Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18027 del 03/08/2010

Cassazione civile sez. II, 03/08/2010, (ud. 29/04/2010, dep. 03/08/2010), n.18027

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

COMUNE DI CEREGNANO P.IVA (OMISSIS) in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CASAL BOCCONE 110,

presso lo studio dell’avvocato VALLETTA GIUSEPPE, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato GUIDORZI PAOLO;

– ricorrente –

contro

V.M., C.A., V.R., (EREDI DI

V.V.) M.L. 0 L. 0 L.,

elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA DELL’OROLOGIO 7, presso lo

studio dell’avvocato MORESCHINI PAOLA, rappresentati e difesi

dall’avvocato LUBIAN ROBERTO;

– controricorrenti –

e contro

V.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 89/2004 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 22/01/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/04/2010 dal Consigliere Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

udito l’Avvocato LUBIAN Roberto, difensore dei resistenti che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CENICCOLA Raffaele che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il tribunale di Rovigo in data 26 marzo 2001, in accoglimento della domanda proposta da V.M., R.M., V. R., C.A., V.A., M. L., dichiarava l’insussistenza di servitu’ di uso pubblico sulla porzione di terreno di proprieta’ degli attori sita in frazione (OMISSIS) del comune convenuto. La sentenza veniva confermata il 22 gennaio 2004 dalla Corte d’appello di Venezia, che respingeva il gravame interposto dal comune di Ceregnano.

La Corte territoriale, premesso che era superfluo disporre consulenza tecnica, perche’ l’area era stata identificata con esattezza da risultanze specificamente indicate, rilevava che ora mancata sia la prova della generalita’ dell’uso da parte di una collettivita’ di individui titolari di un interesse generale, sia la idoneita’ del bene, in quanto il terreno non collegava due strade pubbliche, ma solo l’accesso di tondi privati alla strada pubblica. Negava inoltre che fosse stata raggiunta la prova di un utilizzo generalizzato da parte di una collettivita’ indeterminata di soggetti o della dicatio ad patriam. Il Comune ha proposto ricorso per cassazione, imperniato su tre motivi. I proprietari hanno resistito con controricorso. Il mandato a margine di detto atto risulta essere stato rilasciato al difensore dei resistenti solo da cinque degli appellati, ma non da V.A. che e’ rimasta pertanto intimata. V. C., menzionato nell’intestazione della sentenza d’appello e nell’epigrafe del ricorso, non e’ pero’ soggetto nei cui confronti, la Corte territoriale si sia pronunciata (cfr. pag 3 e pag. 11 della sentenza), ne’ il ricorso gli e’ stato notificato.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 825 c.c. Il ricorrente deduce che:

L’assoggettamento ad uso pubblico avviene con la dicasio ad patriam per il comportamento del proprietario che sottopone volontariamente il proprio bene all’uso della collettivita’. Sostiene che la Corte d’appello, nel rilevare che da parte del Comune erano stati eseguiti “interventi di tombinatura della fognatura” aveva riconosciuto l’esistenza dei presupposti. Aggiunge che le emergenze istruttorie avrebbero dimostrato che la strada oggetto di causa “si pone in comunicazione con la via pubblica”. Critica la esclusione della strada interponderale – iscritta negli elenchi comunali. – dall’uso pubblico, perche’ si verterebbe in tema di “diritto reale dell’ente esponenziale”, estinguibile soltanto per volonta’ dell’ente stesso, restando irrilevante l’assenza di sbocco sulla strada.

2) Il secondo motivo lamenta violazione della L. n. 2248 del 1965, art. 22, comma 3 all. F e vizio di motivazione. Il comune rileva la demanialita’ dell’area in forza di detta norma, la quale prevede una presunzione iuris tantum di demanialita’ delle strade ubicate all’intorno degli abitati, questione che i giudici di merito non avrebbero approfondito.

3) Il terzo motivo lamenta la insufficienza della motivazione, in relazione all’art 191 c.p.c. per la mancata ammissione di una consulenza, sollecitata dall’appellante, volta a chiarire “l’ampiezza delle opere compiute dal comune”, nonche’ l’assenza di segni volti ad interdire l’area al pubblico uso.

4) Le censure sono infondate sotto ogni profilo.

