Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18038 del 02/09/2011

Cassazione civile sez. II, 02/09/2011, (ud. 07/06/2011, dep. 02/09/2011), n.18038

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECIBDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.C.D.F. s.p.a., con sede in (OMISSIS), in persona

del presidente del consiglio di amministrazione sig. B.

A.M., rappresentata e difesa per procura a margine del ricorso

dagli Avvocati BUSINELLO G. POALO e Bruno Cossu, elettivamente

domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Tacito n.

50;

– ricorrente –

contro

Br.En., residente in (OMISSIS), rappresentato e

difeso per procura in calce al controricorso dagli Avvocati CARUSO

NICOLA e Franco Di Lorenzo, elettivamente domiciliato presso lo

studio di quest’ultimo in Roma, via Germanico n. 12;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 479 della Corte di appello di Trieste,

depositata il 25 luglio 2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 7

giugno 2011 dal consigliere relatore Dott. Mario Bertuzzi;

udite le difese delle parti, svolte dall’Avvocato G. Poalo Businello

per la società CCDF e dall’Avvocato Nicola Caruso per Br.

E.;

udite le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha chiesto il

rigetto del ricorso principale e di quello incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Br.En. convenne in giudizio la s.p.a. Immobiliare Libertas chiedendone la condanna al pagamento della somma di L. 677.541.138 a titolo di saldo del compenso, determinato secondo la corrispondente tariffa professionale, per le prestazioni professionali che, in qualità di geometra, aveva svolto in favore della controparte in esecuzione dell’incarico sottoscritto in data 10 settembre 1991 in relazione alla costruzione del Centro commerciale (OMISSIS).

La società convenuta si oppose alla domanda deducendo che il compenso era stato predeterminato un tanto al mese e non a tariffa, che l’attività professionale svolta dall’attore in realtà era riconducibile ad un incarico orale risalente nel tempo stipulato anche con altre società facenti parte del gruppo Bardelli e che ogni spettanza era stata pagata.

11 Tribunale di Udine respinse la domanda sulla base della considerazione che le fatture prodotte dalla controparte erano riconducibili all’attività professionale oggetto della domanda e che, tenuto conto della quietanza a saldo rilasciata dal professionista con scrittura privata del 31 gennaio 1995, ogni sua competenza doveva ritenersi saldata.

Interposto gravame, con sentenza n. 479 del 25 luglio 2005, la Corte di appello di Trieste riformò la pronuncia di primo grado e, in parziale accoglimento della domanda, condannò la società convenuta al pagamento del minor importo di Euro 76.200, oltre interessi, compensando in parte le spese di entrambi i gradi di giudizio. A sostegno di tale conclusione la Corte, richiamato il contenuto della lettera di incarico del 10 settembre 1991, affermò che le prestazioni professionali di cui la parte chiedeva il pagamento del compenso riguardavano specificatamente la costruzione del Centro (OMISSIS) ed erano distinte da quelle svolte dal medesimo professionista su incarico del Gruppo Bardelli, a cui erano unicamente riferibili le quietanze a saldo, aggiungendo però che al Br. non potevano essere riconosciute quelle voci della parcella che esulavano dalla sua competenza professionale di geometra (quale quella relativa alla progettazione delle opere) e di cui egli, nella lettera di incarico, non era stato investito in prima persona, ma con una sorta di mandato a reperire e nominare altri idonei professionisti, coordinandone l’attività, riducendo, in relazione a tali voci, sulla base delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio espletata in primo grado, l’importo spettante al professionista.

Per la cassazione di questa decisione, notificata il 4 novembre 2005, ricorre, con atto notificato il 24 novembre 2005 la società C.C.D.F., già Immobiliare Libertas, affidandosi a quattro motivi.

Br.En. resiste con controricorso e propone, a sua volta, ricorso incidentale, sulla base di tre motivi, a cui l’altra parte replica con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in quanto proposti avverso la medesima sentenza. 2.1. 11 primo motivo del ricorso principale della società C.C.D.F denunzia violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., degli artt. 1362 e 1363 c.c., e della L. n. 144 del 1949, art. 11, e insufficiente e/o contraddittoria motivazione. Con esso la parte lamenta che la sentenza impugnata abbia affermato che la lettera di incarico del 10 settembre 1991 prevedeva la facoltà per il Br. di affidare a terzi professionisti gli incarichi che egli non poteva svolgere direttamente.

Con una prima censura, si sostiene che la Corte territoriale ha violato il principio della domanda (art. 112 c.p.c.), avendo la controparte chiesto il pagamento di prestazioni professionali che affermava avere svolto direttamente e mai domandato il rimborso di spese anticipate ad altri professionisti.

