Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18009 del 14/09/2016

Cassazione civile sez. trib., 14/09/2016, (ud. 20/05/2016, dep. 14/09/2016), n.18009

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16481-2012 proposto da:

ISAC DI S.N. SNC, in persona del legale rappresentante pro

tempore, domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la cancelleria

della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’Avvocato

MAURO VIVALDI con studio in LIVORNO VIA RICASOLI 118 (avviso postale

ex art. 135), giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI BIBBONA;

– intimato –

Nonchè da:

COMUNE DI BIBBONA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA CRESCENZIO 2, presso lo studio dell’avvocato

GUGLIELMO FRANSONI, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato PASQUALE RUSSO giusta delega in calce;

– controricorrente incidentale –

contro

ISAC DI S.N. & C. SNC;

– intimato –

avverso la sentenza n. 60/2011 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

LIVORNO, depositata il 10/05/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/05/2016 dal Consigliere Dott. LUCA SOLAINI;

udito per il ricorrente l’Avvocato FALVO D’ORSO per delega

dell’Avvocato VIVALDI che ha chiesto l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato FRANSONI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso incidentale;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, accoglimento ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia concerne l’impugnazione, da parte del contribuente, di un avviso d’accertamento e liquidazione emesso dal comune di Bibbona, con il quale l’ente locale richiedeva il pagamento dell’imposta Ici per le annualità 2003 e 2004 relativamente ad immobili della parte intimata, che sulla base della sola adozione del piano regolatore, venivano ritenuti, da parte dell’ente impositore, avere finalità edificatoria.

La ctp rigettava il ricorso della società contribuente, mentre la CTR accoglieva parzialmente l’appello della stessa, ritenendo non dovuti interessi e sanzioni relativamente all’imposta comunale richiesta, per obiettive condizioni d’incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria.

Ricorre davanti a questa Corte di Cassazione, la società Isac di S.N. & C. s.n.c., sulla base di un unico motivo di ricorso, mentre il comune di Bibbona ha resistito con controricorso e ricorso incidentale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, la società contribuente ha denunciato il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in particolare, i giudici d’appello avrebbero omesso di motivare ovvero insufficientemente motivato su due fatti decisivi; il primo, riguardava il fatto che la particella oggetto di accertamento non sarebbe stata edificabile, alla data dell’imposizione neppure potenzialmente, perchè priva di autonoma volumetria, ancorchè esistente su altra particella dl proprietà della stessa società ricorrente, sulla quale era stata già pagata la relativa imposta ICI, ed inoltre, per i vincoli urbanistici e strutturali esistenti, l’edificabilità riconosciuta dallo strumento urbanistico generale, era comunque, correlata alla demolizione dei manufatti preesistenti in un terreno limitrofo. Il secondo fatto controverso e decisivo, sul quale il giudice d’appello avrebbe insufficientemente motivato, atteneva alla presenza del vincolo connesso al rischio idrogeologico (la cui rimozione comportava un onere non indifferente).

Il motivo è infondato.

Alla luce della normativa applicabile, richiamata nella parte narrativa della sentenza impugnata, e degli orientamenti giurisprudenziali che ne hanno fatto concreta applicazione, “In tema di ICI, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 11 quaterdecies, comma 16, convertito con modificazioni dalla L. 2 dicembre 2005, n. 248, e del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36, comma 2, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, che hanno fornito l’interpretazione autentica del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. b), l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, dev’essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi. L’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è infatti sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, le cui eventuali oscillazioni, in dipendenza dell’andamento del mercato, dello stato di attuazione delle procedure incidenti sullo “ius aedificandi” o di modifiche del piano regolatore che si traducano in una diversa classificazione del suolo, possono giustificare soltanto una variazione del prelievo nel periodo d’imposta, conformemente alla natura periodica del tributo in questione, senza che ciò comporti il diritto al rimborso per gli anni pregressi, a meno che il Comune non ritenga di riconoscerlo, ai sensi del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 59, comma 1, lett. f). L’inapplicabilità del criterio fondato sul valore catastale dell’immobile impone peraltro di tener conto, nella determinazione della base imponibile, della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, nonchè della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione sul valore dello stesso in comune commercio” (Cass. sez. un. 25506/2008, Cass. n. 16714/2007, 20137/2012). Nel caso di specie, dalla lettura della sentenza emerge che, le aree in contestazione erano ricomprese nello strumento urbanistico generale fin dal 2001 e che nell’anno in contestazione (cioè, il 2003 e il 2004) tali strumenti erano non solo adottati dal comune ricorrente, ma approvati a livello regionale, pertanto, le aree non potevano essere più considerate, ai fini ICI, avere la caratteristica di aree agricole, in quanto l’esistenza di uno strumento urbanistico generale che ingloba un’area un tempo agricola, in un comparto edificabile rende la stessa, fin da subito, dotata di un maggior valore, con correlativo incremento della base imponibile ICI (v. Cass. n. 17045/2004 9510/2008, 9778/2010, 5161/2014). Inoltre, la CTR ha evidenziato con ragionamento congruamente motivato e immune da vizi logici, come indipendentemente da un incremento della volumetria, la possibilità di riqualificazione funzionale, distributiva e di destinazione dell’intera superficie e delle strutture in essa esistenti avesse apportato un maggior valore all’area oggetto di controversia, suscettibile di ulteriore tassazione. I giudici d’appello hanno avvalorato e riscontrato tale loro convincimento, evidenziando come la società contribuente avesse predisposto e presentato un apposito progetto che previa demolizione dei fabbricati esistenti, prevedeva la costruzione di un complesso turistico-alberghiero, che non sarebbe stato possibile realizzare senza la previsione favorevole del citato strumento urbanistico generale. Tale nuova situazione non veniva sminuita dai vincoli ed oneri che pur andavano affrontati (quali, tra gli altri, il dedotto vincolo idrogeologico) per la realizzazione del suddetto progetto. E’ pertanto, fondato ritenere che la parte, con la denuncia del vizio di motivazione di cui in rubrica, miri in effetti, ad una nuova valutazione nel merito delle risultanze di causa, finalità non consentita nella presente sede di legittimità.

