Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18048 del 05/07/2019

Cassazione civile sez. III, 05/07/2019, (ud. 05/12/2018, dep. 05/07/2019), n.18048

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 122-2015 proposto da:

GENERALI ITALIA SPA, (OMISSIS), già ALLEANZA TORO SPA (già TORO

ASSICURAZIONI SPA) a mezzo della propria mandataria e rappresentante

GENERALI BUSINESS SOLUTIONS SCPA, in persona del Dott.

P.V. e del Dott. D.G., elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE PINTURICCHIO, 204, presso lo studio dell’avvocato ANNAPAOLA

MORMINO, che la rappresenta e difende giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

GENERALI ITALIA SPA, già INA ASSITALIA SPA, in qualità d’Impresa

Designata per la Regione Calabria, in persona del procuratore

speciale p.t. D.G., elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE DELLE MILIZIE, 38, presso lo studio dell’avvocato MARIA LUCIA

SCAPPATICCI, rappresentata e difesa dall’avvocato SERGIO CAMPISE

giusta procura in calce al controricorso;

B.E., B.R., PE.FU., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 22, presso lo studio

dell’avvocato GIORGIO LISERRE, rappresentati e difesi dall’avvocato

VINCENZO CARROZZINO giusta procura in calce al controricorso;

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO, (OMISSIS), in persona del Dirigente, Dott.

S.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso

lo studio dell’avvocato ANDREA ROSSI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato LETIZIA CRIPPA giusta procura in calce al

controricorso;

BU.GI., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE LIBIA 167,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO LORENTI, rappresentato e

difeso dagli avvocati VINCENZO BELVEDERE, ANTONIO GIANCARLO PERFETTI

giusta procura a margine del controricorso;

C.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LIBIA,

167, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO DE GIORGIO,

rappresentata e difesa dall’avvocato ELENA MARIA TERESA CALABRETTA

giusta procura a margine del controricorso;

CA.AN., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LIBIA, 167,

presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO DE GIORGIO, rappresentata e

difesa dall’avvocato ELENA MARIA TERESA CALABRETTA giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

SP.FR.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1543/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 4/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/12/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro, che ha concluso per l’accoglimento dei primi tre

motivi del ricorso principale, assorbiti tutti gli altri;

udito l’Avvocato ANNA PAOLA MORMINO;

udito l’Avvocato GABRIELE DI GENESIO PAGLIUCA per delega;

udito l’Avvocato FRANCESCO DE GIORGIO per delega;

udito l’Avvocato SERGIO CAMPISE;

udito l’Avvocato LETIZIA CRIPPA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con separati giudizi Bu.Gi. (n. 4971/06 del Tribunale di Paola-Sezione Distaccata di Scalea), Pe.Fu., B.E. e B.R. (n. 67/2007), Ca.An. (n. 68/2007), C.A. (n. 472/2006) e l’INAIL (n. 422/2007) proposero separate domande risarcitorie (l’INAIL in surroga dei sopradetti danneggiati) dei danni patrimoniali e non, iure proprio e iure hereditario, derivati dal sinistro avvenuto il (OMISSIS). In tale data, la vettura condotta da Sp.Fr., di sua proprietà, nel percorrere a velocità elevatissima la (OMISSIS), aveva perso il controllo del mezzo ed aveva investito tre cantonieri, Bu.Gi., B.F. ed C.E., che lavoravano nei pressi della strada. Il Bu. riportò nell’occorso lesioni gravissime, cui residuarono postumi invalidanti permanenti dell’80%, mentre gli altri due soggetti investiti decedettero sul colpo.

Si costituì in tutti i giudizi la società Toro Assicurazioni che sostanzialmente eccepì l’incapienza del massimale rispetto alla pluralità dei danneggiati e l’assenza della istanza di condanna ultra massimale; contestò l’ammontare dei danni nonchè la debenza del danno iure hereditario ai congiunti delle persone defunte.

