Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18032 del 04/07/2019

Cassazione civile sez. II, 04/07/2019, (ud. 15/01/2019, dep. 04/07/2019), n.18032

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9023-2016 proposto da:

M.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CELIMONTANA

38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PANARITI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIA ELENA ALLANDA;

– ricorrente –

contro

T.P., T.L., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIALE GIULIO CESARE, 78 (FAX 0623328589-3928229355), presso lo

studio dell’avvocato GIUSEPPE CLAUDIO COSTA, che li rappresenta e

difende unitamente all’avvocato UGO LEONETTI;

– controricorrenti –

e contro

C.M.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3881/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 12/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/01/2019 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato PANARITI Paolo, difensore della ricorrente che si

riporta agli atti depositati;

udito l’Avvocato COCHI Maurizio, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato Ugo LEONETTI, difensore dei resistenti che si riporta

agli atti depositati.

Fatto

FATTI DI CAUSA

M.C. con ricorso notificato il 30 marzo 2016 ha chiesto a questa Corte di cassazione l’annullamento della sentenza n. 3881 del 2015 con la quale la Corte di Appello di Milano in riforma della sentenza del Tribunale di Pavia rigettava le domande della sig.ra M. dirette ad accertare l’esistenza di gravi vizi e/o difetti afferenti l’appartamento ed il box acquistato dai convenuti in giudizio, P. e T.L., accogliendo l’eccezione di decadenza formulata dai sigg. T.. Secondo la Corte di Appello di Milano, la sig.ra M. non avrebbe fornito la prova della tempestività della denuncia dei vizi.

La cassazione della sentenza della Corte di Appello di Milano è stata chiesta per un motivo. I sigg. T. hanno resistito con controricorso.

All’udienza camerale del 10 marzo 2017, questa Corte, con ordinanza, rinviava la causa a nuovo ruolo per la discussione in pubblica udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.= La ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1495 e ss. c.c. In particolare, secondo la ricorrente, la Corte distrettuale non avrebbe tenuto conto che la sig.ra M. ha avuto contezza dei vizi solo a seguito di una perizia tecnica e proprio per questo, come risulterebbe dagli atti di causa, aveva dato incarico all’arch. Ca..

1.1.= Il motivo è infondato.

E’ principio più volte affermato da questa Corte, in altre occasioni, quello secondo cui il termine di otto giorni dalla scoperta del vizio occulto decorra dal momento in cui il compratore ne ha acquisito certezza obiettiva e completa (cfr. Cass. 16.3.2011, n. 6169; Cass. 10.3.2011, n. 5732). E, ancora, che, ove la scoperta del vizio avvenga gradatamente ed in tempi diversi e successivi, in modo da riverberarsi sulla consapevolezza dell’entità del vizio stesso, occorre fare riferimento al momento in cui si sia completata la relativa scoperta (cfr. Cass. 6.5.2005, n. 9515).

Ora, la Corte distrettuale, ha osservato, pienamente, questi principi tanto è vero che, non senza opportuna valutazione della situazione di fatto, ha chiarito che “(….) al contrario di quanto considerato dal Tribunale la signora M. ebbe certezza che l’immobile presentasse i vizi di infiltrazione di acqua, anche se ne ignorava la causa, dopo appena pochi mesi dall’acquisto della proprietà e del possesso del”appartamento. Ella infatti come hanno messo in evidenza gli appellanti, nell’atto di citazione davanti al Tribunale di Pavia, ha testualmente scritto al punto cinque della pagina n. 2 che “a pochi mesi dall’acquisto in corrispondenza di alcuni violenti temporali comparivano notevoli macchie di umidità e muffe maleodoranti lungo tutte le pareti perimetrali, particolarmente in camera da letto e nel bagno, che danneggiavano gravemente, anche, il mobilio di proprietà della signora M., posto in aderenza alle pareti. Tali infiltrazioni si verificavano, anche, nel locale autorimessa (…)”.

Non vi è dubbio che, nel caso di specie, la signora M. ebbe certezza obiettiva e completa dei vizi già pochi mesi dopo la stipulazione per atto pubblico il 5 dicembre 2003 del contratto di compravendita e non, come sostiene, nel novembre del 2004.

1.2.= La sentenza impugnata, dunque, non contiene il vizio di violazione di legge denunciato. Va qui ribadito che in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa (di qui la funzione di assicurare l’uniforme interpretazione della legge assegnata alla Corte di Cassazione dall’art. 65 ord. giud.); viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e impinge nella tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione; il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero, erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato, in modo evidente, dal fatto che, solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (in tal senso essenzialmente cfr.. (Cass. n. 16698 e 7394 del 2010).

In definitiva, il ricorso va rigettato e la ricorrente, in ragione del principio di soccombenza ex art. 91 c.p.c., condannata a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio che vengono liquidate con il dispositivo. Si dà atto che sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare alla parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 200 per esborsi oltre spese generali, pari al 15% del compenso ed accessori, come per legge; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile di questa Corte di Cassazione, il 15 Gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2019

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