Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18051 del 28/08/2020

Cassazione civile sez. II, 28/08/2020, (ud. 27/02/2020, dep. 28/08/2020), n.18051

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – rel. Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19331-2019 proposto da:

O.U., rappresentato e difeso dall’avvocato ROSARIA TASSINARI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 679/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 01/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/02/2020 dal Presidente MANNA FELICE.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

O.U., cittadino nigeriano, proponeva opposizione, innanzi al Tribunale di Bologna, avverso il diniego della protezione internazionale o umanitaria disposto dalla locale Commissione territoriale. A sostegno, deduceva di aver dovuto lasciare il proprio Paese perchè, morto il padre, uno zio paterno aveva tentato di appropriarsi dei terreni costituenti l’eredità di lui, arrivando anche ad uccidergli la madre, secondo quanto appreso da un amico.

Sia il Tribunale sia la Corte d’appello di Bologna, adita in sede di gravame, rigettavano la domanda.

Riteneva la Corte distrettuale che i fatti narrati dal richiedente avessero natura puramente privata, trattandosi di questione relativa ad un’eredità; che, ad ogni modo, il racconto risultasse generico e non circostanziato, particolarmente quanto a elementi fondamentali, quali l’ubicazione dei terreni oggetto di eredità, le generalità dello zio paterno e le circostanze relative alla morte della madre; e che fossero inconferenti le condizioni generali del Paese di provenienza, quali desumibili dai report internazionali, essendo certo, in ogni caso, che non sussisteva alcun nesso di causalità fra tali condizioni e le motivazioni soggettive che avevano indotto il richiedente a espatriare.

Escludeva, ancora, che la zona di provenienza del richiedente (Anambra State) fosse interessata da una situazione di violenza indiscriminata; e che, infine, ricorressero le condizioni della protezione umanitaria, per difetto di situazioni di vulnerabilità oggettive o soggettive.

Per la cassazione di quest’ultima sentenza il richiedente propone ricorso, affidato a tre motivi.

Il Ministero dell’Interno ha depositato un “atto di costituzione”, in vista dell’eventuale discussione orale del ricorso.

Il quale ultimo è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Il primo motivo denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5, per non aver il Tribunale applicato il principio dell’onere attenuato della prova, per aver ritenuto non credibile il racconto del richiedente e per difetto di motivazione, travisamento dei fatti e omesso esame di fatti decisivi e discussi. Sostiene parte ricorrente che la Corte territoriale non ha analizzato i principi che regolano il giudizio di attendibilità del racconto del richiedente, nè dato ragione della ritenuta genericità di esso.

1.1. – Il motivo è inammissibile.

E’ fermo indirizzo di questa Corte Suprema che ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (così e per tutte, n. 18641/17).

Nella specie la sentenza impugnata si basa, quanto al diniego del riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), su due rationes decidendi: (1) la natura puramente privata della vicenda posta a base della domanda e (2) la genericità del racconto del richiedente.

Solo quest’ultima ratio è sottoposta a critica, mentre la prima è unicamente enunciata a pag. 6 del ricorso, senza che vi faccia seguito alcun tentativo di confutazione.

2. – Con il secondo motivo è dedotta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), per non aver la Corte distrettuale verificato la sussistenza di una minaccia grave alla vita del richiedente, derivante da una situazione di violenza indiscriminata esistente in Nigeria. Premesso che il giudice di merito ha l’obbligo di verificare d’ufficio la situazione del Paese di provenienza del richiedente, si sostiene che dal sito “Viaggiare informati” del Ministero degli Affari Esteri emerge una situazione socio-politica gravemente deteriorata a causa di reiterati attacchi terroristici. E sebbene questi ultimi si siano concentrati nelle regioni di nord-est del Paese, le infiltrazioni di cellule eversive anche nel sud-ovest fanno temere un incremento e un’estensione delle azioni violente. Parte ricorrente sostiene, altresì, che a fronte di un’incontestata situazione di violenza indiscriminata in diverse regioni della Nigeria, la sentenza impugnata non avrebbe individuato la zona di provenienza del richiedente e il relativo controllo ad opera dell’Autorità statuale nigeriana.

2.1. – Il motivo è infondato.

Proprio la giurisprudenza della Corte di giustizia Europea citata nel motivo (sentenza 17.2. 2009 nella causa C-465/07) afferma che l’esistenza di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del richiedente la protezione sussidiaria può essere considerata, in via eccezionale, provata qualora il grado di violenza indiscriminata che caratterizza il conflitto armato in corso, valutato dalle autorità nazionali competenti cui sia stata presentata una domanda di protezione sussidiaria o dai giudici di uno Stato membro ai quali venga deferita una decisione di rigetto di una tale domanda, raggiunga un livello così elevato che sussistono fondati motivi di ritenere che un civile rientrato nel paese in questione o, se del caso, nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio di questi ultimi, un rischio effettivo di subire la detta minaccia (nello stesso senso v. anche la sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12 e, da ultimo e fra le tante pronunce di questa Corte di cassazione, la n. 18306/19).