Si costituì anche Sp.Fr., rilevando la concorrente responsabilità di una vettura non identificata, che aveva invaso la sua corsia di marcia costringendolo ad una brusca frenata, che gli aveva fatto perdere il controllo del mezzo; chiese perciò, in tutti i processi, di essere autorizzato a chiamare in giudizio l’impresa designata dal Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada, istanza, questa, disattesa perchè tardiva.

Venne invece autorizzata, nei giudizi promossi dai soggetti privati, la chiamata in causa dell’INAIL, che, nel costituirsi, dichiarò l’ammontare delle prestazioni già erogate in favore dei singoli danneggiati e dedusse di aver già proposto autonomo giudizio di surroga nelle loro ragioni.

Mentre in tutti i giudizi promossi dai singoli danneggiati venne rigettata la richiesta di chiamata in causa dell’INA Assitalia S.p.a., quale Impresa Designata del FGVS, nel giudizio instaurato ad istanza dell’Inail detta richiesta, in quanto tempestiva, venne ammessa.

Tutti i giudizi vennero poi riuniti.

La causa, fino a quel momento trattata col rito speciale, all’udienza fissata per la discussione venne trattenuta a sentenza con l’assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c., previa precisazione delle conclusioni ad opera delle parti.

Con sentenza n. 223/13 emessa in data 15 maggio 2013, il Tribunale di Paola – Sezione di Scalea addebitò l’intera responsabilità del sinistro allo Sp..

Il Tribunale precisò che l’INAIL aveva diritto di surroga nella posizione dei danneggiati, con sua legittimazione esclusiva una volta espressa la volontà di surrogarsi in tali diritti, e che il limite di tale surroga era costituito dall’importo degli indennizzi liquidati ai danneggiati, che riguardavano esclusivamente poste di natura patrimoniale, pertanto l’INAIL non poteva aggredire le somme liquidate ai danneggiati a titolo di risarcimento dei danni morali e dei danni biologici.

Il Tribunale adito riconobbe i danni così come precisato nel dispositivo di quella sentenza.; statuì la responsabilità ultra massimale della compagnia assicuratrice Toro Assicurazioni S.p.a.; ritenne l’INA Assitalia parte nel solo giudizio instaurato dall’INAIL ma rigettò la domanda nei suoi confronti, atteso l’accertamento della responsabilità esclusiva dello Sp..

Avverso la sentenza propose appello, con ricorso depositato il 18 luglio 2013, Alleanza Toro S.p.a. (già Toro Assicurazioni S.p.a.), nella qualità, che si dolse: a) della mancata autorizzazione alla chiamata in causa dell’INA Assitalia S.p.a., quale impresa designata; dell’attribuzione della responsabilità in via” esclusiva a Sp.Fr.; b) della condanna ultra massimale; c) dell’erroneo riconoscimento del diritto di rivalsa dell’INAIL, posto che il massimale della Toro risultava interamente destinato a risarcire i danneggiati.

Si costituirono, con separate comparse, C.A. e Ca.An., che svolsero identiche argomentazioni, preliminarmente eccependo la inammissibilità dell’appello per sua tardività; dedussero infatti che, a istanza di C.A., alla compagnia appellante era stata notificata la sentenza in data 21 giugno 2013, e l’appello era stato depositato il 18 luglio 2013, ma notificato il 30 luglio successivo, ossia decorsi i trenta giorni di cui all’art. 325 c.p.c.; evidenziarono che il solo deposito non era sufficiente alla proposizione dell’appello, posto che il giudizio, pur essendo stato trattato originariamente con il rito speciale, aveva poi registrato l’implicito mutamento del rito al momento della decisione, poichè le parti avevano precisato le conclusioni e chiesto – ed ottenuto – la concessione dei termini ex art. 190 c.p.c., in esito al decorso dei quali era stata depositata la sentenza; sostennero che la notifica della sentenza, pur se effettuata ad istanza di un solo soggetto, faceva decorrere il termine per l’appello anche nei confronti degli altri, attesa la condizione di litisconsorzio necessario previsto ex lege tra i danneggiati, ai sensi del D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 140, comma 4. Le predette appellate eccepirono l’inammissibilità dell’appello anche in relazione al testo novellato dell’art. 342 c.p.c. e contestarono il gravame nel merito, anche sotto il profilo dell’art. 348-bis c.p.c., e ne chiesero infine il rigetto.

