009, n. 27928).

Attesa l’ampia formulazione della norma di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 16, comma 1, lett. a), (come sopra modificato e poi sostituito), nel caso applicabile trattandosi di somma versata nel gennaio 2001 (cfr., con riferimento a somma versata una tantum nel giugno 2003 dal Fondo di previdenza complementare per il personale di Banco di Napoli, Cass., 20/1/2010, n. 868), là dove si fa riferimento alle “indennità e somme percepite una volta tanto in dipendenza della cessazione” dei “rapporti di lavoro dipendente” e alle “somme risultanti dalla capitalizzazione di pensioni” (cfr.

Cass., 20/1/2010, n. 868) nonchè del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 46 (secondo cui “costituiscono redditi di lavoro dipendente: a) le pensioni di ogni genere e gli assegni ad essa equiparati”) consentono di ricondurvi senz’altro (anche) la somma come nella specie corrispondente alla capitalizzazione di una pensione periodica integrativa (cfr. Cass., 7/5/2010, n. 11161).

In tema di imposte sul reddito, costituisce d’altro canto principio generale da tempo affermato che il momento dell’imposizione coincide con quello dell’effettiva percezione (v. Cass., 9/2/2010, n. 2810;

Cass., 4/11/2008, n. 26483; Cass., 5/12/2005, n. 26395; Cass., 23/7/2004, n. 13866. E già Cass., 27/8/1993, n. 9099), principio invero non derogato ed anzi ribadito dalla disciplina ex D.P.R. n. 917 del 1986, atteso il riferimento ivi rinvenentesi alla corresponsione delle somme in argomento.

Orbene, le prestazioni in forma capitale erogate in epoca successiva al 1^ gennaio 1998, e in particolare per quelle come nella specie corrisposte dal 1^ gennaio 2001 al 31/12/2003, durante cioè la vigenza del D.Lgs. n. 47 del 2000 (recante “Riforma della disciplina fiscale della previdenza complementare, a norma della L. 13 maggio 1999, n. 133, art. 3”, poi soppresso dal D.Lgs. n. 344 del 2003, art. 1 a decorrere dal 1/1/2004, che ha tra l’altro abrogato i D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 13, commi 1, 2, 5, 6, 9, 10, 11 e 12: cfr. Cass., 7/5/2010, n. 11161; Cass., 7/5/2010, n. 11157), sono dunque qualificabili come redditi da lavoro dipendente ai sensi del combinato disposto di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 46, comma 2, lett. a), art. 48, comma 2, ratione temporis vigente (nel testo cioè modificato dal D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 3 e, successivamente, dal D.Lgs. n. 56 del 1998, art. 4, nonchè dal D.Lgs. n. 47 del 2000, art. 10), e soggette a tassazione separata, in applicazione dell’art. 16, comma 1, lett. a) come integrato dal D.L. n. 41 del 1995, art. 32, conv. in L. n. 85 del 1995, e modificato dal D.Lgs. n. 47 del 2000, art. 10: cfr. Cass., 20/1/2010, n. 868 e D.P.R. n. 917 del 1986, art. 17, come modificato dal D.Lgs. n. 47 del 2000, art. 11, comma 1, lett. a), del seguente tenore: “1. Il trattamento di fine rapporto costituisce reddito per un importo che si determina riducendo il suo ammontare delle rivalutazioni già assoggettate ad imposta sostitutiva. L’imposta è applicata con l’aliquota determinata con riferimento all’anno in cui è maturato il diritto alla percezione, corrispondente all’importo che risulta dividendo il suo ammontare, aumentato delle somme destinate alle forme pensionistiche di cui al D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, per il numero degli anni e frazione di anno preso a base di commisurazione, e moltiplicando il risultato per dodici. Gli uffici finanziari provvedono a riliquidare l’imposta in base all’aliquota media di tassazione dei cinque anni precedenti a quello in cui è maturato il diritto alla percezione. 1-bis. Se in uno o più degli anni indicati al comma 1 non vi è stato reddito imponibile, l’aliquota media si calcola con riferimento agli anni in cui vi è stato reddito imponibile; se non vi è stato reddito imponibile in alcuno di tali anni, si applica l’aliquota stabilita dall’art. 11 per il primo scaglione di reddito. 1 ter. Qualora il trattamento di fine rapporto sia relativo a rapporti di lavoro a tempo determinato, di durata effettiva non superiore a due anni, l’imposta determinata ai sensi del comma 1 è diminuita di un importo pari a L. 120 mila per ciascun anno; per i periodi inferiori ad un anno, tale importo è rapportato a mese. 2. Le altre indennità e somme indicate all’art. 16, comma 1, lett. a) dell’anche se commisurate alla durata del rapporto di lavoro e anche se corrisposte da soggetti diversi dal datore di lavoro, sono imponibili per il loro ammontare complessivo, al netto dei contributi obbligatori dovuti per legge, con l’aliquota determinata agli effetti del comma 1” (cfr. Cass., 10/2/2010, n. 2921; Cass., 20/1/2010, n. 868. E già Cass., 2/4/2007, n. 8200; Cass., 20/6/2005, n. 13274).