Ne deriva che una situazione di instabilità politica e di violazione dei diritti umani, ancorchè abbinata ad una prognosi di aggravamento, non equivale ad una situazione di violenza indiscriminata già in atto nell’accezione innanzi detta. La quale, per mettere a repentaglio la vita e la persona del richiedente per la sua sola presenza sul territorio, deve essere attuale e non semplicemente potenziale, e dunque già esplosa nella sua virulenza. La probabilità di attentati terroristici e la presenza sul territorio di gruppi armati non equivalgono automaticamente ad una violenza indiscriminata già in atto. Una cosa, infatti, è il pericolo di vita per effetto d’una violenza indiscriminata – ed è questa è la sola fattispecie astratta enucleabile dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), – altra è il pericolo che l’instabilità politica conduca a tale violenza generalizzata.

Nè risponde al vero che la sentenza impugnata non abbia accertato la zona di provenienza del richiedente e la relativa condizione. Al contrario, la Corte distrettuale ha accertato che questi proviene da una regione del sud (Anambra State) e che ivi non risulta sia in atto una situazione del tipo anzidetto (v. pag. 4 della sentenza impugnata).

3. – Il terzo motivo allega la violazione del T.U. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, per non aver la Corte d’appello esaminato la ricorrenza dei requisiti della protezione umanitaria, e verificato la sussistenza dell’obbligo costituzionale ed internazionale di “fornire protezione in capo a persone che fuggono da paesi in cui vi siano sconvolgimenti tali da impedire una vita senza pericoli per la propria vita ed incolumità e pertanto per palese difetto di motivazione” (così, testualmente). Premesso che “la protezione umanitaria ha una natura residuale che presenta caratteristiche necessariamente non coincidenti con quelle riguardanti le misure maggiori” (così testualmente a pag. 20 del ricorso), parte ricorrente, richiamato D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, sostiene che la Corte d’appello avrebbe dovuto effettuare una puntuale ricostruzione dei presupposti della protezione in parola, verificando se il prospettato quadro generale di violenza diffusa ed indiscriminata, accertato dal giudice di primo grado, fosse quanto meno idoneo a integrare una situazione di vulnerabilità, non essendo onere del richiedente dedurre ragioni diverse o alternative rispetto a quelle prospettate. Deduce, inoltre, che ai fini in oggetto rileva il lavoro e l’impegno del richiedente nello studio della lingua italiana, a dimostrazione del concreto percorso di integrazione intrapreso.

3.1. – Il motivo è infondato per due diverse ragioni.

La prima è che, incorrendo in un’intrinseca contraddizione, parte ricorrente, pur ammettendo che la protezione umanitaria si basa su circostanze diverse da quelle che fondano il rifugio e la protezione sussidiaria, torna o dolersi della mancata considerazione a tal fine del grado di violenza diffusa e indiscriminata esistente nella Nigeria, con ciò lasciando intendere che un livello di intensità minore, rispetto a quello richiesto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), giustificherebbe la protezione umanitaria. Il che, ad evidenza non è, ove si consideri che proprio la natura residuale ed atipica di quest’ultima, se da un lato implica che il suo riconoscimento debba essere frutto di valutazione autonoma, caso per caso, e che il suo rigetto non possa conseguire automaticamente al rigetto delle altre forme tipiche di protezione, dall’altro comporta che chi invochi tale forma di tutela debba allegare in giudizio fatti ulteriori e diversi da quelli posti a fondamento delle altre due domande di protezione c.d. “maggiore” (così, n. 21123/19).

La seconda è che, assente una situazione iniziale di vulnerabilità quale desumibile dal T.U. n. 286 del 1998, art. 19, il solo svolgimento di attività lavorativa e di studio della lingua italiana non è sufficiente a dimostrare il radicamento del richiedente sul territorio nazionale e ad imporre, di riflesso, l’accertamento ulteriore, ossia la valutazione comparativa tra la situazione vissuta in Italia e quella che egli ritroverebbe nel Paese d’origine (cfr. S.U. n. 29459/19 e n. 4455/18).

4. – In conclusione il ricorso va respinto.

5. – Nulla per le spese, non avendo il Ministero intimato svolto idonea attività difensiva.

6. – Non v’è luogo a provvedere sull’istanza di liquidazione del compenso, presentata dal difensore del ricorrente ammesso al patrocinio a spese dello Stato, poichè nella disciplina di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, la competenza sulla liquidazione dei compensi al difensore per il ministero prestato nel giudizio di cassazione spetta, ai sensi dell’art. 83 del suddetto decreto, come modificato dalla L. n. 25 del 2005, art. 3, al giudice di rinvio, oppure a quello che ha pronunciato la sentenza passata in giudicato a seguito dell’esito del giudizio di cassazione (cfr. Cass. n. 13806/18).

7. – Ricorrono i presupposti processuali per il raddoppio, a carico del ricorrente, del contributo unificato, se dovuto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Sussistono a carico del ricorrente i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 27 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 agosto 2020

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