Sia assume poi che l’interpretazione della lettera di incarico accolta dalla decisione impugnata è in contrasto con il suo tenore letterale, dal momento che essa assegnava al Br. un mero incarico di coordinamento con gli altri professionisti e non un mandato ad affidare a terzi la progettazione dell’edificio. Sul puntofinoltre, il giudice territoriale è incorso anche nel vizio di insufficienza di motivazione, essendosi limitato a richiamare in modo generico la consulenza tecnica d’ufficio, senza considerare che invece il consulente aveva affermato che il progetto esecutivo era stato eseguito dall’attore in un primo periodo e che l’arch.

C., che vi aveva contribuito successivamente, era stato nominato dalla committente e non dal Br..

Il mezzo è infondato.

Dalla lettura della sentenza impugnata emerge che la Corte triestina ha liquidato a titolo di compenso professionale al geom.

Br. la somma complessiva di lire 329.819.913, aderendo alle conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio. In particolare, nel respingere le critiche ad essa rivolte dal professionista, la Corte ha precisato che “il geometra non avrebbe potuto compiere tutte le attività indicate nell’avviso di parcella” in quanto “alcune prestazioni (progettazione, non solo esecutiva) non appartengono alla competenza professionale del geometra e che la lettera di incarico del 10.9.1991 aveva previsto tale situazione, affidando al geometra una sorta di mandato, affinchè si occupasse del “coordinamento dei professionisti specializzati”. Perciò – prosegue la sentenza – non è attendibile la parcellazione dove elenca somme per prestazioni eseguite direttamente, anzichè eventualmente rimborsi di spese sostenute in esecuzione dell’ampio mandato (coordinamento ecc.) ricevuto”. Tanto premesso, la censura che denunzia la violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere il giudice di merito liquidato in favore del professionista somme a titolo di rimborso delle spese anticipate ad altri professionisti in assenza della relativa domanda, non può essere accolta, non risultando in alcun modo, nè dal tenore della decisione, nè dalla illustrazione del motivo, che tali importi sarebbero stati effettivamente calcolati ai fini della determinazione del compenso. Tale conclusione sembra anzi smentita dall’affermazione della sentenza sopra riportata, laddove sottolinea che la parcella non elenca importi a titolo di rimborsi di spese sostenute in esecuzione del mandato. Vero che in punto di determinazione del compenso la pronuncia di secondo grado appare lacunosa ed anche vaga, atteso che giunge a tale quantificazione mediante richiamo alle conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio, senza indicare in modo analitico e dettagliato tutte le voci e le attività per le quali il compenso è stato liquidato e quelle, invece, per cui è stato escluso. Va però aggiunto che tale mancanza di precisione non risulta investita da alcun motivo di ricorso, sicchè essa non può in alcun modo essere valutata dalla Corte.

Ciò che invece va considerato, in sede di esame del motivo, è che esso non supporta in alcun modo le proprie premesse in fatto mediante l’illustrazione di elementi e dati degli atti del giudizio idonei a confermarle. Non risulta insomma rispettato il principio di autosufficienza, il quale, com’è noto, impone a chi proponga ricorso per cassazione l’onere di indicare tutti gli elementi necessari ad illustrare le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere a questa Corte di valutarne la fondatezza, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito (Cass. n. 15952 del 1997; Cass. n. 14767 del 2007; Cass. n. 12362 del 2006). In particolare, tale requisito non risulta rispettato in quanto il ricorrente, al fine di sostenere la denunzia di violazione dell’art. 112 c.p.c., avrebbe dovuto riprodurre le conclusioni della consulenza tecnica d’ufficio al fine di dimostrare che nella somma calcolata dal consulente quale compenso professionale e poi liquidata dal giudice erano ricomprese anche voci a titolo di rimborso di spese anticipate dall’attore ad altri professionisti. Tale mancanza si traduce in un vizio di incompiutezza della censura e ne determina l’inammissibilità, in quanto priva il Collegio di un dato di conoscenza necessario al fine di verificare la sua fondatezza, costituito dal fatto che tale voce, sia pur non richiesta nella domanda originaria del giudizio, sia stata effettivamente liquidata dal giudice di merito.

