Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18024 del 21/07/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 21/07/2017, (ud. 21/03/2017, dep.21/07/2017),  n. 18024

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLE TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8759-2015 proposto da:

C.S. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEI GRACCHI 128, presso lo studio dell’avvocato EMILIO TRUCCO,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO DAVI’, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

GE.S.P.I. S.R.L. P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO

VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato MARIO ANTONINI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO ANDRONICO,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 289/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 24/03/2014 R.G.N. 375/2011.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che con sentenza del 24 marzo 2014, la Corte d’Appello di Catania, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Siracusa, rigettava la domanda proposta da C.S. nei confronti della GE.S.P.I. S.r.l., avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento intimatogli per giustificato motivo oggettivo;

che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto inattendibile la deposizione del teste P., in quanto contrastante con le risultanze documentali e con la stessa prospettazione del ricorrente, come anche del teste M., viceversa ritenute prevalenti dal primo giudice e, di contro, decisive, ai fini della prova della ricorrenza dell’invocato giustificato motivo oggettivo, le dichiarazioni dei testi D.G. e F. in ordine all’adibizione esclusiva del ricorrente alle soppresse mansioni di manutenzione dell’impianto di incenerimento;

che per la cassazione di tale decisione ricorre il C., affidando l’impugnazione a quattro motivi, cui resiste, con controricorso, la Società.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 416 c.p.c., comma 3, art. 420 c.p.c., commi 5 e 7 e art. 437 c.p.c., comma 2, lamenta l’aver la Corte territoriale maturato il proprio convincimento circa l’inattendibilità dei testi da lui indotti sulla base di una produzione documentale tardiva e, pertanto, inammissibile;

che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., art. 2697 c.c., L. n. 604 del 1966, artt. 3 e 5, il ricorrente lamenta l’erroneità del convincimento maturato dalla Corte territoriale in ordine alla raggiunta prova della giustificazione del licenziamento;

– che, il terzo motivo, rubricato con riferimento all’omesso esame di un fatto controverso decisivo per il giudizio, è inteso a censurare l’accertamento operato dalla Corte territoriale, non mirato, a suo dire, alla verifica dei presupposti – sussistenza delle ragioni oggettive invocate e impossibilità del reimpiego del ricorrente legittimanti l’intimato licenziamento;

– che, il quarto motivo, posto sotto la rubrica “Omesso esame ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione ai presupposti di cui all’art. 1175 c.c. in relazione alla L. n. 604 del 1966, artt. 3 e 5, e alla L. n. 223 del 1991, art. 5” è inteso a denunciare l’omessa valutazione della legittimità del recesso sotto il profilo della violazione dell’obbligo di correttezza e buona fede in relazione alla mancata applicazione per analogia dei criteri di scelta dei lavoratori licenziandi di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 5;

– che, posta l’infondatezza del primo motivo, atteso che la non veridicità delle dichiarazioni testimoniali su cui il primo giudice aveva fondato l’accoglimento della domanda del ricorrente risulta asseverata dalla Corte territoriale non con esclusivo riguardo alla documentazione che si assume, senza tuttavia darne prova, essere stata tardivamente prodotta, le censure mosse con il secondo ed il terzo motivo mirano inammissibilmente a sollecitare in questa sede una valutazione nel merito della controversia sulla base di una lettura delle risultanze istruttorie diversa da quella attraverso la quale la Corte territoriale è giunta ad accertare l’adibizione del ricorrente alle mansioni di manutentore, ovvero alle mansioni risultate soppresse per essere state oggetto dell’esternalizzazione che è alla base del licenziamento, così asseverando la ricorrenza dei presupposti legittimanti il licenziamento, anche per quel che riguarda l’impossibilità di un reimpiego del ricorrente in altre mansioni, mai contestata da questi, che semmai ha richiesto in prime cure, senza tuttavia ritualmente riproporre la domanda in appello (la memoria di costituzione datata 5 marzo 2014 è tardiva), comunque infondatamente l’applicazione per analogia dei criteri selettivi di cui alla L. n. 223 del 1991, art. 5;

che il ricorso va dunque rigettato, con attribuzione delle spese in ragione della soccombenza, liquidate come da dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 21 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2017

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