Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18055 del 31/08/2020

Cassazione civile sez. VI, 31/08/2020, (ud. 04/06/2020, dep. 31/08/2020), n.18055

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32301-2018 proposto da:

FANTASY DRINK DI G.R. & C. SAS, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dall’avvocato CLAUDIO DEFILIPPI;

– ricorrente –

contro

CREDIT AGRICOLE CARISPEZIA SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 287/2018 del TRIBUNALE di LA SPEZIA,

depositata il 18/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 04/06/2020 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLO

PORRECA.

 

Fatto

CONSIDERATO

che:

la Fantasy Drink di G.R. &c. s.a.s., si opponeva a norma dell’art. 615 c.p.c., comma 1, a un precetto intimatole da Credit Agricole Casrispezia, s.p.a., fondato sul provvedimento con cui il giudice dell’esecuzione, a definizione della fase sommaria di altra opposizione esecutiva, aveva liquidato le spese oltre che fissato termine per l’inizio del giudizio di merito;

l’opponente deduceva l’inesistenza del titolo esecutivo;

il Giudice di pace rigettava la domanda con pronuncia confermata dal Tribunale secondo cui la liquidazione delle spese era legittima, in quanto accessoria a provvedimento latamente cautelare anticipatorio, e, in tesi, reclamabile;

avverso questa decisione ricorre per cassazione la Fantasy Drink di G.R. &c. s.a.s., articolando tre motivi.

Diritto

RILEVATO

che:

con il primo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione del’art. 347 c.p.c., comma 3, poichè il Tribunale avrebbe erroneamente omesso di acquisire il fascicolo di prime cure affermandone l’irrilevanza, mentre si sarebbe trattato di obbligo la cui violazione avrebbe inficiato la sentenza, avendo impedito di verificare la sequenza processuale, e dunque l’inesistenza del titolo esecutivo al momento del rilascio della formula e della sua notifica, atteso che il giudice di prime cure aveva fissato termine per l’instaurazione del giudizio di merito;

con il secondo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 669 terdecies c.p.c., poichè il Tribunale avrebbe erroneamente affermato la reclamabilità del provvedimento sulle spese opposto, invece riservata ai provvedimenti estintivi dell’esecuzione;

con il terzo motivo si prospetta la violazione dell’art. 115 c.p.c., dell’art. 360c.p.c., n. 5, dall’art. 345 c.p.c., comma 3, poichè il giudice di appello avrebbe immotivatamente quanto erroneamente dichiarato inammissibile la produzione di una sentenza di Tribunale indispensabile al giudizio e non producibile prima di quando lo era stata;

Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Rilevato che:

i primi due motivi, da esaminare congiuntamente, sono inammissibili ex art. 360 bis c.p.c., n. 1;

questa Corte ha chiarito che l’acquisizione del fascicolo d’ufficio di primo grado, ai sensi dell’art. 347, c.p.c., non costituisce condizione essenziale per la validità del giudizio d’appello, con la conseguenza che la relativa omissione non determina un vizio del procedimento o della sentenza di secondo grado, bensì, al più, il vizio di difetto di motivazione, a condizione che venga specificamente prospettato che da detto fascicolo il giudice d’appello avrebbe potuto o dovuto trarre elementi decisivi per la decisione della causa, non rilevabili “aliunde” ed esplicitati dalla parte interessata (Cass., 04/04/2019, n. 9498, Cass., 07/08/2018, n. 20631);

nel caso, la parte non ha indicato alcun elemento che possa riflettersi negativamente sulla decisione assunta correttamente;

infatti, nella struttura delle opposizioni esecutive il giudice dell’esecuzione, con il provvedimento che chiude la fase sommaria davanti a sè – sia che rigetti, sia che accolga l’istanza di sospensione o la richiesta di adozione di provvedimenti indilazionabili, fissando il termine per l’introduzione del giudizio di merito, o, quando previsto, quello per la riassunzione davanti al giudice competente – deve provvedere sulle spese della fase sommaria, potendosi, peraltro, ridiscutere tale statuizione nell’ambito del giudizio di merito (Cass., 24/10/2011, n. 22033, Cass., 31/05/2019, n. 15082; cfr. anche Cass., 20/11/2019, n. 30330);

in questo senso, ferma la reclamabilità della pronuncia sulla sospensione ex art. 624, c.p.c., è nel successivo giudizio di merito che va ridiscussa la statuizione sulle spese, se del caso instando a norma dell’art. 289, c.p.c., ovvero introducendo nel medesimo lasso temporale il suddetto giudizio (Cass., 31/08/2011, n. 17860, Cass., 04/03/2014, n. 5060, Cass., 22/06/2017, n. 15605, Cass., 17/10/2019, n. 26285);

il terzo motivo è inammissibile;

parte ricorrente infatti non specifica, ex art. 366 c.p.c., n. 6, il contenuto della sentenza della cui mancata acquisizione si duole, nè in quale modo avrebbe potuto incidere sulla correttezza della decisione “in iure” quale appena analizzata e precisata;

non deve provvedersi sulle spese atteso il mancato svolgimento di difese ad opera della parte intimata.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 4 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 31 agosto 2020

 

 

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