Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18029 del 04/07/2019

Cassazione civile sez. II, 04/07/2019, (ud. 14/01/2019, dep. 04/07/2019), n.18029

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Gianluca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29309-2015 proposto da:

C.P., C.R.M., C.A., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIALE ANGELICO 92, presso lo studio

dell’avvocato ANDREA PIETROLUCCI, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MARCO DE SANTIS;

– ricorrenti –

contro

ATAC S.P.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI ROGAZIONISTI

16, presso lo studio dell’avvocato ANDREA PIETROLUCCI, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

D.Z.A., vedova C.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 39/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 07/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/01/2019 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La società A.CO.TRA.L., quale concessionaria della ferrovia (OMISSIS), con atto di citazione notificato il 24/03/1988, premesso che C.S. aveva occupato circa mq. 2.400 di terreno costituente sede ferroviaria realizzando un fabbricato di circa mq.70 abusivo, chiudendo l’accesso all’area ed alla sottostazione elettrica “(OMISSIS)” con un cancello in ferro, realizzando una cunetta in cemento, piantando alberi realizzando aiuole bordale in cemento lungo la linea di confine arbitrariamente individuata; conveniva in giudizio il C. chiedendone la condanna alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi ed al risarcimento dei danni causati ad essa attrice.

Si costituiva in giudizio C.S., il quale eccepiva preliminarmente la carenza di legittimazione attiva della A.CO.TRA.L., in quanto non proprietaria del terreno e, in via subordinata, eccezione di connessione del presente giudizio con quello iscritto al R.G. n. 3213/1982 intentatogli dalla proprietaria del sito (S.T.E.F.E.R. – Società Tranvie Ferrovie Elettriche Roma) con analogo petitum. Nel merito, il convenuto eccepiva di aver realizzato le opere in buona fede e senza che la proprietaria del terreno si fosse tempestivamente opposta e spiegava, quindi, domanda riconvenzionale, con la quale chiedeva l’attribuzione del diritto di proprietà del terreno in contestazione previa fissazione di adeguato indennizzo o, in subordine ed in caso di accoglimento dell’avversa domanda, la condanna dell’attrice al risarcimento dei danni da liquidarsi in separato giudizio, comunque, in misura non inferiore a Lire 1.000.000.000.

Esperita l’istruttoria, nel corso della quale veniva eseguita c.t.u. succedevano processualmente a C.S., nelle more deceduto, i suoi eredi ed alla A.CO.TRA.L. prima la CO.TRA.L. e poi la MET.RO. S.p.A.; il Tribunale di Roma, con sentenza n. 28994/04, riteneva MET.RO. S.p.A. non legittimata attivamente e la condannava alle spese del giudizio.

Avverso la sentenza del Tribunale proponeva appello MET.RO. S.p.A., censurandola sotto più profili e chiedendone la riforma con raccoglimento delle originarie domande, come da conclusioni in epigrafe riportate.

Si costituivano in appello C.R.M., C.P.. C.A. e D.Z.A., che eccepivano, preliminarmente, la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di C.R., altro erede dell’originario convenuto C.S., e nel merito l’infondatezza del gravame, concludendo per la conferma della sentenza.

Cancellata la causa dal ruolo, ai sensi dell’art. 309 c.p.c. e riassunta da ATAC S.p.A. (successore processuale in quanto società incorporante di MET.RO. S.p.A.), all’udienza del 07/10/2014 la causa veniva dichiarata interrotta per la dichiarata morte di C.R.. Riassunto il giudizio, espletata la fase istruttoria, la Corte di Appello di Roma con sentenza n. 39 del 2015, dichiarava la nullità della sentenza di primo grado e rimetteva la causa davanti al Tribunale di Roma. Secondo la Corte di Appello di Roma, il contraddittorio non era stato integrato nei confronti di C.R., adesso anch’egli deceduto ed, essendo litisconsorte necessario, ricorrevano le condizioni di cui all’art. 354 c.p.c., comma 1.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta dai sigg. C. ( R., A., P.) con ricorso affidato a due motivi, illustrati con memoria. Atac spa ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.= I sgg. C. denunciano:

a) con il primo motivo di ricorso, la nullità della sentenza e del procedimento ex art. 360 c.p.c., n. 4 anche per violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione agli artt. 1722 e 2504 bis (ante riforma ex lege n. 310 del 2004) c.c. nonchè artt. 83, 110, e 300 c.p.c. (vigenti al 1999). L’inesistenza e/o l’insanabile nullità della riassunzione operata nel 1999 da ACOTRAL. Inesistenza e/o nullità di tutti gli atti successivi. Secondo i ricorrenti la sentenza impugnata sarebbe nulla per due essenziali ragioni: a) non sarebbe stata dichiarata l’interruzione del processo a seguito della dichiarazione dei procuratori di ACOTRAL originaria attrice e CTL che denunciavano l’estinzione sia di Acotral e sia di CTL.; B) ma, ancor di più, per il fatto che dopo la morte del procuratore di parte convenuta, la riassunzione sarebbe stata effettuata dal procuratore di ACOTRAL e, quindi, in nome e per conto della società, ormai estinta.

