Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18008 del 01/09/2011

Cassazione civile sez. I, 01/09/2011, (ud. 01/06/2011, dep. 01/09/2011), n.18008

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – rel. Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9132/2009 proposto da:

A.S. (c.f. (OMISSIS)), domiciliato in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARRA Alfonso Luigi,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIE E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il

05/06/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/06/2011 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA CULTRERA;

udito il P.M., in persona dei Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A.S. impugna con ricorso per cassazione affidato a 6 motivi il decreto della Corte d’appello di Napoli depositato il 5 giugno 2008 che, in parziale accoglimento della sua domanda di equa riparazione in relazione a processo amministrativo celebratosi innanzi al TAR Campania, ha determinato in Euro 4.133,00 il danno non patrimoniale con riguardo a segmento eccedente di 5 anni la ragionevole durata.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze intimato si è costituito con controricorso.

Il P.G. ha concluso per il rigetto del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorrente denuncia con i primi quattro motivi violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e dell’art. 6 par. 1 della Convenzione EDU, e richiama l’obbligo del giudice nazionale di uniformarsi alla giurisprudenza di Strasburgo, vincolante in sede nazionale lamentando inadeguata liquidazione del quantum debeatur, difforme dallo standard europeo di riferimento. Lamenta inoltre omessa liquidazione del bonus forfetario di Euro 2.000,00.

I motivi, logicamente connessi, sono inammissibili. Richiamano l’obbligo del giudice nazionale di uniformarsi alla giurisprudenza CEDU vincolante in sede nazionale, confusamente citando astratti e tautologici principi ricavabili dai precedenti richiamati che riconoscono indennizzo per tutta la durata del processo ed in misura maggiore per ciascun anno di ritardo, ed espongono critica, e correlato quesito di diritto, generici e privi di collegamento con la fattispecie in esame. Evocano in senso assoluto e generico uno standard più favorevole del tutto avulso dalla controversia in esame, senza neppure rappresentare omesso vaglio di elementi di prova, della cui allegazione l’istante era onerato, che avrebbero determinato una liquidazione più favorevole, rispetto a quella operata dalla Corte territoriale che non si discosta affatto dal parametro medio europeo, ma lo applica ragionevolmente. Sono infondati nel resto siccome l’indennizzo deve essere correlato al solo segmento temporale ingiustificato e dunque irragionevole, considerata la previsione, coerente con le finalità sottese all’art. 6 della CEDU, della legge nazionale – L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, comma 3 – la cui ratio ispiratrice riscontra in sede applicativa il principio, interno al nostro ordinamento, enunciato nell’art. Ili della Costituzione che prevede che “il giusto processo” abbia comunque una sua connaturata durata, seppur contenuta entro il limite della ragionevolezza.

Le restanti censure che deducono, e quindi chiedono con conclusivo quesito di diritto, se al caso di specie si applichi la tariffa prevista per i procedimenti contenziosi, meritano la medesima sorte.

Con analoga astrattezza e genericità denunciano insufficiente liquidazione delle spese giudiziali sull’assunto che il giudice di merito si sarebbe immotivatamente distaccato dalla nota spese depositata, ma non specificano le singole voci delle competenze e/o degli onorari spettanti in relazione alle singole prestazioni effettuate, che sarebbero state liquidate in misura inferiore rispetto alla tariffa applicabile ed in ordine alle quali il giudice di merito sarebbe incorso in errore (Cass. nn. 18086/2009, 19419/2009) con l’autosufficienza che assiste il ricorso per cassazione, limitandosi ad esporre voci applicabili al caso in via meramente esemplificativa.

I motivi si risolvono insomma in una generica doglianza che non specifica neppure l’importo preteso a titolo di spese ed onorari nella fase di merito, trasfusa nel quesito di diritto che, articolato in forma meramente interrogativa, è privo di concretezza siccome pone questione astratta che non consente di quantificare in concreto le competenze reclamate.

Tutto ciò premesso, il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidandole in Euro 1000,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 1 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 1 settembre 2011

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