Analoghe considerazioni possono estendersi alla seconda parte del motivo, che invece contesta l’interpretazione data dalla Corte triestina alla lettera di incarico professionale del 10 settembre 1991, assumendo che, contrariamente a quanto da questa ritenuto, essa conferiva al Br. un mero incarico professionale e di coordinamento e non un mandato ad affidare a terzi la progettazione dell’edificio. La questione, per come è posta, non appare decisiva, non illustrando il ricorso in modo adeguato come tale errore di interpretazione abbia influito in concreto nella determinazione da parte del giudice del compenso spettante alla controparte. Ciò se si considera, in particolare, che, come si è visto, la sentenza impugnata ha affermato che “il geometra non avrebbe potuto compiere tutte le attività indicate nell’avviso di parcella” in quanto “alcune prestazioni (progettazione, non solo esecutiva) non appartengono alla competenza professionale del geometra”, assunto da cui è agevole arguire che per le attività che esulavano dalla competenza professionale del geometra, quale appunto la progettazione, non sia stato liquidato alcun compenso. Anche in questo caso pertanto il ricorso avrebbe dovuto, cosa che non ha fatto, indicare in modo preciso, mediante la riproduzione delle conclusioni della consulenza tecnica cui la sentenza sostanzialmente ed in modo piuttosto vago rinvia, che, in forza della riconosciuta esistenza, accanto all’incarico professionale, di un mandato, alla controparte sono state liquidate somme che non avrebbero dovuto esserle riconosciute.

2.2. 11 secondo motivo di ricorso denunzia violazione dell’art. 115 c.p.c., e vizio di motivazione, assumendo che il giudice di secondo grado, una volta dichiarata l’inattendibilità delle voci indicate in parcella dalla controparte e quindi anche dei documenti da questa prodotti a sostegno della sua richiesta, avrebbe dovuto respingere in toto la domanda del Br. per difetto di prova.

Il motivo, nella misura in cui appare comprensibile, è infondato. 11 giudizio della Corte di appello di “non attendibilità” della parcella presentata dal Br. non riguarda intatti la totalità delle voci in essa indicate, nè l’intera documentazione prodotta dal professionista, ma solo determinate prestazioni, per le quali si è ritenuto non dovuto il compenso, per ragioni intrinseche, legate alla competenza del geometra, come disegnata dalla legge.

L’assunto secondo cui l’intera domanda avrebbe dovuto essere respinta non si fonda, pertanto, su alcun argomento logico o giuridico.

3.3. Il terzo motivo di ricorso denunzia violazione del R.D. n. 271 del 1929, art. 16, del R.D. n. 2229 del 1939, art. 16, della L. n. 1086 del 1971, art. 2, e della L. n. 64 del 1974, art. 17, sostenendo che la sentenza impugnata, una volta escluso che la controparte avesse potuto compiere tutte le attività indicate nell’avviso di parcella per mancanza di un titolo professionale idoneo, avrebbe dovuto concludere per la nullità dell’intero incarico ed escludere il diritto al compenso sia per la progettazione esecutiva, che anche per l’attività di direzione dei lavori, che è sicuramente ricompressa fra le attività non consentite ai geometri.

Il mezzo è infondato.

La questione della nullità o meno dell’incarico non va infatti risolta avendo riguardo alle attività che risultano indicate nella parcella, di cui il professionista ha chiesto il compenso, che attiene alla fase di esecuzione del rapporto, ma tenendo conto del contenuto dell’atto di incarico. E’ pertanto con riferimento a quest’ultimo e non alla richiesta di compenso della controparte che la ricorrente avrebbe dovuto addurre le ragioni della sua nullità.

Fatta questa precisazione, va ribadito che la sentenza impugnata ha escluso il compenso del geometra per le attività che esulavano dalla sua competenza professionale, con espressa menzione dell’attività di progettazione, avendo essa ad oggetto costruzioni in cemento armato.

Il motivo, che sembra invece lamentare la liquidazione del compenso sia per la progettazione che per l’attività di direzione dei lavori, non ha pregio, in difetto del requisito di autosufficienza, che anche in questo caso imponeva al ricorrente di dimostrare, mediante la riproduzione delle conclusioni della consulenza tecnica, che tali voci, pur escluse in via teorica, erano invece state effettivamente liquidate al professionista.

2.4. Il quarto motivo del ricorso principale lamenta violazione degli artt. 1363, 1366 e 1371 c.c., censurando la sentenza impugnata per avere considerato irrilevanti nella presente causa, in contrasto con il loro chiaro contenuto letterale, le dichiarazioni di quietanza a saldo rilasciate dal Br. sia alla C.C.D.F. che alle altre società del gruppo Bardelli.

Il motivo è inammissibile.

La Corte di appello ha respinto l’eccezione di adempimento sollevata dalla società convenuta sulla base della considerazione che il geom.