Al riguardo si è da questa Corte già posto in rilievo che alla considerazione in termini di reddito da lavoro dipendente della pensione integrativa in argomento, e non già di reddito da capitale tassabile con l’aliquota del 12,50% D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 42, comma 4, (cfr. Cass., 7/5/2010, n. 11157), non osta la circostanza che la medesima venga erogata in unica soluzione anzichè in rate mensili, beneficiando altresì l’avente diritto della tassazione separata; nè che essa venga effettuata da soggetto terzo anzichè dal datore di lavoro, non rimanendo a tale stregua comunque eliso il nesso genetico con il rapporto di lavoro che ha originato il trattamento previdenziale; così come del pari non osta la circostanza che il beneficiario abbia preferito, in luogo della corresponsione della “pensione integrativa, che sarebbe stata assoggettata ad IRPEF con applicazione dell’aliquota marginale”, abbia preferito “vendere” la pensione integrativa al prezzo dell’una tantum, concordata ed accettata, assoggettata al prelievo fiscale previsto per il trattamento pensionistico (per il criterio di tassazione per equivalenza), beneficiando nel contempo dell’applicazione dell’aliquota ridotta prevista per la tassazione separata” (in tali termini, con riferimento a corresponsione una tantum effettuata nel dicembre 2003 dal Fondo di Previdenza Complementare per il Personale del Banco di Napoli, Cass., 10/2/2010, n. 2921).

Orbene, osservato anzitutto che nell’impugnata sentenza risulta apoditticamente e con motivazione incongrua affermato essere “incontestato che l’Enel abbia agito come se avesse stipulato una polizza di assicurazione assumendosi il rischio assicurativo” (circostanza indicata come evinta “dal fatto che inizialmente era prevista per i dirigenti di aziende industriali la stipula, a carico dell’azienda, di una polizza vita e che successivamente in luogo di tale trattamento veniva istituita una forma di previdenza aziendale erogante anch’essa trattamenti pensionistici complementari mediante un sistema di gestione a capitalizzazione annuale”), va posto invero in rilievo come, indubbio essendo che nel caso “la forma integrativa previdenziale preesisteva all’entrata in vigore del D.Lgs. 124 del 21 aprile 1993 e che l’interessato vi aveva aderito”, nell’affermare che l’intera somma nel caso corrisposta è da assoggettarsi, non già – come ritenuto dal giudice di prime cure – alla “maggiore imposizione fiscale” per essere essa comunque “conseguente” alla “cessazione del rapporto di lavoro” bensì alla più favorevole aliquota del 12,50%, giusta il “previgente regime fiscale delle prestazioni erogate in forma capitale”, il giudice dell’appello abbia invero disatteso i suindicati principi.

Con il 2^ motivo la ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 50, come modif. dal D.Lgs. n. 47 del 2000, art. 10, comma 1 lett. e), D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 42, 16, L. n. 482 del 1985, art. 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole che il giudice dell’appello non abbia considerato che “avendo il contribuente percepito la somma in esame nel gennaio 2001 e trattandosi di soggetto iscritto al 28 aprile 1993 alle forme pensionistiche complementari già istituite al 15 novembre 1992, …

alle prestazioni in forma capitale si applica la medesima aliquota applicata al trattamento di fine rapporto, ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 17, comma 2 (ora art. 19)”.

Lamenta che “Per le prestazioni relative ai montanti dal 10 gennaio 2001 al 31 dicembre 2006, sulla base della disciplina introdotta dal decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 47, le prestazioni erogate dalle forme pensionistiche sia in forma periodica che in forma di capitale, sono qualificate come redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. Il citato D.Lgs. n. 47, art. 10, comma 1, lett. e), infatti, ha sostituito il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 50, lett. h-bis) (art. 47, secondo la precedente numerazione) comma 1, che, nella stesura originaria, comprendeva solo quelle erogate in forma periodica”.

Si duole, ancora, non essersi dal giudice dell’appello considerato che “Secondo la disciplina introdotta dal citato D.Lgs. n. 47 del 2000, le prestazioni pensionistiche erogate in forma di capitale dal 1/1/2007 (rectius, 2001) continuano ad essere assoggettate a tassazione separata ai sensi delle disposizioni contenute nel D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 17 (art. 16 secondo la precedente numerazione), comma 1, lett. a-bis), e art. 20 (art. 17 bis, secondo la precedente numerazione)”.

