Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18045 del 28/08/2020

Cassazione civile sez. II, 28/08/2020, (ud. 14/02/2020, dep. 28/08/2020), n.18045

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 165-2016 proposto da:

D.R.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE G.

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARIA CIPOLLA,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FILIPPO VERNA;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso

lo studio dell’avvocato ELEONORA ZICCHEDDU, rappresentato e difeso

dall’avvocato BARBARA PIROCCHI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3153/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 21/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/02/2020 dal Consigliere Dott. SCARPA ANTONIO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

D.R.A., ha proposto ricorso articolato in tre motivi avverso la sentenza n. 3153/2015 della Corte d’appello di Roma, pubblicata il 21 maggio 2015.

Il Condominio di via (OMISSIS), resiste con controricorso.

D.R.A., S.G.D., F.F., T.D., P.C., B.E.P., B.C., B.S., A.F. e Z.L. impugnarono la deliberazione assembleare 8 maggio 2008 del Condominio di via (OMISSIS), che aveva ripartito tra i soli proprietari degli “appartamenti sottostanti la parte di lastrico interessata dai lavori” le spese di rifacimento del lastrico solare di uso esclusivo del condomino G.R..

Gli attori dedussero che l’edificio condominiale è costituito da quattro scale, in parte coperto da tetto (circa i 3/4, corrispondenti alle scale B, C, D) ed in parte coperto da un lastrico solare (quello, appunto, adibito ad uso esclusivo del condomino G.R., in corrispondenza della scala A); che il regolamento condominiale prevede la “proprietà condominiale”, fra l’altro, delle zone indicate nell’allegata planimetria, compresi gli androni di accesso e le relative scale; che la sentenza 14 gennaio 2003, passata in giudicato, aveva già accertato che il “tetto” non è oggetto di un condominio parziale, sicchè alle relative spese di manutenzione devono partecipare anche i condomini della scala A, benchè coperti da lastrico. In definitiva, l’impugnazione di delibera chiedeva di dichiarare che tutti i condomini del Condominio di via (OMISSIS) dovessero concorrere nella misura di 2/3 alle spese di riparazione e ricostruzione del lastrico solare.

Il Tribunale di Roma con sentenza del 29 settembre 2009 accolse la domanda. Propose gravame il Condominio di via (OMISSIS), e la Corte d’appello riformò la decisione del Tribunale. La sentenza impugnata ha evidenziato come gli appellati non avessero depositato il proprio fascicolo di parte di primo grado, verosimilmente contenente il Regolamento di condominio e la sentenza 14 gennaio 2003 del Tribunale di Roma, documenti su cui era fondata la pronuncia del Tribunale. Non potendo prendere in esame di tali documenti, la Corte d’appello ha ritenuto corretta la ripartizione delle spese contenuta nella delibera assembleare 8 maggio 2008 del Condominio di via (OMISSIS), in applicazione dell’art. 1126 c.c., il quale fa riferimento alla “parte dell’edificio a cui il lastrico solare serve”, e quindi ai soli proprietari degli appartamenti sottostanti la parte di lastrico interessata dai lavori.

La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma dell’art. 375 c.p.c., comma 2, e art. 380 bis c.p.c., comma 1.

Il ricorrente ha depositato in data 1 febbraio 2020 memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1.

1. Il primo motivo del ricorso di D.R.A. denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c., artt. 342,345 e 346 c.p.c. e art. 76 disp. att. c.p.c., ovvero delle norme e dei principi sulla distribuzione dell’onere della prova nel processo di appello, dovendo gravare sul Condominio appellante l’onere di produrre copia del Regolamento di condominio e della sentenza 14 gennaio 2003 del Tribunale di Roma.

