Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18023 del 21/07/2017
Cassazione civile, sez. lav., 21/07/2017, (ud. 08/03/2017, dep.21/07/2017), n. 18023
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –
Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –
Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –
Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –
Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28955-2011 proposto da:
SIELTE S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ORAZIO 12,
presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI TORTORICI, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS), in
persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, in
proprio e quale mandatario della S.C.C.I. CARTOLARIZZAZIONE CREDITI
INPS S.P.A. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’istituto,
rappresentato e difeso dagli Avvocati CARLA D’ALOISIO, LELIO
MARITATO, ANTONINO SGROI, giusta delega in atti;
– controricorrente –
nonchè contro
SERIT SICILIA S.P.A.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 543/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 08/03/2011 R.G.N. 7407/2008.
Fatto
RILEVATO IN FATTO
che, con sentenza depositata l’8.3.2011, la Corte d’appello di Roma, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha condannato SIELTE s.p.a. al pagamento in favore dell’INPS della somma di Euro 323.646,62 a titolo di contributi omessi in relazione a contratti di formazione e lavoro stipulati con propri dipendenti;
che avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione SIELTE s.p.a., deducendo due motivi di censura, illustrati con memoria;
che l’INPS ha resistito con controricorso e il Pubblico ministero ha concluso per il rigetto dell’impugnazione;
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che, con il primo motivo, la società ricorrente ha denunciato violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, commi 9 e 10, artt. 2935,2941,2942,2943e 2946 c.c., nonchè vizio di motivazione, per non avere la Corte di merito ritenuto l’applicabilità del termine quinquennale di prescrizione dei contributi, il quale, avuto riguardo alla data in cui il diritto al recupero poteva esser fatto valere dall’Istituto, al momento della notifica della cartella esattoriale era spirato;
che, con il secondo motivo, la società ricorrente ha lamentato violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nonchè vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale ritenuto la fondatezza della pretesa creditoria dell’Istituto nonostante che su di esso gravasse l’onere della prova e non fossero stati nemmeno indicati i contratti di formazione e lavoro per i quali l’agevolazione contributiva doveva considerarsi indebita;
che, con riguardo al primo motivo, va ribadito che, agli effetti del recupero degli sgravi contributivi integranti aiuti di Stato incompatibili col mercato comune, vale il termine ordinario di prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c., decorrente dalla notifica alla Repubblica Italiana della decisione comunitaria di recupero, mentre non possono ritenersi applicabili nè il termine di prescrizione dell’azione di ripetizione ex art. 2033 c.c., atteso che lo sgravio contributivo opera come riduzione dell’entità dell’obbligazione contributiva e l’ente previdenziale, che agisce per il pagamento degli importi corrispondenti agli sgravi illegittimamente goduti, non può conseguentemente definirsi attore in ripetizione di indebito oggettivo, nè il termine di prescrizione quinquennale L. n. 335 del 1995, ex art. 3,commi 9 e 10, dal momento che, riguardando tale disposizione le sole contribuzioni di previdenza e assistenza sociale e potendo invece l’incompatibilità comunitaria riguardare qualsiasi tipo di aiuto, non è possibile assimilare l’azione di recupero dello sgravio da aiuto di Stato illegittimo e l’azione di pagamento di contributi non versati e applicare analogicamente alla prima il termine di prescrizione proprio della seconda (cfr. in termini Cass. nn. 6671 e 6756 del 2012);
che, con riguardo al secondo motivo, in considerazione del principio secondo cui, nelle controversie relative al recupero dei contributi non corrisposti per indebita fruizione di sgravi contributivi, compete al datore di lavoro opponente l’onere di provare il possesso dei requisiti richiesti dalla legge per poter beneficiare della detrazione (cfr., tra le tante, Cass. n. 21898 del 2010), la circostanza che, nella specie, le condizioni legittimanti il beneficio e la sua conseguente non recuperabilità siano state dettate (anche) da disposizioni comunitarie non può alterare i termini della ripartizione dell’onere probatorio, spettando pur sempre al datore di lavoro dimostrare la sussistenza delle condizioni, stabilite dalla Commissione o da quest’ultima presupposte siccome già fissate dalla normativa nazionale, per poter legittimamente usufruire degli sgravi (Cass. n. 6671 del 2012);
che, essendosi la Corte di merito attenuta ai superiori principi di diritto, nessuna censura merita la sentenza impugnata, onde il ricorso per cassazione va senz’altro rigettato;
che, avuto riguardo alla circostanza che i principi di diritto dianzi enunciati si sono consolidati successivamente alla proposizione del ricorso per cassazione, può ritenersi la sussistenza di giusti motivi per compensare le spese del giudizio di legittimità.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza Camerale, il 8 marzo 2017.
Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2017