Eccezioni analoghe a quelle sollevate dalla C. e dalla Ca. vennero prospettate da Pe.Fu., B.E. e B.R., i quali inoltre, nel merito, sostennero di aver diritto a tutti i danni non patrimoniali richiesti nell’atto introduttivo, con estensione della domanda nei confronti dell’INA Assicurazioni S.p.a., ove ne fosse stata ammessa la chiamata.

Anche Bu.Gi. eccepì, in via preliminare, l’inammissibilità dell’appello ed aggiunse contestazioni soprattutto con riguardo all’azione di surroga dell’INAIL, ritenendo più contenuto il credito vantato dal detto istituto (Euro 417.166,44) in luogo di quello riconosciuto dal giudice (Euro 486.127,60).

Si costituì la Generali Business Solutions S.c.p.a., nella qualità di procuratrice della Generali Italia S.p.a. (già INA Assitalia S.p.a., nella qualità di impresa designata, che contestò il merito dell’impugnazione, ritenendola infondata ed immotivata.

L’INAIL – Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, si costituì con memoria contenente appello incidentale, notificata alle controparti nei termini di legge.

Nel gravame così proposto, tale ente chiese la riforma della sentenza con riguardo alle parti concernenti la domanda di surroga.

In relazione all’appello principale, l’istituto appellato e appellante incidentale eccepì preliminarmente l’assenza di prova della procura e dunque del potere di rappresentanza, sia sostanziale che processuale; nel merito, contestò i motivi dell’impugnazione.

In esito alla notifica dell’appello incidentale, Bu.Gi. depositò memoria difensiva.

La Corte d’Appello di Catanzaro, con sentenza depositata il 4 novembre 2014 così decise: 1) dichiarò inammissibile l’appello principale; 2) in parziale accoglimento dell’appello incidentale, condannò Sp.Fr., in solido con l’Alleanza Toro S.p.a., al pagamento delle somme riconosciute all’INAIL in surroga di Bu.Gi., Pe.Fu., B.R. e di Ca.An.; 3) in parziale accoglimento dell’appello incidentale, condannò l’Alleanza Toro S.p.a. e Sp.Fr., in solido, anche alla rivalutazione monetaria ed agli interessi “graduali” sulle somme riconosciute all’INAIL in surroga di Pe.Fu., B.R. e Ca.An. nei termini e con le decorrenze di cui nella motivazione di quella sentenza; 3) confermò nel resto l’impugnata decisione; 4) condannò l’Alleanza Toro Assicurazioni S.p.a. e Sp.Fr. al pagamento delle spese di quel grado.

Avverso la sentenza della Corte di merito Generali Italia S.p.a., già Alleanza Toro S.p.a. (già Toro Assicurazioni S.p.a.), a mezzo della propria mandataria e rappresentante Generali Business Solutions S.c.p.a., ha proposto ricorso per cassazione sulla base di otto motivi.

Hanno resistito con distinti controricorsi Bu.Gi., l’INAIL, C.A., Ca.An., Generali Italia S.p.a., già INA Assitalia S.p.a., in qualità di impresa designata per la Regione Calabria D.Lgs. n. 209 del 2005, ex art. 286 nonchè, con unico controricorso Pe.Fu., B.E. e B.R..

L’intimato Sp.Fr. non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Generali Italia S.p.a., anche quale impresa designata, ha depositato distinte memorie.

All’udienza del 20 dicembre 2017 è stata disposta l’acquisizione dei fascicoli di entrambi i gradi di merito.

