Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18052 del 04/08/2010

Cassazione civile sez. un., 04/08/2010, (ud. 25/05/2010, dep. 04/08/2010), n.18052

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARBONE Vincenzo – Primo Presidente –

Dott. PREDEN Roberto – Presidente di sezione –

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente di sezione –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

F.I.G.C.. – FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO, A.I.A. ASSOCIAZIONE

ITALIANA ARBITRI DELLA FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO, in persona

dei rispettivi Presidenti pro-tempore, elettivamente domiciliate in

ROMA, VIA PANAMA 58, presso lo studio degli avvocati MEDUGNO LUIGI,

MAZZARELLI LETIZIA, che le rappresentano e difendono unitamente

all’avvocato MARIO GALLAVOTTI, per delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO DEL

RINASCIMENTO 11, presso lo studio dell’avvocato PELLEGRINO GIANLUIGI,

che lo rappresenta e difende, per delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

CAMERA DI CONCILIAZIONE E ARBITRATO PER LO SPORT;

– intimata –

per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n.

11301/2008 del TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE di ROMA;

uditi gli avvocati Annalisa LAUTERI per delega dell’avvocato Luigi

Medugno, Gianluigi PELLEGRINO;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

25/05/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO DI CERBO;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Pasquale CICCOLO, il quale chiede che la Corte, a sezioni unite,

dichiari inammissibile il ricorso.

 

Fatto

PREMESSO IN FATTO

La Federazione Italiana Gioco Calcio (FIGC) e l’Associazione Italiana Arbitri della Federazione Italiana Gioco Calcio (AIA) hanno proposto ricorso per regolamento di giurisdizione ai sensi dell’art. 41 cod. proc. civ..

La vicenda prende le mosse dalla proposta, formulata dalla CAN (Commissione arbitri per i campionati nazionali di serie A e B, che è organo tecnico dell’AIA) al termine della stagione sportiva 2007- 2008, di ridimensionare l’organico degli arbitri abilitati a dirigere le gare della serie A e della serie B mediante una progressiva riduzione degli stessi da 43, che avevano operato nell’annata sopra indicata, a 37 unità. Nel formulare le proprie proposte al riguardo la suddetta commissione evidenziava la particolare situazione di tre arbitri, fra i quali il sig. P., che erano rimasti inattivi nel corso dell’intera stagione e rispetto ai quali pertanto non era possibile esprimere una valutazione attitudinale ancorata al riscontro del livello delle prestazioni rese.

Nella seduta del 4 luglio 2008 il Comitato Nazionale dell’AIA stabiliva di escludere dal ruolo degli arbitri, per normale avvicendamento, nove elementi fra i quali sei valutati negativamente sotto il profilo attitudinale e i tre (fra i quali il P.) mai utilizzati nel corso della precedente stagione agonistica.

Contemporaneamente veniva decisa la promozione di cinque arbitri provenienti dalla serie C in applicazione di un criterio di reclutamento destinato a favorire l’acquisizione di elementi più giovani e meritevoli di valorizzazione.

Il P. proponeva ricorso al TAR del Lazio avverso tale soluzione organizzativa.

Il TAR, decidendo in via cautelare, riservato ogni approfondimento sull’eccezione di difetto di giurisdizione formulata dalla FIGC, riteneva fondata la tesi del ricorrente secondo cui vi era stata violazione del giusto procedimento in quanto il P. era stato escluso in assenza di una proposta precisa della CAN che si era infatti limitata a una generica richiesta di valutazione sull’opportunità di ridurre l’organico. La decisione del TAR veniva confermata dal Consiglio di Stato.

A seguito del suddetto provvedimento cautelare veniva acquisita una proposta più articolata della CAN e, in base ad essa, il Comitato Nazionale, con delibera approvata all’unanimità dal Comitato nazionale nella seduta del 18 febbraio del 2009, confermava l’esclusione del P..

Avverso tale provvedimento il P. ha proposto, da un lato, domanda di arbitrato, e, dall’altro, contemporaneamente, un ricorso per motivi aggiunti al TAR del Lazio.

