Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18018 del 01/09/2011

Cassazione civile sez. I, 01/09/2011, (ud. 09/02/2011, dep. 01/09/2011), n.18018

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

A.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via Andrea

Doria 48, presso l’avv. ABBATE Ferdinando Emilio, che lo rappresenta

e difende per procura in atti;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro

tempore;

– intimata –

avverso il decreto della Corte di appello di Roma del 19 marzo 2009

nella causa n. 60872/2006 Ruolo Generale Affari Diversi;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 9

febbraio 2011 dal relatore, Cons. Dott. Stefano Schirò;

udito, per il ricorrente. L’avv. Roda Ranieri per delega, che ha

chiesto raccoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A.A. ricorre per cassazione, sulla base di tre motivi, avverso il decreto in data 19 marzo 2009, con il quale la Corte di appello di Roma ha condannato il la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in suo favore della somma di Euro 3.500.00, oltre agli interessi legali a decorrere dalla data del decreto, a titolo di equo indennizzo per la violazione del termine ragionevole di durata di un giudizio promosso davanti al Tar Lazio con ricorso depositato nel gennaio 1998 e definito con sentenza del novembre 2005.

La Presidenza intimata non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente si duole che la Corte d’appello, con vizio di motivazione, abbia erroneamente determinato la durata complessiva del giudizio presupposto in sei anni e dieci mesi anzichè in sette anni e dieci mesi e che conseguentemente, avendo stabilito in tre anni e sei mesi la durata ragionevole di detto processo, abbia determinato quella irragionevole nella erronea misura di tre anni e quattro mesi anzichè in quella di quattro anni e quattro mesi.

Con il secondo motivo l’ A. deduce che erroneamente gli interessi legali liquidati sulla somma riconosciuta a titolo di equo indennizzo sono stati fatti decorrere dalla data del decreto anzichè da quella della domanda.

Con il terzo motivo si denuncia la liquidazione delle spese processuali in misura inferiore ai minimi tariffari.

Il primo motivo è fondato. Infatti la durata complessiva del giudizio presupposto, protrattosi dal gennaio 1998 al novembre 2005, va determinata in sette anni e dieci mesi e non, come affermato dalla Corte di merito, in sei anni e dieci mesi.

E’ fondato anche il secondo motivo, in quanto, per costante giurisprudenza, sulla somma dovuta a titolo di equa riparazione vanno riconosciuti gli interessi legali a decorrere dalla data della domanda proposta davanti alla corte di appello e non da quella del decreto impugnato (Cass. 2003/2382; 2005/18105; 2009/27193).

Resta assorbito il terzo motivo relativo alla liquidazione delle spese processuali, dovendosi comunque procedere ad una nuova liquidazione delle medesime in conseguenza del prospettato accoglimento dei primi due motivi.

Il decreto impugnato deve essere dunque cassato in relazione alle censure accolte e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2.

In particolare, determinata in tre anni e sei mesi, con statuizione della Corte di merito non censurata dal ricorrente, la durata ragionevole del giudizio presupposto, la durata non ragionevole va stabilita in quattro anni e quattro mesi e la Presidenza del Consiglio dei Ministri deve essere condannata al pagamento in favore dell’ A., a titolo di equo indennizzo, della somma di Euro 4.500.00, oltre agli interessi legali a decorrere dalla domanda.

Le spese del giudizio di merito e quelle del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397;

2008/25352) con distrazione delle stesse in favore del difensore del ricorrente, avv. Ferdinando Emilio Abbate, dichiaratosi antistatario.

PQM

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo, assorbito il terzo, Cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 4.500.00, oltre agli interessi legali dalla domanda. Condanna il Ministero soccombente al pagamento in favore del ricorrente delle spese del giudizio di merito, che si liquidano in Euro 873.00, di cui Euro 378,00 per competenze ed Euro 50,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, nonchè di quelle del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 665,00 di cui Euro 565,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, con distrazione, per le spese di entrambi i giudizi, in favore del difensore del ricorrente, avv. Ferdinando Emilio Abbate, dichiaratosi antistatario.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 1 settembre 2011

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