In prossimità dell’odierna udienza l’INAIL e Generali Italia S.p.a., quest’ultima a mezzo della propria mandataria e rappresentante Generali Business Solutions S.c.p.a., hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1 Con il primo motivo si lamenta “Error in procedendo per avere la Corte di appello di Catanzaro ritenuto applicato ed applicabile il rito ordinario e, quindi, per aver inopinatamente dichiarato inammissibile l’appello svolto dalla Alleanza Toro S.p.A., pur non essendovi mai stato un mutamento del rito (art. 360 c.p.c., n. 4))”.

La parte ricorrente deduce che la Corte di merito ha ritenuto che il Tribunale avesse mutato il rito – da speciale in ordinario -, evidenziando a tale proposito che la Corte territoriale ha fatto riferimento all’udienza del 10 gennaio 2013, in cui il Tribunale aveva invitato le parti a precisare le conclusioni ed aveva assegnato i termini di ex art. 190 c.p.c., reputando che tali provvedimenti “indica(ssero) di necessità” l’intervenuto mutamento di rito, e ha rappresentato che la medesima Corte ha proseguito la trattazione anche nel grado di appello con l’asseritamente mutato rito ordinario (v. ricorso p. 23).

La ricorrente contesta che nell’ordinanza del 10 gennaio 2013 possa rinvenirsi un provvedimento di mutamento del rito; assume che al tempo dell’instaurazione della presente causa, ai sensi della L. n. 102 del 2006, art. 3 (vigente all’epoca e abrogato dalla L. n. 69 del 2009, art. 53, comma 1), ai giudizi relativi al risarcimento dei danni per morte o lesioni, conseguenti a sinistri stradali, si applicavano le disposizioni del codice di rito inerenti ai rapporti di lavoro; rappresenta che il già richiamato art. 53, comma 2 aveva tuttavia transitoriamente disposto che alle controversie già disciplinate dall’art. 3 predetto, pendenti alla data di entrata in vigore della L. n. 69 del 2009 (4 luglio 2009) dovessero continuare ad applicarsi le disposizioni di cui al cd. processo del lavoro, sicchè la presente controversia non avrebbe potuto essere trattata secondo le norme del rito ordinario; evidenzia che l’intero processo – tranne l’udienza del 10 gennaio 2013 – si sarebbe svolto secondo il c.d. rito del lavoro; deduce (v. ricorso p. 26) che la stessa Corte territoriale avrebbe dimostrato di aver proseguito nella trattazione con il rito speciale anche dopo l’udienza del 10 gennaio 2013, leggendosi nella sentenza impugnata in questa sede che (v. p. 10): “In esito alla comparizione delle parti e previo deposito, da parte dell’Alleanza Toro Spa, per la produzione della procura, la causa veniva rimessa per la discussione e quindi decisa con lettura del dispositivo all'”udienza del 29 ottobre 2014”.

Pertanto, la ricorrente sostiene che sarebbe “arbitrario, irragionevole ed ingiustificatamente lesivo dei diritti dell’istante dichiarare l’inammissibilità del gravame sulla base di una semplice distrazione del Tribunale… atteso che l’Alleanza Toro S.p.A. non avrebbe in alcun modo potuto comprendere di essere di fronte ad un provvedimento di mutamento del rito, a fortiori in un quadro processuale nel quale lo stesso Collegio catanzarese riconosce candidamente di aver fatto applicazione del rito speciale, come si evince dal riportato passaggio della decisione impugnata”.

2. Con il secondo motivo, rubricato “Violazione/falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 427 c.p.c. e della L. n. 102 del 2006, art. 3 per avere la Corte d’Appello di Catanzaro ritenuto applicato ed applicabile il rito ordinario, pur non essendovi mai stato un mutamento del rito ed in carenza dei presupposti per tale mutamento (art. 360 c.p.c., n. 3))”, la ricorrente, “in via alternativa o integrativa rispetto alla precedente doglianza”, deduce che a sostegno dell’asserita conversione del rito, non militerebbe alcuna ragione, che l’invito alle parti di precisare le conclusioni sarebbe “un mero errore e non un provvedimento, quale risultato di una scelta consapevole del giudicante” e che del resto, ove così non fosse, dovrebbe ritenersi esistente “una situazione di gravissima incertezza indotta dall’inopinata condotta del Giudice di promo grado – ma anche (e soprattutto) da quanto richiamato nella sentenza della Corte d’Appello – con conseguente numero di possibilità pari al 50% per la Alleanza Toro S.p.A. (già Toro Assicurazioni S.p.A.), di optare per la scelta esatta nella proposizione dell’appello”.