Il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport (TNAS), in accoglimento dell’eccezione dedotta in via pregiudiziale dalla FIGC, ha dichiaratola la propria incompetenza.

A sua volta il TAR, adito in sede cautelare, ha accolto l’istanza del P.. Il Consiglio di Stato, ha accolto il gravame proposto dalla FIGC avverso la suddetta ordinanza di sospensione del TAR, avendolo ritenuto fornito del prescritto fumus con riguardo alla carenza di giurisdizione del plesso giurisdizionale amministrativo in subiecta materia, e ha pertanto ha respinto la domanda di tutela interinale formulata dal P..

Il ricorso ex art. 41 cod. proc. civ. in esame è stato proposto nella pendenza del giudizio di merito dinanzi al TAR promosso dal P..

Con tale ricorso viene chiesta la declaratoria del difetto assoluto di giurisdizione sulla questione oggetto del contendere.

Resiste con controricorso P.G..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il problema posto dal ricorso in esame è quello di stabilire se, ai sensi del D.L. 19 agosto 2003, n. 220, convertito, con modificazioni, in L. 17 ottobre 2003 n. 280, la controversia originata dalla decisione di una federazione sportiva nazionale di ridimensionare il numero degli arbitri effettivi sulla base dei criteri fissati dall’organo tecnico a ciò deputato sia riservata, o meno, all’autonomia dell’ordinamento sportivo e, in quanto tale, sia sottratta alla giurisdizione dell’autorità giudiziaria.

Ad avviso delle organizzazioni ricorrenti gli atti impugnati con il ricorso introduttivo del giudizio dinanzi al TAR hanno natura squisitamente tecnica in quanto finalizzati ad assicurare, attraverso il ridimensionamento di un organico arbitrale ritenuto pletorico, una più frequente utilizzazione degli arbitri effettivi e ad ottimizzare il loro rendimento. In questo contesto ha natura altrettanto tecnica la decisione di favorire l’utilizzo dei più giovani e di “dismettere” gli arbitri con maggiore anzianità di servizio.

Sussiste pertanto l’eccepito difetto assoluto di giurisdizione vertendo la controversia su materie sicuramente riservata all’autonomia dell’ordinamento sportivo.

Il controricorrente eccepisce preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per regolamento di giurisdizione deducendo che il problema della configurabilità, o meno, di una situazione giuridicamente rilevante e tutelabile non rientra tra le questioni di giurisdizione ma integra una questione di merito. Sotto altro profilo deduce la sussistenza di una situazione giuridicamente rilevante per l’ordinamento generale atteso che il provvedimento che lo ha riguardato è stato adottato al di fuori di valutazioni tecniche e, più in particolare, per motivi di ritorsione nei suoi confronti e quindi in maniera illegittima. Ad avviso del controricorrente la controversia in esame rientra nella giurisdizione amministrativa, ai sensi della L. n. 280 del 2003, atteso che la legge stessa attribuisce alla giurisdizione del giudice ordinario unicamente le controversie relative a rapporti patrimoniali tra società, associazioni ed atleti.

Il ricorso è inammissibile.

Deve premettersi, in linea di principio, che, in base ai criteri di riparto di giurisdizione stabiliti dal D.L. 19 agosto 2003, n. 220, art. 3, convertito nella L. 17 ottobre 2003, n. 280, contenente disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva, mentre spettano alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (una volta esaurito il rispetto di eventuali clausole compromissorie) le controversie che hanno per oggetto l’impugnativa di atti del C.O.N.I. o delle Federazioni sportive nazionali, che si configurano come decisioni amministrative aventi rilevanza per l’ordinamento statale, sono invece devolute alla giurisdizione del giudice ordinario (sempre previo il rispetto delle clausole compromissorie) le controversie concernenti i rapporti patrimoniali fra società, associazioni ed atleti aderenti alle singole Federazioni (cfr. Cass. S.U. 23 marzo 2004 n. 5775).

