Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18042 del 02/09/2011

Cassazione civile sez. II, 02/09/2011, (ud. 22/06/2011, dep. 02/09/2011), n.18042

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonio – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.I. (OMISSIS), L.S. (OMISSIS),

L.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA SANTAMAURA 49, presso lo studio dell’avvocato SALACCHI GIUSEPPE,

rappresentati e difesi dall’avvocato PRANDSTRALLER GIAN PAOLO;

– ricorrenti –

contro

B.A. (OMISSIS), D.A.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA POMPEO

MAGNO 2-B, presso lo studio dell’avvocato TAMIETTI PAOLO,

rappresentati e difesi dall’avvocato MATURO ANDREA;

– controricorrenti –

e contro

Q.A., P.G.G.;

– intimati –

sul ricorso 28557-2005 proposto da:

P.G.G. (OMISSIS), Q.A.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PASUBIO 2,

presso lo studio dell’avvocato MERLINI MARCO, che li rappresenta e

difende ;

– controricorrenti ricorrenti incidentali –

contro

S.A., L.S., P.I., L.F.,

D.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 886/2005 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 25/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/06/2011 dal Consigliere Dott. LUIGI PICCTALLI;

udito l’Avvocato PRANDSTRALLER Gian Paolo, difensore del ricorrenti

che si riporta agli atti;

udito l’Avvocato TAMIETTI Paolo, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato MERLINI Marco difensore dei resistenti che si riporta

agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per il rigetto del ricorso principale,

assorbito ricorso incidentale condizionato; rigetto del ricorso

incidentale non condizionato.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 27.11.98 i coniugi P.I. e S. L. citarono al giudizio del Pretore di Padova, nella sede distaccata di Cittadella, i coniugi D.A. e A. B., dai quali avevano acquistato, con atto del 25.7.90, un fondo in (OMISSIS) censito con il mappale 657 del foglio 9, nonchè i coniugi P.G.S. e Q.A., proprietari di quello confinante, censito con il mappale n. 626, e lamentando che questi ultimi erano in possesso di una superficie di mq 87, 10 a scapito di quella del lotto da essi istanti acquistato, chiesero il regolamento del confinerà condanna di tali convenuti all’eliminazione della recinzione di fatto separante i due fondi, oltre al risarcimento dei danni, proponendo richiesta risarcitoria anche nei confronti degli anzidetti venditori, per aver loro consegnato una superficie di terreno inferiore a quelle dichiarata.

Si costituirono e resistettero, per quanto di rispettivo interesse, i convenuti, tra l’altro e segnatamente eccependo, i Q. – P., l’usucapione.

Nel giudizio intervenne volontariamente L.F., figlio degli attori, alle cui domande si associò, in quanto comproprietario del fondo di cui ai mappali 628, 657 e 658.

Sulla scorta delle acquisizioni documentali e dell’espletata consulenza tecnica di ufficiosi Tribunale di Padova, sez. dist. di Cittadella, subentrato al soppresso ufficio pretorile, con sentenza del 23/24.12 .02 respinse ogni domanda attrice e compensò interamente le spese.

All’esito dell’appello proposto dagli attori e dall’intervenuto, cui avevano resistito gli appellati, proponendo rispettivi gravami incidentali, con sentenza dell’8.2-25.5.05 la Corte di Venezia, respingeva le impugnazioni e dichiarava interamente compensate le spese anche del secondo grado.

Tali, in sintesi, le ragioni della suddetta decisione:

a) l’acquisto del fondo da parte degli attori era avvenuto “a corpo” e con riferimento espresso ad una precedente lottizzazione, con conseguente non decisività della riportata estensione della particella catastale, approssimativa e meramente indicativa;

b) decisivo risultava invece, in un contesto nel quale i fondi della parti erano derivati dalla lottizzazione di un unico originario terreno, il riferimento alle planimetrie, allegate ai rispettivi titoli di acquisto, relative alla lottizzazione approvata nel 1986;

c) irrilevante, conseguentemente, risultava la non coincidenza, dovuta ad una generale “traslazione” verso est accertata dal c.t.u., dei confini dei mappali posti a nord della strada di lottizzazione, tra gli elaborati grafici del piano di lottizzazione ed il frazionamento catastale, tenuto conto della rilevanza solo sussidiaria, ex art. 950 c.c., delle risultanze del catasto;

d) coincidendo il confine di fatto, segnato dalla recinzione, con quello della lottizzazione integrante i titoli, cui si erano anche conformate le parti, osservando le distanze nelle rispettive edificazioni, non sussistevano l’incertezza del confine, nè il lamentato sconfinamento.

