Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18037 del 02/09/2011

Cassazione civile sez. II, 02/09/2011, (ud. 07/06/2011, dep. 02/09/2011), n.18037

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.M., residente in (OMISSIS)), rappresentato e difeso

per procura in calce al ricorso dall’Avvocato Arieta Giuseppe,

elettivamente domiciliato c/o lo studio dell’Avvocato Salomone Enrico

in Roma, via Michelangelo Tilli n. 42.

– ricorrente –

contro

C.G..

– intimata –

e

B.T. e F.P..

– intimati –

avverso la sentenza n. 299 della Corte di appello di Trento,

depositata il 21 giugno 2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 7

giugno 2011 dal consigliere relatore Dott. Mario Bertuzzi;

udite le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha chiesto il

rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.T. e F.P., premesso di essere proprietari, nel comune di Cognola, della nuova p.f. 18/2 e comproprietari, per la quota di un quarto, della p.f. 18/5, destinata quest’ultima a strada interpoderale, e che il vicino B.M., proprietario delle nuove pp.ff. 18/1 e 18/3 e di metà della p.f.

18/5 aveva eretto un edificio a distanza dal confine inferiore a quella prescritta dal vigente strumento urbanistico, convennero in giudizio i B. chiedendone la condanna all’arretramento delle sue costruzioni.

Il Tribunale di Trento, con sentenza n. 251 del 16 febbraio 2001, accolse la domanda limitatamente all’edificio frontistante la particella 18/5, in quanto eretto alla distanza di metri 1,5 dal confine in luogo di quella di metri 4 prescritta dal regolamento edilizio, condannando il convenuto all’arretramento corrispondente.

La Corte di appello di Trento, investita dal gravame proposto dal B., ritenuta la connessione obiettiva, dispose la riunione della causa con altre due, la prima introdotta dagli stessi coniugi B.- F. avente ad oggetto l’accertamento del confine in relazione alle particelle 18/3 e 18/2 e la condanna del medesimo convenuto al ripristino dello stato dei luoghi, ed altra avanzata da C.G., proprietaria della p.f. 15/4, che pure aveva chiesto la condanna del B. all’arretramento dei fabbricati eseguiti sulla p.f. 18/3, domande che erano state accolte dal Tribunale, le cui pronunce erano state appellate dal convenuto. Con sentenza n. 299 del 21 giugno 2005, il giudice di secondo grado, per quanto qui ancora interessa, confermò la statuizione di cui alla sentenza n. 251 del 16 febbraio 2001, affermando che l’invasione della stradina poderale contraddistinta dalla p.f. 18/5 da parte dell’edificio del convenuto risultava accertata dal consulente tecnico d’ufficio e che la convenzione stipulata dalle parti, insieme ad altri comproprietari in data 4 aprile 1974, con cui era stata regolata tale invasione e pattuito lo spostamento della stradina, erada considerarsi inefficace, non avendo il B., come stabilito, provveduto al relativo frazionamento ed alla successiva intavolazione. Per la cassazione di questa decisione, con atto notificato il 21 settembre 2005, ricorre B.M., affidandosi a tre motivi. Nessuna delle parti intimate si è costituita.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo di ricorso, che denunzia carenza di motivazione su un punto decisivo della controversia, censura la sentenza impugnata per avere, da un lato, riconosciuto, che la situazione dell’immobile del convenuto era stata presa in considerazione e quindi regolata dalle parti con la convenzione del 1974 mediante la previsione dello spostamento della stradina poderale, e, dall’altro, senza alcuna spiegazione, disatteso la disciplina dettata dalla convenzione per il mero fatto che il B. non aveva provveduto al frazionamento ed alla successiva intavolatone. Quest’ultima conclusione è errata, sia perchè in realtà l’intavolazione fu impedita dalle stesse controparti, che si rifiutarono di sottoscrivere l’atto notarile riportante il frazionamento, sia in quanto tale accordo avrebbe potuto essere posto nel nulla soltanto in forza di una pronuncia di risoluzione, che invece non risulta mai adottata. La Corte territoriale ha mancato inoltre di rilevare che la stessa presenza di un accordo relativamente alla linea di confine tra i due fondi rendeva improponibile, per difetto di interesse, la domanda degli attori diretta alla determinazione del confine medesimo, mancando sul punto alcun elemento di incertezza.

Il mezzo appare, prima che infondato, inammissibile.

Dalla lettura della decisione emerge chiaramente che la Corte di merito ha ritenuto di non poter tenere conto della citata convenzione del 1974, che pure aveva previsto lo spostamento della stradina, in quanto il B., su cui gravava il relativo adempimento e la conseguente spesa, non aveva provveduto nè al previsto frazionamento nè, soprattutto, alla necessaria intavolazione. Tale conclusione, a sua volta, si fonda su una corretta interpretazione ed applicazione della disciplina normativa che ha conservato nei territori italiani già facenti parte dei l’impero austro-ungarico, il cd. regime di iscrizione tavolare (R.D. 28 marzo 1929, n. 499, e successive modificazioni). Tale disciplina, infatti, prevede che gli effetti reali degli atti tra vivi che dispongono il trasferimento, la modificazione o l’estinzione di un diritto immobiliare si conseguono soltanto con la iscrizione tavolare, che ha valore costitutivo, con l’effetto che, in mancanza di essa, il consenso manifestato dalle parti può dar vita a un diritto di natura personale e obbligatoria, ma non è di per sè sufficiente a perfezionare un acquisto di diritto reale (Cass. n. 12382 del 2005).

