Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18047 del 05/07/2019

Cassazione civile sez. III, 05/07/2019, (ud. 20/11/2018, dep. 05/07/2019), n.18047

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1387/2017 proposto da:

C.S., in proprio e quale titolare della omonima ditta,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLA CONCILIAZIONE 44,

presso lo studio dell’avvocato GREGORIO EQUZI, rappresentato e

difeso dall’avvocato STEFANO MIGLIETTA giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.C.A., E.M.P., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA DEI CONDOTTI 9 ST. PICOZZI E. M., presso lo

studio dell’avvocato VINCENZO ROBERTO PALMISANO, rappresentati e

difesi dall’avvocato ROBERTO PALMISANO giusta procura speciale in

calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

N.F.P., ALLIANZ SPA, GIA’ LLOYD ADRIATICO SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 558/2016 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 07/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/11/2018 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 7/6/2016 la Corte d’Appello di Lecce ha – per quanto ancora d’interesse in questa sede – respinto i gravami interposti dal sig. C.S. – titolare dell’omonima impresa individuale -, in via principale, e dai sigg. E.M.P. e B.C., in via incidentale, in relazione alla pronunzia Trib. Brindisi 31/12/2012, di: a) accoglimento, della domanda da questi ultimi nei confronti del primo – nella qualità – proposta di “risarcimento dei danni” subiti dal “fabbricato di loro proprietà in conseguenza di lavori di demolizione e ricostruzione dell’edificio limitrofo di proprietà del N. eseguiti nel marzo del 2003”; b) inammissibilità della “domanda di manleva proposta dal C. nei confronti di Lloyd Adriatico Ass.ni s.p.a., per difetto di ius postulandi, “trattandosi di praticante avvocato abilitato al patrocinio esclusivamente nelle cause di valore non superiore ad Euro 25.822,24 – mentre il valore del procedimento era stato dichiarato ex art. 10 c.p.c. in Euro 50.000,00 -“.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il C., nella qualità, propone ora ricorso per cassazione, affidato a 5 motivi, illustrati da memoria.

Resistono con controricorso l’ E. e la B., solamente in relazione ai motivi 2, 3 e 5 del ricorso avversario.

Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo il ricorrente denunzia “violazione o falsa applicazione” degli artt. 82 e 182 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Si duole che la corte di merito abbia ritenuto “atti giuridicamente inesistenti, per difetto di ius postulandi ex art. 82 c.p.c., u.c., tanto la iniziale comparsa di costituzione, quanto l’atto di chiamata in causa, della ditta C.”, e ne abbia “predicato, in ragione di un tanto, la insanabilità, qualificando la successiva costituzione ad opera dell’avv. D’Urso… ai sensi dell’art. 293 c.p.c.”, erroneamente ritenendo “non… possibile estendere la sanatoria, e comunque la modifica dell’art. 182 c.p.c., neppure in via interpretativa, agli atti de quibus, in ragione della loro asserita inesistenza, non tenendo invero “conto della possibilità, sancita dalla giurisprudenza di legittimità, seguita da quella di merito, di estendere la sanatoria anche alle ipotesi di inesistenza del negozio rappresentativo”.

Lamenta non essersi dalla corte di merito considerato come nella giurisprudenza di legittimità si sia sottolineato doversi interpretare “la vecchia formulazione dell’art. 182 c.p.c., comma 2 … alla luce della riforma del 2009”, secondo “le modifiche apportate dalla L. n. 69 del 2009, art. 46, comma 2”, sicchè alla “successiva costituzione in giudizio dell’avv. D’Urso devono… obbligatoriamente ricondursi effetti sananti ex tunc degli atti antecedentemente compiuti”.

Con il 2, il 3 (subordinato), il 4 (subordinato) e il 5 (subordinato) motivo denunzia “omesso esame” di fatti decisivi per il giudizio, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Si duole che la corte di merito abbia “omesso di esaminare la censura” concernente la “assoluta inefficacia ed inammissibilità dell’accertamento tecnico preventivo esperito, siccome avvenuto in violazione del principio del contraddittorio, per essere stato svolto in assenza della ditta C.”, “falsamente motivando tale omissione sull’erroneo presupposto che la decisione del Giudice di prime cure non sarebbe stata fondata sulle risultanze del suddetto ATP”.

Lamenta che “la sentenza ha omesso di esaminare le specifiche censure sulla derivazione causale e sulle quantificazioni dei danni svolte in appello dall’odierno ricorrente, falsamente motivando tale omissione sull’erroneo presupposto che la derivazione causale dei danni subiti sia stata adeguatamente provata da parte attrice”.