L’art. 2, comma 1, del suddetto decreto legge (nel testo risultante dalla legge di conversione) riserva invece all’ordinamento sportivo nazionale la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: a) l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie di quell’ordinamento e delle sue articolazioni, al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive; b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle sanzioni disciplinari sportive. In queste materie vige il sistema del cd.

“vincolo sportivo”. Le società, le associazioni, gli affiliati ed i tesserati, infatti, hanno l’onere di adire, secondo le previsioni degli statuti e regolamenti del Coni e delle federazioni sportive indicate nel D.Lgs. n. 242 del 1999, artt. 15 e 16, gli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo” (art. 2, comma 2). E’ stato precisato dalla già citata Cass. S.U. 23 marzo 2004 n. 5775 che la previsione sub a) concerne le questioni che hanno per oggetto l’osservanza di norme regolamentari, organizzative e statutarie da parte di associazioni che hanno personalità giuridica di diritto privato. Le regole che sono emanate in questo ambito sono espressione dell’autonomia normativa interna delle federazioni e non hanno rilevanza nell’ordinamento giuridico generale; le decisioni adottate in base ad esse sono collocate in un’area di non rilevanza (o d’indifferenza) per l’ordinamento statale, non costituiscono pertanto espressione di potestà pubbliche e non possono essere pertanto considerate alla stregua di decisioni amministrative. La generale irrilevanza per l’ordinamento statale di tali norme e della loro violazione conduce all’assenza di una tutela giurisdizionale statale.

Analoghe considerazioni valgono per la previsione sub b). Essa riguarda infatti le questioni che nascono da comportamenti rilevanti sul piano disciplinare, derivanti dalla violazione, da parte degli associati, di norme anch’esse interne all’ordinamento sportivo. Pure per queste situazioni sussiste la stessa condizione di non rilevanza per l’ordinamento statale prima indicata. E’ da sottolineare che la suddetta disciplina non significa assenza totale di tutela, ma garanzia di una giustizia di tipo associativo che funziona secondo gli schemi del diritto privato (così la sentenza da ultimo citata).

Nel caso di specie il problema che viene sottoposto all’esame di queste Sezioni Unite non è quello di individuare il giudice (ordinario o amministrativo) competente a conoscere della controversia de qua, bensì quello di stabilire se tale controversia, originata, quanto meno formalmente, dalla decisione di una federazione sportiva nazionale di ridimensionare il numero degli arbitri effettivi sia riservata, o meno, all’autonomia dell’ordinamento sportivo e, in quanto tale, sia sottratta alla giurisdizione dell’autorità giudiziaria.

Tale problema non può essere considerato come questione di giurisdizione.

Nella giurisprudenza di queste Sezioni Unite è stato da tempo affermato, infatti, che questione della configurabilità, o meno, di una situazione giuridicamente rilevante e tutelatale non rientra tra le questioni di giurisdizione, costituendo, invece, questione di merito, che deve essere pertanto rimessa alla valutazione del giudice del merito (Cass. S.U. 15 giugno 1987 n. 5256, ribadito in motivazione dalla già citata Cass. S.U. 23 marzo 2004 n. 5775). Il principio è stato sviluppato, in particolare, con riferimento alle federazioni sportive ed è stato dichiarato che la censura diretta ad escludere ogni forma di tutela giurisdizionale nei confronti di provvedimenti della FIGC, costituisce questione di merito (Cass. S.U. 29 settembre 1997 n. 9550).

Sulla base del suddetto principio, che deve essere pienamente ribadito in questa sede, deve escludersi che il ricorso in esame contenga una questione di giurisdizione che debba essere risolta in questa sede.

Il ricorso deve essere in definitiva dichiarato inammissibile, come correttamente eccepito dal controricorrente.

In applicazione del criterio della soccombenza la Federazione Italiana Gioco Calcio (FIGC) e l’Associazione Italiana Arbitri della Federazione Italiana Gioco Calcio devono essere condannate al pagamento, nei confronti della parte costituita, delle spese del giudizio, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, nei confronti della parte costituita, delle spese del giudizio liquidate in Euro 200,00 per spese e Euro 2700,00 per onorari oltre spese generali, IVA e CPA. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 25 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 agosto 2010

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