Tanto precisato, deve rilevarsi che questa ratio decidendi, che pure risulta chiaramente espressa dalla Corte di merito mediante richiamo all’istituto della intavolazione, non risulta contestata dal mezzo sollevato. Il ricorso, infatti, si limita sul punto ad opporre che la convenzione del 1974 non era mai stata travolta da una pronuncia di risoluzione e che comunque l’intavolazione di tale atto non era avvenuta per causa imputabile alla controparte, per essersi essa rifiutata di stipulare l’atto notarile che riportava il frazionamento dei terreni. La prima argomentazione è però inconferente, avendo il giudice affermato che la citata convenzione non si era mai perfezionata per difetto della sua iscrizione tavolare, sicchè essa era rimasta fin dall’origine inefficace e non aveva quindi modificato i diritti reali vantati dagli attori sulla stradina per cui è causa.

La seconda, invece, integra una deduzione nuova, che la parte non precisa di avere già formulato nel corso dei giudizi di merito, priva di ogni sostegno in elementi di fatto già acquisiti in giudizio; comunque essa implica un accertamento di fatto non consentito in sede di legittimità.

Il secondo motivo di ricorso denunzia “violazione e falsa applicazione di norme sostanziali e procedurali per omessa pronuncia e per omessa, insufficiente, apparente e/o contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia”, lamentando che il giudice territoriale abbia ritenuto esistente la violazione della distanza legale da parte della costruzione del ricorrente mediante mero richiamo alla consulenza tecnica d’ufficio, senza considerare che essa si era limitata ad accertare il confine reale solo tra la p.f. 18/2, di proprietà B.- F., e la p.f. 18/3, e non il confine tra le pp. ff. 18/3 e 18/5 e senza valutare che la consulenza del geom. A. evidenziava l’imprecisione delle mappe catastali dell’intera zona. 11 motivo è infondato ed in parte inammissibile.

L’affermazione della sentenza impugnata in ordine al distanza della costruzione del convenuto dalla stradina di comproprietà degli attori risulta adeguatamente motivata mediante richiamo sia agli allegati della consulenza tecnica d’ufficio, che al contenuto della convenzione del 1974, con cui le parti avevano previsto, per tale ragione, lo spostamento della stradina stessa. Per contro le critiche de ricorrente, che ha lamentato una errata lettura della consulenza tecnica d’ufficio e l’omessa considerazione dei rilievi contenuti in altra consulenza, appaiono non solo generiche, ma anche prive del necessario requisito di autosufficienza, non avendo il ricorso riportato i passi delle consulenze che evidenzierebbero tali incongruenze. E’ noto, invece, che laddove il ricorso per cassazione deduca l’omessa considerazione o erronea valutazione da parte del giudice di merito di risultanze istruttorie, il ricorrente ha l’onere di riprodurre esattamente il contenuto dei documenti e delle prove che si assumono non esaminate, al fine di consentire alla Corte di valutare la sussistenza e decisività delle stesse (Cass. n. 17915 del 2010; Cass. n. 18506 del 2006; Cass. n. 3004 del 2004).

Costituisce diritto vivente di questa Corte il principio che il ricorso per cassazione deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti ai pregresso giudizio di merito (Cass. n. 15952 del 1997; Cass. n. 14767 del 2007; Cass. n. 12362 del 2006).

La censura che denunzia la violazione di norme di diritto è pure inammissibile per genericità, atteso che essa non è accompagnata da alcuna autonoma illustrazione o argomentazione a sostegno e che il ricorrente nemmeno indica le disposizioni di diritto che si assumono violate nè esse risultano in qualche modo dalla lettura del motivo.

Il terzo motivo di ricorso denunzia carenza di motivazione su punti decisivi della controversia e travisamento di fatti, lamentando che nella ricostruzione dei fatti il giudice di merito abbia ignorato che le stesse controparti erano contitolari, insieme al B. ed agli altri comproprietari B., della licenza edilizia relativa all’edificazione, per averne chiesto la voltura al Comune, sicchè essi avevano approvato la relativa planimetria, comprensiva anche della posizione di fabbricato edificato dall’attuale ricorrente, il quale, come risulta anche dal verbale del 7 febbraio 1980 a firma del geom. A. del Comune, era rispondente al progetto per cui era stata rilasciata la licenza edilizia. L’esame degli atti – prosegue il ricorso – avrebbe chiaramente rilevato che tra i frazionamenti che hanno dato luogo alla definizione ed assegnazione del terreni frazionati era stato predisposto anche il tracciato della stradina per dare accesso ai singoli lotti e che, poichè essa risultava alquanto ripida, le parti con la predisposizione della convenzione del 1974, si erano accordate per spostarla.

Il giudice territoriale non ha inoltre considerato che la stradina in oggetto era stata frazionata dopo la costruzione dell’edificio del B..

Anche questo motivo va dichiarato inammissibile.

Assorbente in questo senso è il rilievo che il mezzo non appare rispettare il prescritto e già illustrato requisito di autosufficienza, dal momento che non riproduce il contenuto degli atti da cui risulterebbero le circostanze su cui esso si fonda, nè indica quando essi sono stati prodotti, mancanze che impediscono al Collegio sia di verificare la ritualità della produzione documentale e che tali fatti sono stati già rappresentati dalla parte nel corso del giudizio di merito, che di valutarne la rilevanza ai fini la risoluzione della controversia.

Il ricorso va pertanto respinto.

Nulla si dispone sulle spese di giudizio, non avendo le parti intimate svolto attività difensiva.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 7 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 2 settembre 2011

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