Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18053 del 04/08/2010

Cassazione civile sez. un., 04/08/2010, (ud. 15/06/2010, dep. 04/08/2010), n.18053

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAPA Enrico – Primo Presidente –

Dott. PREDEN Roberto – Presidente di sezione –

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente di sezione –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

L.E. ((OMISSIS)), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA MAZZINI 27, presso lo studio dell’avvocato DI GIOIA

GIOVANNI CANDIDO, rappresentato e difeso da sè medesimo;

– ricorrente –

contro

CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI PORDENONE, PROCURATORE

GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;

– intimati –

avverso la decisione n. 127/2009 del CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE,

depositata il 27/11/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/06/2010 dal Consigliere Dott. SAVERIO TOFFOLI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Consiglio nazionale forense (CNF), con decisione depositata il 17.11.2009 e notificata il 25.1.2010 rigettava il ricorso proposto dall’avv. L.E. contro la decisione in data 17.9.2008, con cui il Consiglio dell’Ordine degli avvocati (COA) di Pordenone gli aveva inflitto la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale per la durata di mesi due, all’esito di un procedimento disciplinare frutto della riunione di due diversi procedimenti.

Nell’ambito del primo procedimento era stata contestata la violazione delle previsioni del codice deontologico relative al dovere di verità, al divieto di uso di espressioni sconvenienti e offensive e al dovere di lealtà e di correttezza, in relazione ad un esposto che l’incolpato aveva presentato nei confronti dell’avv. Sandro De Vecchi del Foro di Belluno, accusandolo di “condotte altamente riprovevoli”, di “spocchiosa negligenza” e, ingiustamente, di non averlo informato in merito alla nomina a suo difensore di ufficio e a quanto avvenuto in un’udienza davanti al Tribunale di Belluno e, specificamente, alla data del rinvio.

Nell’altro procedimento era stata contestata al L. la violazione dei doveri di lealtà e correttezza e della previsione dell’art. 20 del codice deontologico sui rapporti con i terzi, per non avere aperto la porta dello studio, pur avendo prima risposto al citofono condominale, impedendo così ad ufficiale giudiziario il compimento di una notifica penale.

Il L. propone ricorso per cassazione affidato a nove motivi, notificato il 19 febbraio 2010 (notifica a mezzo posta al COA perfezionatasi il 23.2.2010).

Il Consiglio dell’Ordine di Pordenone non si è costituito.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve rilevarsi l’inammissibilità del ricorso, che è stato proposto e sottoscritto dall’avv. L.E. personalmente.

Al riguardo, occorre tenere presente, infatti, che, come questa Corte ha ripetutamente affermato, l’avvocato, cui il Consiglio Nazionale Forense – con decisione che è immediatamente esecutiva (salva la sospensione ad opera delle S.U. della Corte di Cassazione) – abbia inflitto una sanzione disciplinare che lo privi, definitivamente o temporaneamente, dall’esercizio della professione forense, non può sottoscrivere il ricorso per cassazione avverso la decisione predetta, perchè difetta del requisito indispensabile dello ius postulandi (cfr. ex plurimis, Cass. S.U. 557/1998, 11213/2008, 24180/2009). Ed è indubbia l’applicabilità di questo principio nella specie, considerato, che come già precisato in narrativa, il provvedimento di sospensione per due mesi è stato notificato al L. il 25 gennaio 2010 e il ricorso, datato 10 febbraio 2010, è stato poi notificato nei successivi giorni 19-23 febbraio.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso non consegue nella specie pronuncia sulle spese del giudizio, poichè il Consiglio dell’ordine competente non si è costituito e l’ufficio del pubblico ministero non può essere destinatario di pronunce sulle spese del giudizio nè in caso di sua soccombenza, nè quando soccombente sia uno dei suoi contraddittori (Cass. S.U. n. 5165/2004; Cass. n. 3824/2010).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 15 giugno 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2010

 

 

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