Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18040 del 02/09/2011

Cassazione civile sez. II, 02/09/2011, (ud. 09/06/2011, dep. 02/09/2011), n.18040

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. NUZZO Laurenza – rel. Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.M.L. (OMISSIS) in proprio e nella qualità

di unica erede di B.G., elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA PACUVIO 34, presso lo studio dell’avvocato ROMANELLI GUIDO, che

la rappresenta e difende unitamente all’avvocato CAPELLO ALBERTO;

– ricorrente –

contro

D.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato PANARITI

PAOLO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CUNTBERTI

LUDOVICO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1045/2005 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 30/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/06/2011 dal Consigliere Dott. LAURENZA NUZZO;

udito l’Avvocato ROMANELLI Guido, difensore della ricorrente che ha

chiesto accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato ARDIZZI Alessandro, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato PANARITI Paolo, difensore del resistente che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.M.L. e B.G. convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Mondovì, D.S. chiedendo che fosse rescisso il contratto di compravendita immobiliare concluso tra le parti in data 13.1.93 e che fosse, conseguentemente, annullato il correlato impegno di rilascio di parte dell’immobile ceduto.

Costituitosi in giudizio, il D. chiedeva il rigetto della domanda ed, in via riconvenzionale, la condanna degli attori al rilascio dell’appartamento sito al secondo piano dell’immobile alienato e del vano autorimessa a piano terra, oltre al risarcimento dei danni per l’occupazione senza titolo degli immobili, da rilasciare a far data dal 31.7.1993.

Con sentenza 6.5.2000 il Tribunale di Mondovì rigettava le domande degli attori, accogliendo quelle riconvenzionali proposte dal convenuto.

Avverso tale decisione proponeva appello B.M.L., in proprio e quale erede di B.G., nelle more deceduto;

resisteva l’appellato chiedendo la conferma della sentenza impugnata.

Con sentenza in data 28.1.2005 la Corte d’Appello di Torino respingeva l’appello, condannando l’appellante al pagamento delle spese processuali e di C.T.U. Tale sentenza era impugnata con ricorso per cassazione dalla B. sulla base di due motivi illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c..

Resisteva con controricorso D.S..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La ricorrente lamenta:

1) erronea applicazione dell’art. 1448 c.c. – Motivazione apparente, illogica ed irrazionale, laddove la Corte di merito aveva escluso la sussistenza dello stato di bisogno che pure sarebbe stato desumibile, oltrechè dalla lesione “ultra dimidium” del prezzo pattuito dai fatti posti a sostegno dell’approfittamento;

in particolare, contrariamente a quanto affermato dai giudici di appello, la pattuizione del pagamento rateale del prezzo, il mutuo ipotecario per L. 65.000.000 richiesto dai B. in data 11.10.1990, lo slittamento; di alcuni mesi, della stipulazione dell’atto notarile a cui era ancorato il pagamento di parte del prezzo, “il richiamo ai lavori di sistemazione della vecchia casa paterna”, la situazione di sofferenza del conto corrente dei B., costituivano, sul piano logico, circostanze rilevanti per ipotizzare lo stato di bisogno e la carenza di denaro liquido al momento in cui i B. avevano alienato l’immobile;

2) violazione ed erronea applicazione degli artt. 244 e 245 c.p.c., non essendo stati ammessi dal primo giudice e dalla Corte di appello, perchè ritenuti irrilevanti, i capitoli di prova n. 10) e 11) che avrebbero consentito di provare sia lo stato di bisogno con riferimento alla circostanza che B.G. si era rivolto all’Agenzia Immobiliare in (OMISSIS), al cui titolare aveva esposto la necessità di vendere l’immobile “per problemi economici” (cap. n. 10) e sia che tale B.L. aveva mutuato ai B. la somma di L. 20.000.000, “maggiorata di interessi in regione del 15%, con l’impegno di cedergli, in caso di mancata restituzione del debito, la loro ex casa di abitazione” (cap. n. 11). Entrambi i motivi sono infondati in quanto implicano un diverso esame delle circostanze di fatto, poste a fondamento della decisione impugnata, a fronte di una motivazione sul punto aderente all’istruttoria espletata ed immune da vizi logici o giuridici.

In particolare la Corte territoriale, pur dando atto della oggettiva sussistenza della sproporzione “ultra dimidium” tra il valore di mercato dell’immobile in questione,pari a L. 375.000.000 ed il prezzo, pari a L. 170.000.000, indicato nella scrittura privata di vendita del 5.5.92 e nel relativo successivo atto notarile del 13.1.1993, ha escluso, sulla base delle prove acquisite, che i venditori B. si fossero determinati a vendere l’immobile de quo per una situazione di difficoltà economica evidente e che detta sproporzione tra il valore commerciale del bene ed il prezzo pattuito per il suo acquisto fosse sufficiente, da sola, a fondare presuntivamente l’esistenza del requisito dello stato di bisogno. Al riguardo i giudici di appello evidenziavano, fra l’altro, con riferimento a quanto dedotto dagli appellanti, che dalle dichiarazioni testimoniali di B.A. non era emerso se vi fossero state o meno rate di mutuo scadute e non pagate dai signori B.; che dall’estratto conto bancario prodotto dall’appellante risultava che al 2.7.91 il saldo contabile del conto corrente di B.G., acceso presso la Cassa Rurale ed Artiginana di (OMISSIS), era attivo; che la previsione contrattuale di una forma di pagamento rateale per la cessione del compendio immobiliare ed il richiamo nel contratto di vendita ai lavori, in corso, di sistemazione della vecchia casa paterna, non valevano a provare lo stato di bisogno dei B.; che il ricorso degli stessi al mutuo ipotecario era stato precedente di oltre un anno alla scrittura privata di compravendita e che dall’ottenimento del prestito, fino alla vendita, era emersa l’esistenza di una sola rata di mutuo pagata con ritardo di circa un mese. Sulla base di tali rilievi ed accertamenti in fatto è stato-, correttamente ritenuta superflua l’indagine sull’approfittamento dello stato di bisogno da parte del D., considerato che l’azione generale di rescissione per lesione richiede la simultanea esistenza dei requisiti relativi ad una sproporzione “ultra dimidium”, ad uno stato di bisogno del contraente danneggiato e ad un approfittamento di esso da parte dell’altro contraente (Cass. n. 5133/2007).

La motivazione esposta nella sentenza impugnata, in quanto immune da vizi logici ed errori di diritto, non consente, in sede di legittimità, un diverso apprezzamento delle circostanze di fatto e delle risultanze probatorie poste a fondamento della decisione.

Spetta, infatti, solo al giudice di merito individuare la fonte del proprio convincimento e valutare le prove, controllandone la concludenza e l’attendibilità e scegliendo, tra le risultanze istruttorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in contestazione.

Il secondo motivo di ricorso è inammissibile in quanto con esso si contesta la mancata ammissione dei capitoli di prova sub 10) ed 11) perchè ritenuti irrilevanti dal giudice di appello al fine di provare lo stato di bisogno. Sul punto la sentenza impugnata ha richiamato la motivazione esposta nell’ordinanza collegiale in data 8.11.2002 e la ricorrente non ne ha riportato il contenuto limitandosi a contrapporre una propria difforme valutazione sulla rilevanza di detti capitoli, esulante dal sindacato di legittimità in quanto comportante un nuovo autonomo esame delle circostanze delibate, precluso nel giudizio di cassazione.

Il ricorso, alla stregua di quanto osservatola rigettato. Consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 3.000,00 di cui Euro 200,00 per spese.

Così deciso in Roma, il 9 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2011

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