Venendo all’esame del motivo di ricorso incidentale, proposto dal comune di Bibbona, quest’ultimo denuncia il vizio di nullità della sentenza impugnata per violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, con riferimento al capo della decisione in cui è stata disposta la disapplicazione delle sanzioni irrogate, in quanto i giudici d’appello hanno ritenuto sussistente una condizione di obiettiva incertezza normativa in ordine al concetto di area edificabile ai fini ICI nei periodi d’imposta in contesa, senza, tuttavia, che la parte contribuente avesse mai sollevato sul punto alcuna domanda, nè nel ricorso di primo grado, nè nel proprio atto d’appello.

Il motivo è fondato.

In via preliminare, va rilevata la sufficienza del motivo di censura, in quanto il comune ricorrente incidentale, da una parte ha allegato, ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, sia il ricorso introduttivo della società contribuente che l’atto d’appello, sia ha riportato in ricorso ed ha indicato la collocazione dei suddetti atti, nella documentazione afferente al merito (v. pp. 33-36 del controricorso e ricorso incidentale, nonchè i documenti allegati).

Nel merito, è insegnamento di questa Corte, quello secondo cui “Incorre nel vizio di ultra petizione il giudice di appello che esamini una questione non espressamente prospettata nei motivi d’appello, che non possa ritenersi tacitamente proposta, non essendo in rapporto di necessaria connessione con quelle espressamente formulate e non costituendone neppure l’antecedente logico-giuridico” (Cass. 13014/2004, 18868/2015) ed ancora, “Stante la natura devolutiva del giudizio di appello, la corte di merito che pronunci su una questione che non risulta essere stata fatta oggetto di impugnazione, neppure implicitamente, incorre nel vizio di extra petizione e la decisione deve essere cassata senza rinvio, risolvendosi tale vizio in un eccesso di potere giurisdizionale” (Cass. n. 22558/2014). Nel caso di specie, dall’esame diretto agli atti di causa (Cass. n. 2148/2004), la parte contribuente, sulle sanzioni irrogatele, aveva lamentato sia in primo che in secondo grado la mancata applicazione dell’istituto della continuazione, D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 12, comma 5 e la mancata riduzione al 30% del loro ammontare (in caso di omesso versamento, D.Lgs. n. 471 del 1997, ex art. 13), ma non aveva chiesto la disapplicazione integrale delle stesse, tanto più per asserite condizioni di obiettiva incertezza normativa, in ordine al concetto di area edificabile, ai fini Ici. Pertanto, poichè la società contribuente aveva solo richiesto una rideterminazione delle sanzioni (petitum), in applicazione di precisi istituti giuridici (causa petendi), mentre la CTR, in assenza di apposita domanda, ha ritenuto di disapplicare le sanzioni, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, appare evidente la sussistenza del vizio censurato.

Va, pertanto, rigettato l’unico motivo di ricorso principale, accolto il motivo di ricorso incidentale, cassata l’impugnata sentenza e rinviata nuovamente alla Commissione regionale della Toscana, in diversa composizione, affinchè, esamini le doglianze della parte contribuente non valutate dai giudici d’appello (applicazione dell’istituto della continuazione e richiesta di riduzione delle sanzioni).

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Rigetta il ricorso principale, accoglie l’incidentale, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del presene iudizio di legittimità, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2016

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