Br. fu investito ed espletò due diversi incarichi, quello del Gruppo Bardelli e l’altro, da parte della società C.C.D.F., per la costruzione del Centro (OMISSIS) e che i documenti contenenti le quietanze a saldo prodotti in giudizio si riferivano al primo rapporto, intrattenuto dal professionista con le società del gruppo, e non a quello di cui alla lite. Questo accertamento, che costituisce l’effettiva ratio del capo della decisione impugnato, non risulta però investito dal motivo, che richiama genericamente il contenuto dei documenti in questione, senza opporre alla affermazioni della sentenza sopra indicate precisi elementi di fatto contrari.

3.1. Il primo motivo del ricorso incidentale avanzato da Br.En. denunzia insufficiente e/o contraddittoria motivazione e violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., e dell’art. 115 c.p.c., lamentando che la Corte di appello abbia respinto la sua richiesta di liquidazione di alcune voci della parcella mediante generico e laconico richiamo alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio e senza esaminare e pronunciarsi sulle puntuali critiche alla stessa sollevate dall’istante sia in primo grado che in secondo, per non avere il consulente preso in considerazione le voci relative alla progettazione principale e definitiva ed alle attività ad essa preparatorie, nè avere riconosciuto alcuna spettanza per le attività prodromiche qualificate tecnicamente “progettazione di massima” e “progettazione preliminare”, che quali attività necessarie al progetto esecutivo, avrebbero dovuto essere ricompresse nell’incarico. Nè la Corte ha preso in considerazione i documenti in atti, da cui risultava che tali attività erano state effettivamente svolte, avendo il Br. anche firmato, insieme agli altri professionisti, il progetto.

La Corte inoltre non ha risposto alle altre critiche sollevate dall’appellante al consulente tecnico d’ufficio, in relazione alla riduzione del compenso richiesto per l’assistenza ai lavori e circa la remunerazione delle prestazioni riguardanti le varianti a vacazione e non a percentuale.

Sotto altro profilo, il mezzo censura la conclusione del giudice di merito che ha escluso la spettanza dei compensi per le prestazioni non rientranti nella competenza professionale del geometra. Tale affermazione si pone infatti in aperto contrasto con il testo della lettera di incarico e con le tavole di progetto firmate dall’attore insieme agli altri professionisti. In ogni caso, la Corte avrebbe dovuto ammettere la prova per testi articolata già in primo grado e riproposta in appello diretta a dimostrare l’effettivo espletamento di tutte le prestazioni indicate nella parcella. Parimenti immotivata ed illogica è anche l’affermazione della sentenza secondo cui al Br. sarebbe stato affidato anche un mandato per la nomina degli altri professionisti, che appare in contrasto con il rilievo che l’attività di coordinamento specificatamente prevista da una autonoma voce della tariffa professionale e che lo stesso consulente tecnico ha riconosciuto il diritto al relativo compenso.

Il motivo è infondato.

Come già rilevato in occasione dell’esame del ricorso principale, la statuizione impugnata ha escluso le spettanze del professionista in ordine alla progettazione, non solo esecutiva, ” delle opere rilevando che le stesse esulavano dalla sua capacità professionale, nella premessa implicita – ed il relativo dato è pacifico – che esse riguardavano una costruzione con strutture in cemento armato. In particolare, l’esclusione del compenso professionale, nel caso considerato, discende dall’applicazione del disposto dell’art. 2331 c.c., comma 1, che, nei casi in cui l’esercizio di un’attività professionale sia condizionato all’iscrizione in un albo o elenco, espressamente nega l’azione per il pagamento del compenso al professionista non iscritto. Questa conclusione appare conforme all’orientamento costante di questa Corte, che qui va confermato, secondo cui il R.D. 11 febbraio 1929, n. 274, art. 16, ammette la competenza dei geometri per quanto riguarda le costruzioni in cemento armato solo relativamente ad opere con destinazione agricola, che non richiedano particolari operazioni di calcolo e che per la loro destinazione non comportino pericolo per l’incolumità delle persone, mentre per le costruzioni civili che adottino strutture in cemento armato, sia pure modeste, ogni competenza è riservata, ai sensi del R.D. 16 novembre 1939, n. 2229, art. 1, agli ingegneri ed architetti iscritti nell’albo; con le ulteriori precisazioni che tale disciplina professionale non è stata modificata dalla L. 5 novembre 1971, n. 1086, e L. 2 febbraio 1974, n. 64, la quale, sia pure senza un esplicito richiamo delle fonti normative, si limita a recepire la previgente ripartizione di competenze e che a rendere legittimo in tale ambito un progetto redatto da un geometra non rileva che esso sia controfirmato o visitato da un ingegnere ovvero che un ingegnere esegua i calcoli del cemento armato e diriga le relative opere, perchè è il professionista competente che deve essere altresì titolare della progettazione e assumere le conseguenti responsabilità (Cass. n. 27441 del 2006; Cass. n. 17028 del 2006;

Cass. n.778 del 2005; Cass. n.6649 del 2005; Cass. n.3021 del 2005;

Cass. n. 15327 del 2000).