Va subito evidenziato che, contrariamente a quanto reca il ricorso (pag. 6 prima parte) non e’ vero che i giudici d’appello abbiano rilevato che l’area in questione sia stata oggetto di intereventi di tombinatura da parte del Comune. L’attenta lettura della sentenza (pag 6 ultima parte) evidenzia invece che i giudici di appello hanno distinto l’area in oggetto da una “canaletta di scolo di bonifica”, scrivendo che l’area “fronteggia” da un lato i lotti degli appellati e dall’altro la canaletta. Hanno aggiunto che gli interventi di tombinatura hanno interessato la canaletta – e non l’area – e che il Comune ha realizzato la fognatura nell’alveo del canale cedutogli in uso dal Consorzio. Ne discende che sono del tutto prive di rilievo le argomentazioni tratte dall’esecuzione di opere di tombinatura, che sono rimaste estranee all’area specificamente in contestazione. La sentenza ha inoltre avuto cura di chiarire che in loco non constano (anche per quanto deposto da testimoni indotti da entrambe le parti) ulteriori interventi. Ne ha cosi’ desunto la superfluita’ della ipotizzata consulenza tecnica, non essendovi altre opere di pubblica utilita’ di cui verificare l’esistenza, peraltro esclusa dai testi indotti dal Comune. Queste ultime considerazioni impongono il rigetto del terzo motivo di ricorso, che non ha criticato specificamente e queste affermazioni e che quindi invoca inutilmente una consulenza tecnica per disporre la quale mancava ogni presupposto.

5) Con riferimento al primo motivo “la sentenza impugnata ha anche chiarito opportunamente la inconcludenza, ai fini del Comune, del fatto che la strada contesa consenta l’accesso alla strada pubblica.

Si tratta, ha osservato la Corte di Venezia, di una utilita’ circoscritta ai singoli fondi beneficiari e non estesa alla collettivita’; ben diversa avrebbe potuto essere la valutazione se la strada contesa avesse messo in collegamento due strade pubbliche, circostanza che e’ stata esclusa, riferisce la sentenza, mediante constatazione in sede di sopralluogo dell’Autorita’ giudiziaria.

L’ultimo aspetto rilevante della prima doglianza concerne la iscrizione negli elenchi comunali della strada. Citando Cass. 915/03, il Comune ricorda che la strada interponderale o vicinale, iscritta negli elenchi comunali, si presume assoggettata al pubblico transito, diritto reale dell’ente esponenziale estinguibile soltanto per volonta’ anche implicita del medesimo, irrilevante essendo al riguardo che la via sia chiusa da un lato, senza sbocco su altra strada. Il rilievo e’ inconferente. Come si evince implicitamente dalla massima teste’ citata, l’inserimento di una strada nell’elenco di cui alla L. n. 126 del 1958, art. 8 integra una presunzione semplice di destinazione del tracciato al pubblico transito, che puo’ essere vinta dalla valutazione, da parte del giudice di merito, degli elementi certi acquisiti al processo, idonei a dimostrare la natura privata della strada stessa (Cass. 3391/09).

Cio’ e’ quanto avvenuto nella specie, in cui, la Corte territoriale, con sentenza puntualmente motivata, ha escluso (pagg. 7 e 8) esaminando le caratteristiche dell’area, le deposizioni testimoniali e ogni altra risultanza – la sussistenza dell’assoggettamento a pubblico transito e ha confermato la natura privata, peraltro indiscussa, della proprieta’ immobiliare, ben considerando anche l’iscrizione della porzione di terreno nello stradario del Comune sent. pag. 9) 6). Analoghe considerazioni inducono al rigetto anche del secondo motivo di ricorso. Giova in proposito ribadire (con Cass. 23705/09) che l’appartenenza di una strada ad un ente pubblico territoriale puo’ essere desunta da una serie di elementi presuntivi aventi i requisiti di gravita’, precisione e concordanza prescritti dall’art. 2729 c.c., non potendo reputarsi, a tal fine, elemento da solo sufficiente l’inclusione o meno deliri strada stessa nel relativo elenco, gia’ previsto dalla L. n. 126 del 1958, art. 8 avente natura dichiarativa e non costitutiva, ed avendo carattere relativo la presunzione di demanialita’ di cui alla L. n. 2248 del 1865, art. 22, all. F. Nella specie la presunzione di demanialita’ dell’area e’ stata superata sia dalla circostanziata motivazione sia, ancor prima, dallo stesso presupposto della domanda svolta dall’ente, che, come hanno rilevato i giudici di secondo grado, era finalizzata al riconoscimento della servitu’ d’uso pubblico e dunque muoveva dal presupposto della proprieta’ privata e non pubblica dell’area stessa.

Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna di parte soccombente alla refusione dello spese di. lite, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente alla refusione ai controricorrenti, in solido, delle spese di lite, liquidate in Euro 3.000,00 per onorari, 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione Seconda civile, il 29 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2010

 

 

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