Lamenta, ancora, che “la sentenza ha omesso di esaminare le specifiche censure sulla responsabilità dell’ente assicurativo chiamato in garanzia, svolte in appello dall’odierno ricorrente, falsamente motivando tale omissione sull’erroneo rigetto del primo motivo di appello”.

I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati.

Va anzitutto osservato che i motivi risultano formulati in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, atteso che il ricorrente fa riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito (es., all'”atto di citazione notificato in data 23.6.2004″, al “ricorso del 6.7.2004″, all'”accertamento tecnico preventivo… espletato dal CTU ing. F.L. con relazione tecnica depositata il 25.01.2005”, alla chiamata in causa della compagnia assicurativa Lloyd Adriatico Assicurazioni s.p.a., poi divenuta Allianz s.p.a., alla stipulata “apposita polizza volta a tenerla indenne dal rischio per la responsabilità civile derivante dall’attività svolta”, alla “comparsa del 14.10.2005”, alla CTU del 20/2/2007, alle “richieste istruttorie formulate dalle parti”, alla sentenza del giudice di prime cure, all’atto di appello dell’8/272013, alla CTP, alla “comparsa di costituzione e risposata con appello incidentale” di controparte, alla “comparsa di risposta del 24.6.2013” della società Allianz s.p.a., alla comparsa di costituzione dell’11.4.2013 del N., alla “successiva costituzione ad opera dell’avv. D’Urso (all’udienza del 27.4.2006) ai sensi dell’art. 293 c.p.c.”, alla stipulata “polizza assicurativa n. (OMISSIS)”, all'”art. 15 della polizza assicurativa”, alle “specifiche censure sulla responsabilità del convenuto originario N.”) limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente (per la parte strettamente d’interesse in questa sede) riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte Suprema di Cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220), con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti (anche) in sede di giudizio di legittimità (v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008, n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass., 6/11/2012, n. 19157), la mancanza anche di una sola di tali indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701).

A tale stregua non deduce le formulate censure in modo da renderle chiare ed intellegibili in base alla lettura del ricorso, non ponendo questa Corte nella condizione di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il relativo fondamento (v. Cass., 18/4/2006, n. 8932; Cass., 20/1/2006, n. 1108; Cass., 8/11/2005, n. 21659; Cass., 2/81/2005, n. 16132; Cass., 25/2/2004, n. 3803; Cass., 28/10/2002, n. 15177; Cass., 12/5/1998 n. 4777) sulla base delle deduzioni contenute nel medesimo (v. Cass., 24/3/2003, n. 3158; Cass., 25/8/2003, n. 12444; Cass., 1/2/1995, n. 1161).

Non sono infatti sufficienti affermazioni -come nel caso apodittiche, non seguite da alcuna dimostrazione (v. Cass., 21/8/1997, n. 7851).

E’ al riguardo appena il caso di osservare che i requisiti di formazione del ricorso per cassazione ex art. 366 c.p.c., vanno indefettibilmente osservati, a pena di inammissibilità del medesimo.

Essi rilevano ai fini della giuridica esistenza e conseguente ammissibilità del ricorso, assumendo pregiudiziale e prodromica rilevanza ai fini del vaglio della relativa fondatezza nel merito, che in loro difetto rimane invero al giudice imprescindibilmente precluso (cfr. Cass., 6/7/2015, n. 13827; Cass., 18/3/2015, n. 5424; Cass., 12/11/2014, n. 24135; Cass., 18/10/2014, n. 21519; Cass., 30/9/2014, n. 20594; Cass., 5 19/6/2014, n. 13984; Cass., 20/1/2014, n. 987; Cass., 28/5/2013, n. 13190; Cass., 20/3/2013, n. 6990; Cass., 20/7/2012, n. 12664; Cass., 23/7/2009, n. 17253; Cass., 19/4/2006, n. 9076; Cass., 23/1/2006, n. 1221).

Va per altro verso posto in rilievo che, al di là della formale intestazione dei motivi, i ricorrenti prospettano in realtà doglianze di vizio di motivazione al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053), nel caso ratione temporis applicabile, sostanziantesi nel mero omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche come nella specie la “falsità” della motivazione ovvero l’omessa e a fortiori l’erronea valutazione di determinate emergenze probatorie (cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053, e, conformemente, Cass., 29/9/2016, n. 19312).