Le censure sollevate nel primo motivo, relativamente alla mancata liquidazione del compenso per la “progettazione di massima” e la “progettazione preliminare”, vanno quindi respinte. Quanto alle altre censure, appaiono tutte inammissibili.

La censura che lamenta la riduzione del compenso richiesto per l’attività di assistenza ai lavori, tenuto conto che il giudice di merito ha giustificato tale conclusione per il fatto che tale attività era stata prestata in collaborazione con altro professionista, circostanza che non viene contesta dal ricorrente, e che di per sè appare sufficiente a giustificare la soluzione accolta.

La doglianza che contesta la liquidazione del compenso per le varianti calcolata a vacazione e non a percentuale è inammissibile per assoluta genericità, non illustrando il ricorrente le ragioni per cui tale voce avrebbe dovuto essere calcolata secondo quest’ultimo criterio.

Parimenti inammissibile è l’ultima censura che investe l’interpretazione data dalla Corte dell’atto di conferimento dell’incarico, non illustrando il ricorso in quale modo e misura tale presunto errore si sia poi tradotto ed abbia inciso nella determinazione finale di liquidazione del compenso, tenuto anche conto che la stessa parte riconosce che il consulente tecnico le ha attribuita una voce per la specifica attività di coordinamento svolta.

3.2. Il secondo motivo, che denunzia omessa o insufficiente motivazione e violazione o falsa applicazione del R.D. n. 2229 del 1939, art. 16, della L. n. 1086 del 1971, art. 2, e della L. n. 64 del 1974, art. 17, investe il capo della decisione che ha escluso la spettanza dei compensi per le prestazioni non rientranti nella competenza professionale del geometra. Ad avviso del ricorrente, questa conclusione non risulta adeguatamente motivata ed è comunque giuridicamente errata, atteso che la disciplina di legge consente ai geometri l’espletamento dell’attività di progettazione anche per le opere in cemento armato, in caso di modestia della costruzione, condizione da intendersi nel senso di non complessità dell’opera e che avrebbe dovuto essere verificata ed accertata nel caso di specie.

Il giudice triestino non ha comunque considerato che il calcolo e la progettazione delle opere strutturali in cemento armato erano stati effettuati da altro professionista e che la progettazione dell’opera nel suo complesso era stata eseguita dall’attore in un collegio assieme ad altri professionisti abilitati.

Il motivo va dichiarato assorbito alla luce delle considerazioni svolte nell’esame del motivo precedente.

3.3. Il terzo motivo denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c., o, in subordine, omessa motivazione, lamentando che la Corte di appello non si sia pronunciata sulla domanda di restituzione dell’importo versato alla controparte in esecuzione della sentenza di prima grado che aveva condannato l’attore al pagamento delle spese di giudizio.

Il motivo è fondato.

Risulta dalla stessa sentenza impugnata che il Br., nel proprio atto di appello, aveva chiesto la condanna dell’altra parte alla restituzione dell’importo da lui versato in esecuzione della condanna di primo grado che lo aveva condannato al pagamento delle spese di lite, richiesta che di per sè era da considerarsi senz’altro ammissibile, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., non costituendo domanda nuova (Cass. n. 16152 del 2010; Cass. n. 11491 del 2006). Su tale domanda la Corte di appello non si è pronunciata, incorrendo così nel vizio di omessa pronuncia (Cass. n. 16152 del 2010). Nè può ravvisarsi nel caso di specie un’ipotesi di rigetto implicito, atteso che la Corte ha accolto l’appello della parte e quindi modificato la sentenza impugnata anche con riguardo alla regolamentazione delle spese del primo grado di giudizio.

5. In conclusione, sono rigettati i1 ricorso principale ed il primo motivo del ricorso incidentale, è dichiarato assorbito il secondo ed accolto il terzo motivo. La sentenza va quindi cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata, anche per la liquidazione delle spese, ad altra Sezione della Corte di appello di Trieste.

P.Q.M.

riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale proposto dalla società CCDF ed il primo motivo del ricorso incidentale proposto da Br.Se., dichiara assorbito il secondo ed accoglie il terzo motivo del ricorso incidentale; cassa, in relazione al motivo accolto, la sentenza impugnata e rinvia la causa ad altra Sezione della Corte di appello di Trieste, che provvederà anche alla liquidazione delle spese di giudizio.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2011

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