b) Con il secondo motivo, i ricorrenti denunciano nullità della sentenza e del procedimento ex art. 360 c.p.c., n. 4, anche per violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 5 in relazione agli artt. 1722 e 2504 bis (anteriforma ex lege n. 310 del 2004) c.c. nonchè 83, 110, e 300 c.p.c. (vigenti al 1999) L’inesistenza e/o l’insanabile nullità della riassunzione operata nel 1999 da ACOTRAL. Inesistenza e/o nullità di tutti gli atti successivi. Secondo i ricorrenti, la Corte distrettuale avrebbe errato nel non rilevare l’inesistenza e/o insanabile nullità della riassunzione operata dalla ME.TRO nel 2002 per difetto assoluto di procura, con la conseguente estinzione del processo. La riassunzione della causa che ci occupa operata nel 2002 dalla ME.TRO sarebbe, sempre secondo i ricorrenti, inesistente e/o invalida, essendo stata effettuata sulla base di una procura notarile non rilasciata da un rappresentate di tale ME.TRO, bensì sulla base della procura notarile a rogito Notaio, rilasciata nel 1990 dalla A.C.TRA.L, soggetto del tutto terzo e, comunque, inesistente da quasi 10 anni.

1.1. = I motivi che vanno esaminati congiuntamente, per quanto prospettano una identica questione e, cioè, se prima della pronuncia di nullità per mancata integrazione del contraddittorio, andava dichiarata l’estinzione del giudizio, soprattutto, per mancanza di mandato ad litem da parte di chi ha provveduto a riassumere il giudizio interrotto per morte del procuratore, sono inammissibili.

Premesso che in tema di litisconsorzio necessario, l’esigenza della partecipazione al processo di tutti i soggetti della situazione sostanziale dedotta in giudizio ricorre unicamente quando, in assenza anche di uno soltanto di essi, la sentenza finisca per risultare inidonea a produrre un qualsiasi effetto giuridico anche nei confronti degli altri. Deve, per converso, escludersi la configurabilità del predetto litisconsorzio quando la pronuncia risulti “inutiliter data” soltanto nei confronti dei soggetti assenti dal giudizio, ma possa, viceversa, spiegare ritualmente i suoi effetti nei confronti delle altre parti costituite, sicchè la nozione di “nullità della sentenza” enucleabile dal disposto dell’art. 102 c.p.c. va rettamente intesa in termini di “inidoneità” a produrre qualsivoglia effetto giuridico, e non già di “pratica inutilità” derivante da insuscettibilità parziale di esecuzione, alla quale può, per converso, ovviarsi con la successiva instaurazione di un altro processo nei confronti dei soggetti assenti nel primo (principio affermato in tema di procedimento instaurato da un condomino, cui non avevano partecipato tutti i restanti comproprietari) (essenzialmente vedi Cass. n. 19004 del 22/09/2004 confermata da altre successive).

Ora, a ben vedere, il caso concreto integra un’ipotesi di litisconsorzio necessario perchè in mancanza di integrità del contraddittorio, la sentenza non avrebbe modo di produrre alcun effetto, neppure, nei confronti degli altri convenuti presenti in giudizio dovendosi considerare che il litisconsorte pretermesso avrebbe potuto dimostrare la sussistenza di un titolo che avrebbe escluso l’abusiva occupazione del suolo di cui si dice e, comunque, la mancata presenza in giudizio del litisconsorzio impedirebbe alla parte attrice di ottenere una sentenza operativa perchè ammesso pure che la sentenza possa essere opposta alle parti in causa, l’effetto del ripristino dei luoghi nella situazione anteriore alla realizzazione delle costruzione, sarebbe, comunque, irrealizzabile perchè non opponibile al litisconsorte pretermesso.

Pertanto, la dichiarazione di nullità della sentenza per mancata integrità del contraddittorio è prevalente rispetto ad ogni altra causa che avrebbe determinato l’estinzione del giudizio e, cioè, rispetto all’inesistente riassunzione per mancanza di procura ad litem. E, dunque, correttamente ha operato la sentenza impugnata che va confermata.

In definitiva, il ricorso va rigettato e i ricorrenti in solido vanno condannati a rimborsare a parte controricorrente le spese del presenti giudizio di cassazione che vengono liquidate con il dispositivo. Si da atto che sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato a carico dei ricorrenti.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido a rimborsare alla parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 5.200,00, di cui Euro 200 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% del compenso ed accessori, come per legge; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione seconda Civile di questa Corte di Cassazione, il 14 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2019

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