Quanto al merito, va posto in rilievo che come da questa Corte – anche a sezioni Unite affermato, l’atto giudiziale (nella specie la citazione di chiamata in causa della compagnia assicurativa Lloyd Adriatico Assicurazioni s.p.a., poi divenuta Allianz s.p.a.) di avvocato privo di “ius postulandi” in quanto abilitato all’esercizio della professione non è applicabile l’art. 182 c.p.c., comma 2, (come modificato dalla L. n. 69 del 2009, art. 46, comma 2) allorquando come nella specie la regolarizzazione non avvenga in favore del soggetto o del procuratore già costituito ma si abbia la costituzione in giudizio di soggetto diverso, iscritto all’albo, previo rilascio di mandato speciale (cfr. Cass., Sez. Un., 27/4/2017, 10414), giacchè la sanatoria ivi prevista si applica nelle ipotesi di nullità e non anche, come nella specie, viceversa di originaria inesistenza (cfr. Cass., 4/10/2018, n. 24257. Cfr. altresì, con riferimento all’ipotesi della cancellazione dall’albo, Cass., 13/5/2005, n. 10049; Cass., 6/3/2003, n. 3299; Cass., 17/7/1999, n. 7577; Cass., 26/11/1998, n. 12002; Cass., Sez. Un., 21/11/1996, n. 10284) ovvero di nullità assoluta ed insanabile (v. Cass., 19/12/2014, n. 26898; Cass., 23/9/2009, n. 20436) dell’atto.

Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, l’iscrizione all’albo professionale di cui al R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 24, ha natura costitutiva ai fini dell’esercizio della libera professione forense davanti ai tribunali o alle corti di appello, con la conseguenza che nella vigenza della citata normativa l’atto sottoscritto da un praticante non ancora iscritto all’albo professionale degli avvocati è affetto da nullità assoluta ed insanabile, rilevabile anche d’ufficio in qualsiasi stato e grado del processo, riguardando la violazione di norme di ordine pubblico attinenti alla regolare costituzione del rapporto processuale (v. Cass., 19/12/2014, n. 26898), attesa la stretta attinenza alla costituzione del rapporto processuale (v., con riferimento a praticante abilitato a svolgere soltanto l’attività indicata al R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 8,Cass., 23/9/2009, n. 20436).

A tale stregua non viene pertanto in rilievo, difettandone i presupposti, il principio affermato da questa Corte in base al quale l’art. 182 c.p.c., comma 2, (come modificato dalla L. n. 69 del 2009, art. 46, comma 2, ma anche nel testo anteriore alle introdotte modifiche: v. Cass., 20/6/2017, n. 15156, e, conformemente, Cass. 14/11/2017, n. 26948) deve essere interpretato nel senso che ove rilevi un difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione il giudice deve promuovere la sanatoria, in qualsiasi fase e grado del giudizio ed indipendentemente dalle cause del predetto difetto, assegnando un termine alla parte che non vi abbia già provveduto di sua iniziativa, con effetti ex tunc, senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali (v. Cass., 20/6/2017, n. 15156, e, conformemente, Cass. 14/11/2017, n. 26948).

Orbene, dei suindicati principi la corte di merito ha nell’impugnata sentenza fatto invero piena e corretta applicazione.

In particolare là dove ha affermato che “la modifica dell’art. 182 c.p.c., disposta con la L. n. 69 del 2009, che al comma 2, ha introdotto l’obbligatorietà dell’intervento del giudice nel rilievo e nella concessione di un termine per la sanatoria delle irregolarità della costituzione delle parti, non è applicabile al caso di specie neppure quale canone interpretativo della norma nel testo precedentemente vigente, in quanto – come esattamente rilevato dal giudice di prime cure – gli atti de quibus non sono viziati da nullità ma sono da considerarsi giuridicamente inesistenti e come tali insuscettibili di sanatoria”.

Si evince, a tale stregua, come le restanti censure rimangano logicamente assorbite.

Emerge dunque evidente come, lungi dal denunziare vizi della sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili, le deduzioni degli odierni ricorrenti, oltre a risultare formulate secondo un modello difforme da quello delineato all’art. 366 c.p.c., n. 4, si risolvono in realtà nella mera doglianza circa l’asseritamente erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi dalle loro aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella nel caso operata dai giudici di merito (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).

Per tale via in realtà sollecitano, contra ius e cercando di superare i limiti istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei giudici della Corte di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (cfr. Cass., 14/3/2006, n. 5443).

All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.

Le ragioni della decisione costituiscono giusti motivi per disporsi la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.

Non è viceversa a farsi luogo a provvedimento in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore degli altri intimati, non avendo i medesimi svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 luglio 2019

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