Il secondo motivo del ricorso di D.R.A. denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c., art. 115 c.p.c., comma 1 e del principio di non contestazione, essendo incontroverse la struttura dell’edificio e la sua articolazione in scale oggetto di “condominio generale”, assicurando “il lastrico solare la copertura dell’intero fabbricato insieme al tetto”, oltre che di beni comuni, quali l’alloggio del portiere, il locale lavatoio, ecc. Il terzo motivo del ricorso di D.R.A. allega la violazione e falsa applicazione degli artt. 1117 e 1126 c.c., circa il criterio di individuazione delle parti comuni dell’edificio e del principio di suddivisione delle spese, essendo il lastrico solare comunque “parte condominiale” e mancando prova che esso, nel caso in esame, serva esclusivamente i condomini attori in primo grado.

1.1. Va premesso che il ricorso per cassazione è stato proposto soltanto da D.R.A., nei confronti del Condominio di via (OMISSIS). Erano stati tuttavia parte dei pregressi gradi del giudizio, ed in particolare attori in primo grado, come emerge dalla sentenza impugnata, altresì S.G.D., F.F., T.D., P.C., B.E.P., B.C., B.S., A.F. e Z.L.. Secondo unanime orientamento di questa Corte, l’impugnazione di una delibera assembleare di condominio determina fra i condomini che siano stati parte del giudizio una situazione di litisconsorzio processuale, sicchè, ove la sentenza che ha statuito su tale impugnativa venga impugnata da alcuni soltanto di tali condomini, il giudice del gravame deve disporre, ex art. 331 c.p.c., l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri, quali parti di una causa inscindibile (da ultimo, Cass. Sez. 2, 26/09/2017, n. 22370). In ogni modo, nel caso in esame, la fissazione del termine ex art. 331 c.p.c., in forza del principio della ragionevole durata del processo, deve ritenersi superflua, in quanto il ricorso appare “prima facie” infondato, e l’integrazione del contraddittorio si rivela, perciò, attività del tutto ininfluente sull’esito del procedimento (Cass. Sez. U, 23/09/2013, n. 21670).

1.2.1 tre motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi, e si rivelano infondati.

1.2.1. E’ certo che, secondo l’interpretazione costante offerta da questa Corte, l’appellante è tenuto a fornire la dimostrazione delle proprie censure, essendo l’appello una “revisio” fondata sulla denunzia di specifici “vizi” di ingiustizia o nullità della sentenza impugnata, individuati ai sensi dell’art. 342 c.p.c.. Ne consegue che è onere dell’appellante, quale che sia stata la posizione da lui assunta nella precedente fase processuale, produrre, o ripristinare in appello se già prodotti in primo grado, i documenti sui quali egli basa il proprio gravame, o comunque attivarsi perchè questi documenti possano essere sottoposti all’esame del giudice di appello, senza che gli stessi possano, peraltro, qualificarsi come “nuovi” agli effetti dell’art. 345 c.p.c. (cfr., ad es., Cass. Sez. L, 22/01/2013, n. 1462; Cass. Sez. U, 08/02/2013, n. 3033; Cass. Sez. 3, 09/06/2016, n. 11797; Cass. Sez. 2, 23/01/2018, n. 1628). In virtù del principio dispositivo delle prove, il mancato reperimento nel fascicolo di parte, al momento della decisione, di alcuni documenti ritualmente prodotti, si presume, peraltro, espressione, in assenza della denuncia di altri eventi, di un atto volontario della parte stessa, che è libera di ritirare il proprio fascicolo e di omettere la restituzione di esso o di alcuni dei documenti ivi contenuti. Risulta del pari evidente, inoltre, che, a differenza di quanto si sostiene nel primo motivo di ricorso, non può dirsi certamente onerato l’appellante di produrre o ripristinare in appello i documenti già prodotti in primo grado dall’appellato e risultati a quest’ultimo favorevole, subendo, piuttosto, il medesimo appellato le conseguenze della mancata esibizione del proprio fascicolo di parte. Il giudice d’appello deve comunque decidere il gravame sulla base dei soli atti a sua disposizione, giustificandosi in ogni caso il mancato ripristino in appello dei documenti già prodotti in primo grado sulla base di una conforme implicita volontà della parte interessata. La Corte d’Appello di Roma ha così correttamente affermato di dover verificare la fondatezza dei motivi di gravame avanzati dal Condominio di via (OMISSIS) senza tener conto del Regolamento di condominio e del giudicato costituito dalla sentenza 14 gennaio 2003 del Tribunale di Roma, in quanto inseriti nel fascicolo di parte appellata (e attrice) di primo grado, non riprodotto dinanzi ad essa.

