Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18044 del 04/07/2019

Cassazione civile sez. VI, 04/07/2019, (ud. 06/03/2019, dep. 04/07/2019), n.18044

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25667-2017 proposto da:

D.G.G.I., elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dagli avvocati FRANCESCO ROMANO NICOLETTI, DARIO SAMMARTINO;

– ricorrente –

contro

ASSESSORATO REGIONALE AI LAVORI PUBBLICI DELLA SICILIA,

P.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 348/2016 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 27/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 06/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCA

SPENA.

Fatto

RILEVATO

Che:

con sentenza in data 12 ottobre- 27 ottobre 2016 numero 348 la Corte d’Appello di Caltanissetta riformava la sentenza del Tribunale di Enna e, per l’effetto, in parzialmente accoglimento della domanda proposta da D.G.G.I., dipendente della REGIONE SICILIA con qualifica di dirigente, condannava l’ASSESSORATO REGIONALE AI LAVORI PUBBLICI a risarcire al lavoratore il danno subito per la perdita delle chances di conseguire l’incarico di dirigente responsabile della segreteria tecnico-amministrativa dell’U.R.E.G.A. di Enna (Ufficio Regionale Espletamento di Gare di Appalto per i lavori pubblici); liquidava il danno in via equitativa in Euro 10.000, oltre accessori;

che a fondamento della decisione la Corte territoriale osservava essere provata la violazione da parte della pubblica amministrazione dei principi di correttezza e di buona fede nel conferimento dell’incarico dirigenziale, in quanto essa non aveva valutato il curriculum inviato dall’interessato, non prendendolo affatto in considerazione sebbene si trattasse di funzionario in possesso di requisiti non inferiori a quelli vantati dal dottor P., dipendente individuato come titolare dell’incarico di responsabilità.

Unico danno risarcibile- (non sussistendo un diritto a ricevere l’incarico ed essendo dedotti genericamente e non provati i danni professionali ed esistenziali)- era il danno patrimoniale collegato alla perdita delle chanches di conseguire l’incarico.

Nella fattispecie di causa non vi erano elementi per accertare il grado di probabilità che il dirigente aveva di vedersi affidato l’incarico, non risultando i titoli posseduti non solo dal candidato che aveva ottenuto l’incarico ma anche da tutti gli altri che potevano ugualmente aspirarvi.

Le chanches non potevano essere determinate nemmeno come rapporto tra l’incarico da conferire ed il numero dei soggetti da selezionare, che non era noto.

Il danno da perdita di chanches doveva dunque essere liquidato in via equitativa;

che avverso la sentenza ha proposto ricorso D.G.G.I., articolato in un unico motivo, cui gli intimati non hanno opposto difese;

che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

che il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che con l’unico motivo la parte ricorrente ha dedotto- ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 – violazione dell’art. 115 c.p.c., censurando la sentenza impugnata nel punto in cui affermava non essere noto il rapporto tra l’incarico da assegnare ed il numero dei soggetti da selezionare.

Ha esposto che il dato emergeva dagli atti del processo:

– nel ricorso introduttivo del giudizio -a pagina 9, terzo capoverso-egli aveva allegato che soltanto lui stesso ed il candidato nominato (Dott. P.) avevano chiesto di partecipare all’assegnazione dell’incarico;

– nella memoria di costituzione- pagina 3, secondo rigo -l’amministrazione aveva affermato che la valutazione era stata effettuata tra cinque aspiranti;

– il controinteressato aveva affermato in memoria esservi altri due aspiranti all’incarico.

Le contestazioni delle controparti erano generiche ed, in ogni caso, a volerle ritenere ammissibili, le chanches erano calcolabili: nel 20% secondo quanto esposto nella memoria di costituzione dell’ASSESSORATO e nel 33% secondo quanto esposto dal controinteressato;

che ritiene il Collegio si debba dichiarare inammissibile il ricorso;

che, invero, la censura ancorchè qualificata in termini di nullità della sentenza o del procedimento (art. 360 c.p.c., n. 4) nei contenuti deduce un vizio di motivazione. Il ricorrente si duole dell’omesso esame di un fatto – il numero dei partecipanti alla selezione- che sarebbe risultato, invece, dagli atti del processo ed,in particolare dalle allegazioni delle sue controparti.

Giova premettere che resta in discussione in questa sede la sola liquidazione del danno patrimoniale da perdita di chanches operata nella sentenza impugnata, non essendo stata censurata la pronuncia di rigetto della domanda di risarcimento dei danni professionali ed esistenziali.

Per adempiere al requisito di specificità della censura il ricorrente avrebbe dovuto illustrare non soltanto il fatto non esaminato e gli atti da cui esso risultava esistente, ma anche il suo carattere “decisivo”;

avrebbe dovuto, cioè, allegare, esponendo le relative ragioni, che se il giudice dell’appello avesse esaminato il dato numerico dei possibili interessati il danno avrebbe superato la somma liquidata, pari ad Euro 10.000.

Al riguardo le allegazioni del ricorso sono generiche; nulla si dice circa la durata dell’incarico dirigenziale, assumendosi un danno economico persistente dall’anno 2005 fino alla cessazione dal servizio (nell’anno 2015) laddove nelle amministrazioni pubbliche il conferimento degli incarichi dirigenziali avviene a tempo determinato. Il ricorrente per dimostrare la decisività della censura, nel senso del conseguimento di un risarcimento maggiore di Euro 10.000, avrebbe dovuto illustrare il calcolo del danno da perdita di chanches – in cifra percentuale della differenza economica tra la indennità connessa all’incarico e quella di fatto percepita- in ragione del solo periodo di durata dell’incarico dirigenziale.

Ma, soprattutto, sempre sotto il profilo della decisività della censura, la statuizione impugnata si basa anche sul rilievo della mancanza dei “dati essenziali relativi ai titoli posseduti non soltanto dal candidato che ha poi ottenuto lo stesso incarico, ma anche di tutti gli altri che potevano ugualmente aspirarvi o che possedevano comunque titoli idonei a consentire loro di ricoprirlo”. Tale considerazione non è attinta dal ricorso;

che, pertanto, non essendo condivisibile la proposta del relatore, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con ordinanza in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c.;

che non vi è luogo a provvedere sulle spese per la mancata costituzione degli intimati;

che, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto- ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.

P.Q.M.

La Corte dichiara la inammissibilità del ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 6 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2019

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