Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1802 del 28/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 28/01/2021, (ud. 05/11/2020, dep. 28/01/2021), n.1802

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18828-2019 proposto da:

A.J., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ROSARIA TASSINARI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministero pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 630/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 21/2/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 5/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALBERTO

PAZZI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Bologna, con ordinanza ex art. 702-ter c.p.c. del 5 giugno 2015, rigettava il ricorso presentato da A.J. avverso il provvedimento di diniego di protezione internazionale emesso dalla locale Commissione territoriale (avanti alla quale il migrante, privo di alcun documento di identità, aveva raccontato di essere originario di (OMISSIS), in Nigeria, da dove si era allontanato a seguito dei contrasti avuti con la matrigna a causa dell’eredità paterna) al fine di domandare il riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria;

2. la Corte d’appello di Bologna, con sentenza depositata in data 21 febbraio 2019, respingeva l’impugnazione proposta dal richiedente asilo in quanto l’inattendibilità della sua narrazione impediva l’individuazione della sua reale provenienza, rendeva inutile ogni indagine sulla situazione interna della Nigeria e comprometteva l’accoglimento di ogni profilo dell’impugnazione proposta;

3. per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso John A.

prospettando tre motivi di doglianza;

l’amministrazione intimata non ha svolto alcuna difesa.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 3 e 5 D.Lgs. n. 251 del 2007, in quanto la Corte d’appello di Bologna non avrebbe applicato il principio dell’onere della prova attenuato nè avrebbe valutato la credibilità del richiedente asilo alla luce dei parametri previsti da tali norme;

5. il motivo è inammissibile;

in materia di protezione internazionale il richiedente è tenuto ad allegare i fatti costitutivi del diritto alla protezione richiesta e, ove non impossibilitato, a fornirne la prova, trovando deroga il principio dispositivo, soltanto a fronte di un’esaustiva allegazione, attraverso l’esercizio del dovere di cooperazione istruttoria e di quello di tenere per veri i fatti che lo stesso richiedente non è in grado di provare nel caso in cui questi, oltre ad essersi attivato tempestivamente alla proposizione della domanda e ad aver compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziarla, superi positivamente il vaglio di credibilità soggettiva condotto alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 (Cass. 15794/2019):

questa valutazione di affidabilità del dichiarante è il risultato di una procedimentalizzazione legale della decisione, che deve essere svolta alla luce dei criteri specifici indicati all’interno del citato art. 3, oltre che di criteri generali di ordine presuntivo idonei a illuminare il giudice circa la veridicità delle dichiarazioni rese (Cass. 20580/2019);

la norma in parola obbliga in particolare il giudice a sottoporre le dichiarazioni del richiedente, ove non suffragate da prove, non soltanto a un controllo di coerenza interna ed esterna, ma anche a una verifica di credibilità razionale della concreta vicenda narrata a fondamento della domanda (Cass. 21142/2019);

la Corte di merito si è ispirata a questi criteri laddove, all’esito dell’esame delle dichiarazioni rese dal migrante, ha rilevato – come previsto dall’ appena citato art. 3, comma 5, lett. a) e c) – che il racconto offerto dal richiedente asilo era eccessivamente generico, contrastava con le informazioni generali sulla conformazione dei luoghi evocati e non risultava plausibile in diversi punti sotto il profilo della credibilità razionale della concreta vicenda narrata;

una volta constatato come la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del richiedente asilo sia il risultato di una decisione compiuta alla stregua dei criteri indicati nel D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, è sufficiente aggiungere che la stessa costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, censurabile in questa sede solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile;

si deve, invece, escludere l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura e interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, nel senso proposto in ricorso, trattandosi di censura attinente al merito;

censure di questo tipo si riducono infatti all’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, che però è estranea all’esatta interpretazione della norma e inerisce invece alla tipica valutazione del giudice di merito, la quale è sottratta al sindacato di legittimità (Cass. 3340/2019);

6.1 il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in quanto la Corte d’appello non avrebbe verificato la sussistenza di una minaccia grave alla vita del migrante derivante dalla situazione di violenza indiscriminata esistente nel paese di origine, nè avrebbe minimamente analizzato la situazione sociopolitica ivi esistente;

6.2 il terzo motivo di ricorso assume la violazione dell’art. 5 T.U.I., comma 6, in quanto la Corte d’appello non avrebbe esaminato il ricorrere dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, omettendo in particolare di verificare se la prospettazione di un quadro generale di violenza diffusa e generalizzata fosse quanto meno idoneo a integrare una situazione di vulnerabilità; la Corte distrettuale inoltre non avrebbe valorizzato adeguatamente l’inserimento socio-lavorativo del migrante, in un’ottica comparativa con la situazione di privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani che si sarebbe determinata in caso di rimpatrio;

7. i motivi, da esaminarsi congiuntamente in ragione del coincidente vizio che li affligge, sono inammissibili;

la Corte distrettuale ha spiegato a chiare lettere che l’inattendibilità della narrazione comportava l’impossibilità di individuare la reale provenienza dell’appellante, risultato privo dei documenti di identità, di modo che era irrilevante effettuare indagini rispetto alla situazione interna di uno Stato non ricollegabile con certezza alla persona del richiedente asilo;

una simile valutazione corrisponde a ragioni logiche, giacchè l’obbligo di cooperazione istruttoria non può che essere esplicato rispetto a circostanze che assumano rilievo ai fini del giudizio, ed alla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, in tema di protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2017, ex art. 14, lett. c), il potere-dovere di indagine d’ufficio del giudice circa la situazione generale esistente nel paese d’origine del richiedente non trova ostacolo nella non credibilità delle dichiarazioni rese dal richiedente stesso riguardo alla propria vicenda personale, sempre che il giudizio di non credibilità non investa il fatto stesso della provenienza dell’istante dall’area geografica interessata alla violenza indiscriminata che fonda tale forma di protezione (Cass. 14283/2019);

la totale inattendibilità delle dichiarazioni del migrante, involgente la sua stessa provenienza, ha così compromesso il riconoscimento non solo della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), ma anche della protezione umanitaria, sia perchè non era nota la situazione da tenere a parametro al fine di verificare se un eventuale rimpatrio potesse determinare una significativa ed effettiva compromissione dei diritti fondamentali inviolabili del migrante (Cass. 4455/2018), sia perchè non era possibile verificare se e in che misura le condizioni generali del paese di origine potessero influire sulle condizioni personali del richiedente asilo provocando una particolare condizione di vulnerabilità;

entrambe le critiche muovono invece dal diverso presupposto che la provenienza del migrante dalla Nigeria fosse certa e da tenere in considerazione al fine di verificare il ricorrere dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria o umanitaria;

in questo modo le doglianze non incontrano gli argomenti offerti dalla Corte distrettuale e se ne astraggono, malgrado il ricorso per cassazione debba necessariamente riferirsi alla decisione impugnata (Cass. 6587/2017, Cass. 13066/2007);

la proposizione di censure prive di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), con la conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio (Cass. 20910/2017);

8. in forza delle ragioni sopra illustrate il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

la mancata costituzione in questa sede dell’amministrazione intimata esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dal L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 5 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2021

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