Ad avviso della ricorrente, la Corte di merito, nel ritenere mutato il rito non solo avrebbe commesso un gravissimo error in procedendo ma avrebbe anche violato e falsamente applicato le norme che disciplinano il passaggio dal rito speciale a quello ordinario, non sussistendo alcuna ragione per disporre tale mutamento.

3. Con il terzo motivo si lamenta “Conseguente violazione/falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 325,326 e 434 c.p.c. e della L. n. 102 del 2006, art. 3 per avere la Corte d’Appello di Catanzaro erroneamente dichiarato inammissibile l’appello svolto dalla Alleanza Toro S.p.A., nonostante il processo si svolgesse secondo il rito speciale e non vi fosse mai stato mutamento di rito (art. 360 c.p.c., n. 3))”.

Sostiene la ricorrente che la sentenza impugnata, quale effetto della ritenuta mutatio del regime processuale, ha dichiarato la tardività e, quindi, l’inammissibilità dell’appello dalla medesima proposto per essere stata la notifica dell’atto di appello richiesta successivamente allo scadere di trenta giorni di cui all’art. 325 c.p.c., decorrente dalla notificazione della sentenza di primo grado. Tale ragionamento sarebbe, ad avviso della ricorrente, errato nei suoi presupposti, non essendovi stato effettivamente il mutamento del rito, in difetto di emissione di un’ordinanza a tale riguardo.

4. In linea subordinata, con il quarto motivo si deduce “violazione/falsa applicazione dell’art. 111 Cost., comma 4, e art. 134 c.p.c. – ancorchè in via mediata – per avere la Corte d’Appello di Catanzaro ritenuto mutato il rito, da speciale ad ordinario, senza alcuna motivazione, atteso il recepimento sic et simpliciter di una presunta ordinanza del Tribunale priva dell’esplicazione dei motivi per i quali sarebbe stato mutato il rito; conseguentemente, per aver dichiarato inammissibile l’appello della Alleanza Toro S.p.A. (art. 360 c.p.c., n. 3))”.

Sostiene la ricorrente che, ove mai potesse ritenersi esistente un’ordinanza di mutamento del rito, la stessa sarebbe abnorme e priva della succinta motivazione di cui all’art. 134 c.p.c. e da ritenersi inesistente e comunque illegittimo, in quanto emesso in totale carenza di motivazione e dei presupposti per la sua adozione.

5. Con il quinto motivo si deduce “In ulteriore subordine error in procedendo per non avere la Corte d’Appello proceduto ad un nuovo mutamento del rito ai sensi dell’art. 439 c.p.c. (da ordinario a speciale), ove si ritenesse mutato il rito in primo grado (da speciale ad ordinario) rientrando il giudizio in quelli sottoposti al c. d. “rito del lavoro”, ai sensi della L. n. 102 del 2006, art. 3 e, quindi, per non avere dichiarato ammissibile l’appello svolto dalla Alleanza Toro S.p.A. (art. 360 c.p.c., n. 4)”.

Sostiene la ricorrente che, nell’ipotesi in cui dovesse ritenersi avvenuto un mutamento del rito ad opera del Tribunale, la Corte di merito avrebbe dovuto avvedersi dell’errore del giudice di prime cure e ricondurre d’ufficio il processo nel corretto alveo, procedendo ad un nuovo mutamento del rito in senso inverso, il che avrebbe comportato l’ammissibilità dell’appello proposto.