Lamenta infine l'”evidente … erroneità della decisione impugnata nella parte in cui afferma che “sulla parte relativa al rendimento deve applicarsi la ritenuta del 12.50% determinata con i criteri del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 42”.

Pone quindi il seguente quesito: “se con riferimento alla somma liquidata al contribuente nel gennaio del 2001 a titolo di quota di partecipazione al Fondenel spettante al beneficiario nella sua qualità di “vecchio iscritto” a fondi previdenziali, sia applicabile (in deroga alle disposizioni contenute nel predetto D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 13, comma 9), il previgente regime fiscale, in base al quale sulla somma predetta si applica la medesima aliquota applicata al trattamento di fine rapporto, ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 17, comma 2 (ora art. 19)”.

Il motivo va dichiarato in parte assorbito e in parte inammissibile.

Laddove non fa riferimento alla riproposizione della questione già dedotta con il 1^ motivo ed accolta nei termini sopra esposti, il quesito, così come formulato, si profila invero privo di collegamento con la restante parte del 2^ motivo a conclusione del quale risulta posto.

In particolare, da un canto, con riferimento all’evocata disciplina di cui alla L. n. 124 del 1993, art. 13, comma 9, invero abrogata dal D.Lgs. n. 47 del 2000, art. 3 e non più in vigore all’atto del prelievo fiscale nel caso rilevante, trattandosi di liquidazione ed erogazione nella specie avvenuta nel gennaio 2001 (cfr. Cass., 7/5/2010, n. 11161; Cass., 7/5/2010, n. 11159).

Per altro verso, in relazione alla censura della “decisione impugnata nella parte in cui afferma che è “sulla parte relativa al rendimento deve applicarsi la ritenuta del 12.50% determinata con i criteri del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 42”, statuizione che non è in realtà dato ivi rinvenire.

Dell’impugnata sentenza s’impone dunque, in relazione al motivo accolto, la cassazione, con rinvio ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria, che procederà a nuovo esame, facendo applicazione del seguente principio di diritto:

Per gli iscritti alla forma pensionistica complementare in epoca anteriore al 1993, cui non si applicano le disposizioni di al D.Lgs. 21 aprile 1993, art. 13, comma 9, e art. 42, comma 4, ultimo periodo, D.P.R. n. 917 de 1986 (introdotte dalla L. n. 335 del 1995, art. 11, comma 3), la somma ricevuta al momento della risoluzione del rapporto di lavoro dal Fondenel (che gestiva un fondo pensione complementare a capitalizzazione, sostitutivo, a seguito di accordi sindacali intervenuti nel 1998, di una precedente gestione di previdenza integrativa gestita dalla P.I.A. -Previdenza Integrativa Aziendale-) rimane assoggettata alla disciplina dettata per tutti i redditi comunque da tale rapporto dipendenti, e in particolare all’imposizione corrispondente a quella del trattamento di fine rapporto.

La prestazione a tale titolo corrisposta tra il 1^ gennaio 2001 e il 31/12/2003, durante cioè la vigenza del D.Lgs. n. 47 del 2000 (recante “Riforma della disciplina fiscale della previdenza complementare, a norma della L. 13 maggio 1999, n. 133, art. 3”, poi soppresso dal D.Lgs. n. 344 del 2003, art. 1, a decorrere dal 1/1/2004, che ha tra l’altro abrogato il D.Lgs. n. 124 del 1993, commi 1, 2, 5, 6, 9, 10, 11 e 12 dell’art. 13), ai sensi del combinato disposto di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 46, comma 2, lett. a), art. 48, comma 2, ratione temporis vigente (nel testo cioè modificato dal D.Lgs. n. 314 del 1997, art. 3 e, successivamente, dal d.lgs. n. 56 del 1998, art. 4, nonchè dal D.Lgs. n. 47 del 2000, art. 10) è qualificabile come reddito da lavoro dipendente, ed è soggetta a tassazione separata in applicazione dell’art. 16, comma 1, lett. a), come integrato dal D.L. n. 41 del 1995, art. 32 conv. in L. n. 85 del 1995, e modificato dal D.Lgs. n. 47 del 2000, art. 10 e D.P.R. n. 917 del 1986, art. 17, come modificato dal D.Lgs. n. 47 del 2000, art. 11, comma 1, lett. a), ancorchè l’erogazione avvenga in unica soluzione, anzichè in rate mensili, e quand’anche venga effettuata da soggetto terzo, anzichè dal datore di lavoro, anche in tali ipotesi non rimanendo eliso il relativo nesso con il rapporto di lavoro che ha originato il trattamento previdenziale, essendo essa volta ad immediatamente estinguere, a costi ridotti, il credito dell’avente diritto.

Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il 1^ motivo. Dichiara inammissibile il 2^. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria.

Così deciso in Roma, il 1 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2010

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