Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1802 del 26/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 26/01/2011, (ud. 03/12/2010, dep. 26/01/2011), n.1802

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARLEO Giovanni – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – rel. Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

S.L., elett.te dom.to in Roma, alla via Germanico 197,

presso lo studio dell’avv. Napoleoni Cristina, dalla quale è rapp.to

e difeso, unitamente all’avv. Sarti Andrea, giusta procura in atti;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rapp.te pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che lo rappresenta e difende per legge;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale della Toscana n. 36/2008/29 depositata il 27/3/2008;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

giorno 3/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. Marcello Iacobellis;

viste le richieste del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale, Dott. MATERA, che ha concluso aderendo alla relazione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia promossa da S.L. contro l’Agenzia delle Entrate è stata definita con la decisione in epigrafe, recante l’accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza della CTP di Pistoia n. 67/1/2007 che aveva accolto il ricorso della contribuente avverso il silenzio rifiuto dell’Ufficio sull’istanza di rimborso Irap versata negli anni 1998- 2001. Il ricorso proposto si articola in tre motivi. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Il relatore ha depositato relazione ex art. 380 bis c.p.c.. Il presidente ha fissato l’udienza del 3/12/2010 per l’adunanza della Corte in Camera di Consiglio. Il P.G. ha concluso aderendo alla relazione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con primo motivo la ricorrente assume la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3 in relazione all’art. 360 c.p.p., comma 1, n. 3. La CTR nel valutare l’esistenza dei presupposti impositivi avrebbe fatto riferimento ad una struttura organizzativa altrui, senza considerare la rilevanza dei beni impiegati dalla contribuente.

La censura è infondata: lo svolgimento della propria attività professionale all’interno di uno studio professionale è circostanza di per sè idonea a far presumere l’esistenza di una autonoma organizzazione di strutture e mezzi, nonchè dell’intento di avvalersi della reciproca collaborazione e competenze, ovvero della sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze, a meno che il contribuente non dimostri l’esistenza di un rapporto di lavoro alle dipendenze del titolare dello studio professionale.

Con secondo motivo la ricorrente assume la insufficiente motivazione circa un fatto controverso. La CTR non avrebbe tenuto conto della limitatezza ed essenzialità dei beni impiegati dalla S. nello studio.

Con terzo motivo la ricorrente assume la contraddittorietà della motivazione; il parziale accoglimento dei principi giurisprudenziali in materia di Irap avrebbe dovuto portare al rigetto dell’appello.

Le censure sono infondate non ravvisandosi nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, una obiettiva deficienza del criterio logico che ha condotto la CTR alla formazione del proprio convincimento, nè le ragioni poste a fondamento della decisione risultino sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l’individuazione della “ratio decidendi”, e cioè l’identificazione del procedimento logico – giuridico posto a base della decisione adottata. La CTR ha infatti accolto l’appello sul rilievo che la contribuente si è valsa, per lo svolgimento della professione, del necessario aiuto dei mezzi umani e materiali esistenti e operanti sul luogo di lavoro.

Consegue da quanto sopra il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente alla rifusione, in favore dell’Amministrazione Finanziaria, delle spese del grado che si liquidano in complessivi Euro 700,00, di cui Euro 100,00 per spese, oltre accessori di legge.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione, in favore dell’Amministrazione Finanziaria, delle spese del grado che si liquidano in complessivi Euro 700,00 oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2011

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