6. Con il sesto motivo si lamenta “Sempre in via ulteriormente subordinata, violazione/falsa applicazione dell’art. 409 c.p.c. e ss. e della L. n. 102 del 2006, art. 3 per non avere la Corte territoriale proceduto ad un nuovo mutamento del rito (da ordinario a speciale), ove si ritenesse mutato il rito in primo grado, rientrando il giudizio in quelli sottoposti al c. d. “rito del lavoro”, ai sensi della L. n. 102 del 2006, art. 3 e, quindi, per non avere dichiarato ammissibile l’appello svolto dalla Alleanza Toro S.p.a. (art. 360 c.p.c., n. 3)”.

7. I primi sei motivi, che per connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono tutti infondati.

7.1. Osserva il Collegio che certamente con la concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. è stato disposto il mutamento del rito da speciale in ordinario in primo grado senza che nulla abbiano opposto le parti presenti, con la precisazione che dal verbale di udienza 10 gennaio 2013, a differenza di quanto indicato nella sentenza impugnata in questa sede (v. p. 11), risulta che non erano presenti tutte le parti, non essendo comparso nessuno per INAIL che, comunque, nulla ha contestato in relazione al rito adottato.

Risulta dal medesimo verbale che tutte le parti presenti all’udienza del 10 gennaio 2013 hanno chiesto di precisare le conclusioni e a tanto ha espressamente dichiarato di non opporsi il procuratore dell’attuale ricorrente, il quale, unitamente agli altri difensori presenti, ha pure rassegnato le sue conclusioni.

Il Tribunale, quindi, aderendo alle richieste formulate, ha invitato le parti a precisare le rispettive conclusioni e ha pure loro concesso i termini di cui all’art. 190 c.p.c.. Pertanto, deve ritenersi che sussista un provvedimento che, sia pure implicitamente, ha operato il cambio del rito nè tale provvedimento risulta essere stato contestato all’epoca dalla ricorrente, che non risulta averne richiesto la revoca o la modifica.

Peraltro, va precisato che, per il passaggio da rito speciale al rito ordinario, non è, secondo Cass. 9/10/1990 n. 9902, necessario un provvedimento formale ove non ricorra una delle ipotesi previste dall’art. 427 c.p.c. (necessità di regolarizzare gli atti secondo le disposizioni tributarie o mutamento di competenza).

Va quindi ribadito, anche in questa sede, il principio più volte affermato da questa Corte e del quale risulta aver fatto corretta applicazione la sentenza impugnata, secondo cui, ove una controversia sia stata – sia pur erroneamente – trattata in primo grado con il rito ordinario, anzichè con quello speciale del lavoro, le forme del rito ordinario debbono essere seguite anche per la proposizione dell’appello, che, dunque, va proposto con citazione ad udienza fissa. Se, invece, la controversia sia stata trattata con il rito del lavoro anzichè con quello ordinario, la proposizione dell’appello segue le forme della cognizione speciale; ciò, in ossequio al principio della ultrattività del rito, che – quale specificazione del più generale principio per cui l’individuazione del mezzo di impugnazione esperibile deve avvenire in base al principio dell’apparenza, cioè con riguardo esclusivo alla qualificazione, anche implicita, dell’azione e del provvedimento compiuta dal giudice – trova fondamento nel fatto che il mutamento del rito con cui il processo è erroneamente iniziato compete esclusivamente al giudice (Cass., ord., 9/08/2018, n. 20705, Cass. 11/07/2014, n. 15897; Cass. 14/01/2005, n. 682).

Va poi evidenziato che la doglianza relativa all’erroneità del mutamento del rito, ove operato con l’ordinanza del 10 gennaio 2013 (v. quarto motivo del ricorso) va disattesa, in quanto, secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, che va in questa sede ribadito, l’omesso mutamento del rito (da quello speciale del lavoro a quello ordinario e viceversa) non determina ipso iure l’inesistenza o la nullità della sentenza ma assume rilevanza invalidante soltanto se la parte che se ne dolga in sede di impugnazione indichi lo specifico pregiudizio processuale concretamente derivatole dalla mancata adozione del rito diverso, quali una precisa e apprezzabile lesione del diritto di difesa, del contraddittorio e, in generale, delle prerogative processuali protette della parte (Cass. 27/01/2015, n. 1448; Cass. 18/07/2008, n. 19942), ma siffatte specifiche censure non risulta siano state, nella specie, proposte.