Avverso la suddetta sentenza P.I., L.S. e L. F. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, illustrati con successiva memoria.

Hanno resistito con rispettivi controricorsi gli intimati, proponendo ricorso incidentale i Q.- P..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Con il primo motivo del ricorso principale vengono dedotte erroneità, insufficienza e contraddittorietà della motivazione, sul punto decisivo costituito dall’interpretazione della consulenza tecnica di ufficio, nella quale il fenomeno della “traslazione” sarebbe stato, in realtà, evidenziato ad ovest e non ad est della recinzione, tale da allargare il mappale n. 626 a danno di quello n. 657, che non avrebbe “recuperato” altrove il terreno perduto, così confermando, anzichè contrastare, la tesi attrice.

Altrettanto errata sarebbe l’affermazione, secondo cui il confine di fatto coinciderebbe con quello previsto dal piano di lottizzazione, non trovando riscontro nella relazione del c.t.u. ed essendo anzi smentita dai grafici alla stessa allegati.

Il motivo non merita accoglimento, contenendo soltanto palesi censure in fatto, in parte anche di carattere revocatorio (laddove denunciano addirittura un travisamento, con riferimento alla direzione della traslazione dei confini, della consulenza tecnica di ufficio), criticando l’interpretazione delle risultanze dell’indagine tecnica, che compete al giudice di merito ed, ove adeguatamente (come nella specie) motivata, senza incorrere in carenze o vizi argomentativi testualmente rilevabili, non è sindacabile in sede di legittimità.

I rilievi espostici quali la corte territoriale, nell’articolata motivazione, ha già fornito adeguata e coerente risposta, nei termini sinteticamante riferiti in narrativa, si risolvono, in buona sostanza nel tentativo di introdurre un terzo grado di merito, proponendo un inammissibile raffronto tra una diversa ipotesi di lettura delle risultanze processuali e quella, esauriente, fornita dai giudici di merito, il cui esame ex art. 360 c.p.c., n. 5, va in questa sede limitato al mero vaglio della tenuta – logico giuridica in sè considerata, e non anche comparativamente, rispetto ad eventuali, ancorchè astrattamente plausibili, moduli argomentativi proposti dalle parti.

Con il secondo motivo vengono dedotte ulteriori erroneità, insufficienza e contraddittorietà della motivazione su altro punto decisivo della controversia, per avere la corte di merito preso in considerazione soltanto gli atti del 25.7.90, tra i D. – B. ed P.I., e del 29.4.89, con il quale i primi avevano acquistato il terreno da tali Z. e P., senza considerare anche tutti gli altri, rilevanti ai fini dell’identità metrica del mappale 657, a partire dall’originario frazionamanto del 1983. Tale esame complessivo, dimostrando come in ciascun titolo fossero espressamente indicate le precise estensioni dei singoli mappali, ognuna diversa dalle altre, avrebbe smentito la tesi della vendita “a corpo”, attribuita dai giudici di appello a solo atto di acquisto degli attori, pur nel contesto generale di una “divisione in cui i lotti assegnati sono contrassegnati, tutti, in base ad una misurazione specifica e precisa”.

Anche tale motivo deve essere respinto, considerato che l’indagine, sulla tipologia di compravendita (se “a corpo” o “a misura”), andava precipuamente condotta sul contratto intervenuto tra le parti e costituente il titolo di acqusito degli attori , la cui effettiva intenzione non poteva che essere individuata dalle specifiche pattuizioni al riguardo rilevanti o, comunque, dal complesso delle clausole in esso contenute, senza dover anche ricorrere ad elementi comparativi esterni, desunti da negozi inter alias acta.

A ciò aggiungasi che la sola circostanza che nei vari atti di compravendita provenienti dalla divisione fossero state indicate le estensioni catastali dei terreni, ciascuna diversa dalle altre, elemento di per sè neutro ai fini della tipologia delle singole vendite, non sarebbe stato di alcun apporto alla sostenuta tesi della vendita “a misura” che, ai sensi dell’art. 1537 c.c. richiede non solo che l’immobile sia “venduto con la sua precisa misura” (e tale non può presumersi quella indicata per relationem alle mappe catastali, notoriamante approssimative), ma anche che la cessione avvenga “per un prezzo stabilito in ragione di un tanto per ogni unità di misura”, elemento quest’ultimo che non risultale viene dedotto nel, non autosufficiente sul punto, mezzo d’impugnazione.

