Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18007 del 14/09/2016


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Cassazione civile sez. trib., 14/09/2016, (ud. 20/05/2016, dep. 14/09/2016), n.18007

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14276-2012 proposto da:

COMUNE DI BIBBONA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA CRESCENZIO 2, presso lo studio dell’avvocato

GUGLIELMO FRANSONI, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato PASQUALE RUSSO giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

R.C.M.;

– intimato –

nonchè da:

R.C.M., elettivamente domiciliato in ROMA

LUNGOTEVERE DEI MELLINI 17, presso lo studio dell’avvocato GIANCARLO

VIGLIONE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

CATALDO D’ANDRIA giusta delega a margine;

– controricorrente incidentale –

contro

COMUNE DI BIBBONA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA CRESCENZIO 2, presso lo studio dell’avvocato

GUGLIELMO FRANSONI, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato PASQUALE RUSSO giusta delega in calce;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 51/2011 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

LIVORNO, depositata il 21/04/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/05/2016 dal Consigliere Dott. LUCA SOLAINI;

udito per il ricorrente l’Avvocato FRANSONI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso principale; è comparso l’Avvocato

D’ANDRIA che ha chiesto l’accoglimento del ricorso incidentale;

udito per il controricorrente l’Avvocato FRANSONI che ha chiesto il

rigetto del ricorso incidentale;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

principale, rigetto ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia concerne l’impugnazione, da parte del contribuente, di un avviso d’accertamento e liquidazione emesso dal comune di Bibbona, con il quale l’ente locale, richiedeva il pagamento dell’imposta Ici per l’annualità 2005 relativamente ad immobili della parte intimata, che sulla base della sola adozione del piano regolatore, venivano ritenuti avere finalità edificatoria.

La ctp rigettava il ricorso del contribuente, mentre la CTR ne accoglieva in parte l’appello, ritenendo non dovuti interessi e sanzioni relativamente all’imposta comunale richiesta, per obiettive condizioni d’incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria.

Ricorre davanti a questa Corte di Cassazione, il comune di Bibbona, sulla base di un unico motivo, resiste con controricorso e ricorso incidentale sulla base di un unico motivo la parte contribuente, al quale replica l’ente locale con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso, il Comune ricorrente ha denunciato il vizio di violazione di legge, in particolare del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 8, del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, nonchè del D.L. n. 203 del 2005, art. 11 quaterdecies e del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, nella presente vicenda, ad avviso del comune ricorrente, non sussistevano le obiettive condizioni d’incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria, che avevano indotto i giudici d’appello a procedere, D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 8, alla non applicazione delle sanzioni, e degli interessi, per il mancato adempimento spontaneo all’obbligo giuridico tributario, e ciò, in quanto il rilievo fiscale della cd. edificabilità di fatto, ai fini ICI, era già predicato dalla giurisprudenza maggioritaria del tempo nel quale l’adempimento doveva avere luogo, e cioè nel 2005 e 2006, mentre a livello normativo, il D.L. n. 203 del 2005, art. 11 quaterdecies, comma 16 (conv. nella L. n. 248 del 2005), aveva provveduto a interpretare in forma autentica il D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b), nel senso che un’area è da considerare comunque fabbricabile se è utilizzata a scopo edificatorio, in base allo strumento urbanistico generale, indipendentemente dall’adozione di strumenti attuativi specifici.

Il ricorso è fondato.