Neppure rileva, ai fini che interessano in questa sede, che la Corte di merito abbia poi indicato a p. 10 della sentenza ora impugnata che: “In esito alla comparizione delle parti e previo deposito, da parte dell’Alleanza Toro Spa, per la produzione della procura, la causa veniva rimessa per la discussione e quindi decisa con lettura del dispositivo all’udienza del 29 ottobre 2014”, trattandosi di circostanza successiva alla proposizione dell’appello della cui ammissibilità si discute in questa sede nè può la ricorrente dolersi del fatto che la Corte territoriale non abbia provveduto ad un ulteriore cambiamento del rito, evidenziandosi, peraltro, che tanto avrebbe potuto avere effetti in relazione ad atti successivi ad un siffatto provvedimento ma non certo sanare quelli irrituali posti in essere precedentemente.

8. Con il settimo motivo si deduce “In via ancor più subordinata, error in procedendo in ordine alla declaratoria di inammissibilità dell’appello nei confronti delle parti diverse dalla sig.ra C.A., nonostante l’affermata scindibilità delle cause e la tempestività dell’appello nei riguardi di dette parti (art. 360 c.p.c., n. 4) “.

Assume la ricorrente che, nel dichiarare la tardività e la conseguente inammissibilità dell’appello dalla medesima proposto anche nei riguardi degli altri soggetti, la Corte territoriale avrebbe implicitamente ritenuto le diverse cause inscindibili laddove la stessa Corte, con l’ordinanza del 17 ottobre 2013, con cui aveva provveduto sull’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado, aveva ritenuto le cause scindibili.

9. Con l’ottavo motivo si deduce “Sempre in via ancor più subordinata, violazione/falsa applicazione degli artt. 327 e 332 c.p.c. per aver ritenuto la Corte territoriale inammissibile l’appello nei confronti anche delle parti diverse dalla sig.ra C.A., nonostante la dichiarata scindibilità delle cause e la tempestività della proposizione in dell’appello nei confronti delle altre parti (art. 360 c.p.c., n. 3))”.

10. Gli ultimi due motivi, essendo strettamente connessi, possono essere esaminati congiuntamente e sono anch’essi infondati.

10.1. Trattasi pacificamente di controversia iniziata dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 209 del 2005 sicchè alla stessa va applicato l’art. 140 della normativa appena richiamata, che ha introdotto il litisconsorzio necessario sostanziale fra l’impresa di assicurazione e la pluralità di persone danneggiate da un sinistro stradale (e ciò vale anche per l’INAIL che ha agito in surroga) comunque, trattasi di cause tra loro dipendenti per le quali sussiste quanto meno un litisconsorzio processuale (o litisconsorzio unitario o quasi necessario) sicchè nella specie è applicabile la regola, propria delle cause inscindibili, dell’unitarietà del termine per proporre impugnazione, con la conseguenza che la notifica della sentenza eseguita da una delle parti segna, nei confronti della stessa e della parte destinataria della notificazione, l’inizio del termine breve per impugnare contro tutte le altre parti, sicchè la decadenza dall’impugnazione per scadenza del termine esplica effetto nei confronti di tutte le parti (Cass., ord., 7/06/2018 n. 14722; Cass. 29/09/2011, n. 19869).

Nè rileva quanto affermato nell’ordinanza richiamata, trattandosi di ordinanza non decisoria, superata dalla sentenza emessa dalla Corte di appello a conclusione del secondo grado del giudizio di merito.

11. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

12. Tenuto conto della particolarità della vicenda esaminata, vanno compensate per intero tra tutte le parti le spese del presente giudizio di cassazione.

13. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; compensa per intero tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2019

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