Con il terzo motivo si censura ancora la motivazione della sentenza impugnata, per aver affermato che la suddetta vendita era avvenuta a corpo e che il confine tra i mappali 626 e 657, così come individuato dalla lottizzazione, sarebbe materializzato dalla recinzione separante i due fondi, senza invece considerare che, come evidenziato dal c.t.u. sovrapponendo i due rilievi, sarebbe emersa una traslazione della recinzione da ovest verso est, rispetto al confine catastale, comportante sconfinamento del fondo dei convenuti a danno di quello degli attori, per una superficie complessiva di mq 60.

Il mezzo d’impugnazione, riproponendo, al pari del primo, di cui risulta in buona parte ripetitivo, palesi questioni di fatto, senza evidenziare testuali lacune o vizi logici della motivazione, ma solo tentando di accreditare intepretazioni delle risultanze di causa diverse da quella proposta dai giudici di merito, deve essere anche respinto, sulla base delle già svolte considerazioni.

Con il quarto motivo si deduce violazione dell’art. 950 c.c., con connesse erroneità, insufficienza e contraddittorietà di motivazione, per aver ritenuto che la vendita a corpo giustificasse l’avvenuto sconfinamento di fatto, senza considerare che, anche in tale ipotesi, il regolamento di confini avrebbe dovuto far riferimento alle piantine catastali, che sarebbero state allegate agli atti di vendita.

Il motivo, che nell’ultima parte adduce una circostanza di fatto nuova non menzionata in sentenza, non merita sorte migliore dei precedenti, atteso che la corte territoriale, nell’ultima parte della motivazione, ha dato ampio conto del percorso logico – giuridico seguito, attraverso il quale è pervenuta, sulla scorta di incensurabile accertamento basato sulla consulenza tecnica e con argomentazioni del tutto conformi al dettato dell’art. 950 c.c., alla conclusione secondo cui il confine, di fatto esistente tra i fondi, coincideva con quello previsto dal piano di lottizzazione. Poichè quest’ultimo era stato espressamente richiamato nei titoli di acquisto, ne costituiva parte integrante e, come tale, assumeva preminenza rispetto alle risultanze catastali, che menzionate nella specie solo a titolo indicativo, costituiscono, a termini della citata norma civilistica e come ripetutamente ribadito dalla giurisprudenza di questa Corte, soltanto l’extrema ratio cui il giudice può ricorrere, nei casi in cui il confine non sia determinabile sulla base dei titoli o, in subordine, di altri elementi di prova.

Il ricorso principale va, conclusivamente, respinto.

Quello incidentale va esaminato soltanto con riferimento al primo motivo, che è stato formulato quale impugnazione autonoma, mentre rimane assorbito nei rimanenti due, che sono stati espressamente condizionati all’esito del ricorso principale.

Con il primo motivo i ricorrenti incidentali si dolgono del regolamento delle spese adottato dalla corte di merito, censurandone la motivazione perchè “erronea, insufficiente e contraddittoria”, non avendo tenuto conto del principio di soccombenza, soprattutto con riferimento al secondo grado di giudizio.

La doglianza va disattesa, risolvendosi in una palese censura di merito avverso l’esercizio del potere discrezionale ex art. 92 c.p.c., comma 2, di carattere essenzialmente equitativo, di cui il giudice di merito ha dato, nella specie, sintetica, ma sufficiente giustificazione, sia nel rigettare l’appello incidentale avverso la compensazione disposta in primo grado, sia nel compensare le spese del grado di appello (tanto più in considerazione del rigetto del gravame incidentale), con riferimento alla complessità delle questioni affrontate ed al comune interesse a superare ogni incertezza al riguardo;tale valutazione, nel contesto di una vicenda litigiosa, quale quella di specie, connotata da questioni di non agevole risoluzione per l’obiettiva controvertibilità degli elementi di giudizio, risulta esente da vizi logici e, pertanto, incensurabile nella presente sede di legittimità.

Passando, infine, al regolamento delle spese del presente giudizio, tenuto conto della scarsa incidenza nell’economia del processo del disatteso motivo di ricorso incidentale e della pressocchè totale soccombenza dei ricorrenti, le stesse vanno poste a carico di questi ultimi e liquidate, a favore di ciascuna coppia di controricorrenti, nella misura di cui in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta quello principale, nonchè il primo motivo del ricorso incidentale, dichiara assorbiti i rimanenti motivi di quest’ultimo ricorso e condanna i ricorrenti principali al rimborso, in favore dei controricorrenti, tenuto conto delle comuni costituzioni, delle spese del giudizio, che liquida, per ciascuna posizione, in complessivi Euro 2.200, 00, di cui 200 per onorari.

Così deciso in Roma, il 22 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2011

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