1.2.2. Sono comunque implausibili le ragioni diritto poste a sostegno del ricorso.

Al fine di accertare, nell’ambito di un giudizio di impugnazione di deliberazione assembleare, l’obbligo dei condomini di sostenere le spese di manutenzione di un bene, ovvero, come nella specie, di un lastrico solare, la cui comune appartenenza si “presume”, ex art. 1117 c.c., “se non risulta il contrario dal titolo”, occorre gradatamente verificare dapprima che la res, per le sue caratteristiche strutturali, risulti destinata oggettivamente al servizio esclusivo di una o più unità immobiliari (cfr. Cass. Sez. U, 07/07/1993, n. 7449), in quanto avente funzione di copertura e protezione dagli agenti atmosferici dei vani sottostanti, e poi, sia pure in via di accertamento meramente incidentale, se sussista un titolo contrario alla “presunzione” di condominialità, facendo riferimento esclusivo al primo atto di trasferimento di un’unità immobiliare dell’originario proprietario ad altro soggetto. Dunque, ai fini dell’individuazione del regime proprietario di un lastrico solare, come di un tetto, non può assumere rilievo un regolamento di condominio, e tanto meno la planimetria ivi riportata, a meno che non si tratti di regolamento espressione di autonomia negoziale, approvato o accettato col consenso individuale dei singoli condomini (cfr. Cass. Sez. 2, 16/09/2019, n. 23001).

Le censure contenute nel ricorso erroneamente suppongono, peraltro (anche ai fini della valenza in questa causa dell’invocato giudicato contenuto nella sentenza 14 gennaio 2003), una fungibilità, in termini di regime condominiale e di correlato riparto tra le spese, tra beni, invece, del tutto diversi, quali i “tetti” (che, nella specie, coprono le scale B, C e D del Condominio di via (OMISSIS) e che erano stati oggetto della decisione del 14 gennaio 2003) ed i “lastrici solari” (quale, nella specie, quello ad uso esclusivo del condomino G.R., a copertura della scala A).

I tetti (salvo quelli che siano per titolo negoziale di proprietà esclusiva) rientrano, per la loro funzione necessaria all’uso collettivo, fra le cose comuni, le cui spese di conservazione sono assoggettate alla ripartizione in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive, ai sensi della prima parte dell’art. 1123 c.c., non ricomprendendosi, per contro, fra quelle parti suscettibili di destinazione al servizio dei condomini in misura diversa, ovvero al godimento di alcuni condomini e non di altri, di cui all’art. 1123 c.c., commi 2 e 3. La ripartizione delle spese di manutenzione proporzionate all’uso delle cose comuni o correlate all’utilità che se ne tragga non si giustifica, infatti, con riferimento a quelle parti, come appunto il tetto (o la facciata), che costituiscono le strutture essenziali ai fini dell’esistenza stessa dello stabile unitariamente considerato e che sono destinate a servire in maniera eguale ed indifferenziata le varie unità immobiliari dell’edificio (Cass. Sez. 6 – 2, 07/10/2019, n. 24927; Cass. Sez. 2, 03/01/2013, n. 64; Cass. Sez. 2, 04/05/1999, n. 4403; Cass. Sez. 2, 29/04/1993, n. 5064; Cass. Sez. 2, 27/11/1990, n. 11423; Cass. Sez. 2, 22/12/2014, n. 27154).

