Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18019 del 24/07/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 18019 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 21730-2011 proposto da:
COMUNE DI CALVENZ ANO 00246370167 (BG) in persona del
Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.G.
BELLI 27, presso lo studio dell’avvocato MEREU GIACOMO, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato BATTAGLIOLA
MASSIMILIANO, giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente contro
STOCK HOUSE ITALIA SRL;

-intimata avverso la sentenza n. 248/63/2010 della Commissione Tributaria
Regionale di MILANO – Sezione Staccata di BRESCIA del 18.5.2010,
depositata il 14/09/2010;

Data pubblicazione: 24/07/2013

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
26/06/2013 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE
CARACCIOLO;
udito per il ricorrente l’Avvocato Paolo Mereu (per delega avv.
Giacomo Mereu) che si riporta agli scritti.

IMMACOLATA ZENO che ha concluso per il rigetto del 10 motivo
del ricorso e per l’inammissibilità del 2° motivo.

Ric. 2011 n. 21730 sez. MT – ud. 26-06-2013
-2-

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott.

La Corte,
ritenuto che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

Osserva:
La CTR di Milano ha accolto l’appello proposto dalla “Stock House Logistic srl”
contro la sentenza n.97/08/2008 della CTP di Bergamo che aveva respinto il ricorso
proposto dalla stessa contribuente avverso cartella di pagamento per tassa di
smaltimento rifiuti relativa all’anno 2006, avviso emesso dal comune di Calvenzano
sul presupposto che la contribuente non avesse adempiuto al pagamento di quanto
dovuto per le aree produttive nelle quali si producono rifiuti speciali, assimilati a
quelli urbani a norma dello specifico regolamento comunale adottato in materia.
La CTR ha motivato la propria decisione nel senso che —trattandosi di rifiuti da
imballaggi di cui era prevista l’assimilazione a quelli urbani a mente dell’art. 8 del
regolamento comunale per lo smaltimento e la raccolta dei rifiuti- avrebbe dovuto
trovare applicazione la disciplina dell’art.21 del D.Lgs.22/1997, a mente del quale
l’assimilazione ai rifiuti urbani è subordinata all’indicazione di “determinati criteri
quali-quantitativi da individuarsi da parte dello Stato con apposita formazione”,
mentre l’Amministrazione comunale aveva fatto riferimento a parametri di natura
esclusivamente qualitativa, previsione che —non corrispondendo ai criteri stabiliti
dalla legge- meritava di essere disapplicata. Né si darebbe potuto porre l’inerzia dello
Stato a carico del contribuente, aggravandone ingiustamente la posizione tributaria.
Il comune di Calvenzano ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
La parte contribuente non si è costituita.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore- può essere
definito ai sensi dell’art.375 cpc.

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letti gli atti depositati

Con il primo motivo di impugnazione (improntato alla violazione dell’art.21 comma
2 del D.Lgs. 22/1997) la parte ricorrente si duole del fatto che la omessa indicazione
dei limiti quantitativi massimi delle tipologie di rifiuti speciali da esercizio di attività
produttiva assimilati a quelli urbani sia stata ritenuta dal giudice del merito motivo di
disapplicazione del regolamento comunale, senza considerare che la semplice

“per un’assimilazione indipendente dalle quantità dei rifiuti prodotti”. Le
determinazioni del giudice del merito implicherebbero, d’altronde, che —in difetto
dell’indicazione del limite quantitativo- anche la produzione di un solo grammo di
rifiuto dovrebbe comportare l’esenzione dal pagamento della TARSU, con
conseguente privazione di efficacia della previsione regolamentare. Con il secondo
motivo di impugnazione (centrato sulla violazione dell’art.62 comma 1 del DPR
n.507/1993) la parte ricorrente si duole ancora che il giudice del merito abbia violato
la regola secondo cui per la sottoposizione all’obbligo del pagamento del tributo “è
sufficiente la mera detenzione dei locali” , senza che rilevi la concreta possibilità del
contribuente di fruire del servizio di raccolta e smaltimento. La sentenza impugnata,
al contrario, finiva per creare “una equivalenza non consentita dalla norma in esame,
ossia che la produzione e l’autosmaltimento di rifiuti di imballaggio …determini
l’esclusione totale del produttore dal pagamento del corrispettivo”.

Il primo dei detti motivi appare

infondato, mentre il secondo appare

inammissibilmente formulato perché non inerente alla ratio decidendi della pronuncia
impugnata, che attiene esclusivamente alla questione della necessaria specificazione
dei limiti quantificativi dell’assimilazione, e perciò alle ragioni cui fa riferimento il
solo primo motivo di impugnazione.
Quest’ultimo peraltro, come si è detto, appare non degno di essere condiviso, poiché
contrastante con l’indirizzo giurisprudenziale costantemente adottato dalla Corte
Suprema (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 30719 del 30/12/2011; Cass. Sez. 5, Sentenza n.
12752 del 02/09/2002; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 9631 del 13/06/2012) in subiecta
materia:”In tema di tassa per lo smaltimento di rifiuti urbani, la dichiarazione di

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individuazione (qualitativa) delle sostanze dovesse considerasi frutto della opzione

assimilazione dei rifiuti speciali non pericolosi a quelli urbani, previsto dall’art. 21,
comma 2, d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, presuppone necessariamente la concreta
individuazione delle caratteristiche, non solo qualitative, ma anche quantitative dei
rifiuti speciali poiché l’impatto igienico ed ambientale di un materiale di scarto non
può essere valutato a prescindere dalla sua quantità. (In applicazione del principio, la

pagamento in tema di TARSU, in quanto la delibera comunale che aveva disposto
l’assimilazione dei rifiuti non pericolosi “indipendenti dalle loro quantità” era
illegittima, per mancata determinazione dei criteri quantitativi)”.
Pertanto, si ritiene che il ricorso può essere deciso in camera di consiglio per
manifesta infondatezza ed inammissibilità.
Roma, 30 gennaio 2013

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;
che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese di lite non necessitano di regolazione, atteso che la parte vittoriosa
non si è costituita.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.
Così deciso in Roma il 26 giugno 2013.

S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva annullato una cartella di

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