Il lastrico solare di uso esclusivo (che è quello di cui si discute nel presente giudizio, stando a quanto accertato in sede di merito) costituisce, diversamente dal tetto, quella superficie terminale dell’edificio dotata di accessibilità ed adibita, quale accessorio, oltre che alla funzione di copertura, alla utilizzazione esclusiva di uno degli appartamenti in forza di diritto, di carattere reale o personale, che risulti dal titolo. In ipotesi di lastrico solare di uso esclusivo trova perciò applicazione il regime sulle spese stabilito dall’art. 1126 c.c.. La disciplina posta da tale norma prevede, invero, ai fini del riparto delle spese di riparazione e ricostruzione, il presupposto applicativo della possibilità di uso esclusivo del lastrico solare (o della terrazza a livello) (Cass. Sez. 2, 09/08/1999, n. 8532; Cass. Sez. 2, 21/05/1974, n. 1501; cfr. anche Cass. Sez. 2, 12/03/1993, n. 2988), di tal che, se l’uso del lastrico o del terrazzo, anche se di proprietà esclusiva, non sia limitato ad uno o più titolari, ma sia comune a tutti i condomini, l’art. 1126 c.c., non opera.

La decisione della Corte d’appello di Roma si conforma, pertanto, alla consolidata giurisprudenza di questa Corte. L’art. 1126 c.c., obbligando a partecipare alla spesa relativa alle riparazioni del lastrico solare di uso esclusivo, nella misura di due terzi, “tutti i condomini dell’edificio o della parte di questo a cui il lastrico solare serve”, si riferisce a coloro ai quali appartengono unità immobiliari di proprietà individuale comprese nella proiezione verticale del manufatto da riparare o ricostruire, alle quali, pertanto, esso funge da copertura, con esclusione dei condomini ai cui appartamenti il lastrico stesso non sia sovrapposto (cfr. Cass. Sez. 6 – 2, 10/05/2017, n. 11484; Cass. Sez. 2, 04/06/2001, n. 7472; Cass. Sez. 2, 15/04/1994, n. 3542; Cass. Sez. 2, 16/07/1976, n. 2821 del Cass. Sez. 2, 29/01/1974, n. 244). L’obbligo di partecipare alla ripartizione dei cennati due terzi della spesa non deriva, quindi, dalla sola, generica, qualità di partecipante del condominio (come ipotizza il ricorrente), ma dall’essere proprietario di un’unità immobiliare compresa nella colonna d’aria sottostante alla terrazza o al lastrico oggetto della riparazione. Del resto, è pressochè inevitabile che la terrazza a livello o il lastrico di uso esclusivo coprano altresì una o più parti che siano comuni a tutti i condomini, e non solo quelli della rispettiva ala del fabbricato, come, ad esempio, il suolo su cui sorge l’edificio, la facciata, le fondazioni, ma se bastasse ciò per chiamare a concorrere alle spese del bene di copertura tutti i condomini, l’art. 1126 c.c., non avrebbe alcuna pratica applicazione. Anche, ad esempio, per le scale o per gli impianti destinati a servire “una parte dell’intero fabbricato”, l’art. 1123 c.c., comma 3, prevede che le spese restino a carico del solo gruppo dei condomini (e, cioè, dei proprietari degli appartamenti siti nell’edificio) che ne trae utilità: altrimenti, poichè le scale o gli impianti di una parte soltanto del fabbricato sono pure mezzi che danno utilità a parti comuni a tutti i condomini (come il tetto, il cortile unico, la facciata, ecc.), identicamente tutti i condomini dovrebbero sostenere le spese nelle ipotesi di cosiddetto “condominio parziale”.

2. Il ricorso va perciò rigettato, con condanna del ricorrente a rimborsare al controricorrente Condominio le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 14 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 agosto 2020

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