E’ infatti, insegnamento di questa Corte, quello secondo cui “In tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, per incertezza normativa obiettiva, quale causa di esenzione del contribuente da responsabilità, deve intendersi la situazione che si crea per effetto dell’azione di tutti i formanti del diritto, tra i quali, in primo luogo, ma non esclusivamente, la produzione delle norme, il cui accertamento è rimesso all’esclusiva valutazione del giudice. Ne consegue che detta incertezza è ravvisabile, allorchè risultino difficoltà di individuazione delle disposizioni normative dovute al difetto di esplicite previsioni di legge, ovvero oscurità o ambiguità del testo normativo” (Cass. n. 4685/2012, 14142/2013). Volendo fare “buon governo” dell’esposto insegnamento alla fattispecie oggetto di controversia, deve rilevarsi come all’epoca dei fatti di causa (anno d’imposta 2005 con termine per l’obbligo di presentazione della dichiarazione ICI al giugno 2006), pur sussistendo un orientamento secondo il quale la qualifica di area edificabile presupporrebbe, anche ai fini fiscali, che le procedure per l’approvazione degli strumenti urbanistici siano perfezionate, può ritenersi che fosse, invece, in giurisprudenza prevalente l’orientamento che riteneva, invece, edificabile l’area inserita in un P.R.G. anche in assenza di strumenti attuativi, per come espresso nel pronunciamento della S.C. n. 17045/2004 (ma vedi anche, Cass. n. 4381/2002, 17513/2002, e n. 17762/2002 sul concetto di edificabilità di un terreno in tema di Invim), in riferimento all’epoca dei fatti di causa (ed oggi definitivamente consolidatosi, v. Cass. n. 9510/2008, 9778/2010, 5161/2014); in ogni caso, nella presente vicenda, è dirimente la sussistenza di un’esplicita norma d’interpretazione autentica, ossia il D.L. n. 203 del 2005, art. 11 quaterdecies, comma 16 (conv. nella L. n. 248 del 2005), sulla base della quale non potevano sussistere dubbi sulla portata e l’ambito di applicazione della norma di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b), in tema di definizione di aree fabbricabili e di presupposto impositivo e base imponibile ICI, e non consenta di ritenere che all’epoca, sussistessero obiettive incertezze normative determinate anche dalla mancanza di orientamenti giurisprudenziali ovvero dal loro contrasto con la prassi amministrativa. Inoltre, nel corso del 2006, l’art. 11 quaterdecies comma 16 è stato ulteriormente ribadito e precisato dal D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2 che ha esteso la rilevanza della sola previsione dello strumento urbanistico generale quale condizione rilevante ai fini della qualificabilità dei terreni come edificabili, ai fini ICI anche ai fini Iva, dell’imposta di registro e delle imposte sui redditi, con indicazione dello specifico momento al quale avere riguardo per ritenere integrata la previsione dell’edificabilità di un terreno (cioè, la semplice adozione dello strumento di pianificazione generale).

Venendo all’esame dell’unico motivo di ricorso incidentale, il controricorrente denuncia il vizio di motivazione omessa o insufficiente, su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in riferimento alle doglianze formulate, in tema di incongruità del valore dei terreni, per come determinato dal comune di Bibbona, ai fini ICI.

Il motivo è inammissibile. E’ infatti, insegnamento di questa Corte, quello secondo cui “La motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione” (Cass. sez. un. 24148/2013, n. 6288/11). Nel caso di specie, la CTR risulta aver affrontato il profilo dell’assente carenza di motivazione, sia esponendo le contrapposte tesi nella parte narrativa della sentenza (p. 3) e sia argomentando e facendo propri i motivi spesi nella motivazione dei giudici di primo grado (aderendo alla perizia tecnica di stima, fatta propria dall’ente, con delibera di giunta 232/2006 – emanata ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 52 e dell’art. 59 – e riportata per stralcio, in allegato, all’avviso d’accertamento impugnato), senza che la parte contribuente abbia offerto criteri tecnici di ricostruzione del valore del compendio immobiliare in oggetto idonei ad inficiare quelli utilizzati nella stima tecnica fatta propria dal comune ed a cui hanno aderito i giudici d’appello (i quali con ragionamento immune da vizi logici, non hanno ritenuto di valorizzare la produzione di parte dell’atto di compravendita): in proposito v. Cass. n. 5068/2015, secondo la quale “In tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), è legittimo l’avviso di accertamento emanato sulla base di un regolamento del consiglio comunale che, in forza del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 52 e 59, e D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 48, abbia indicato periodicamente i valori delle aree edificabili per zone omogenee con riferimento al valore venale in comune commercio, trattandosi di atto che ha il fine di delimitare il potere di accertamento del comune qualora l’imposta sia versata sulla base di un valore non inferiore a quello predeterminato e, pur non avendo natura imperativa, integra una fonte di presunzioni idonea a costituire, anche con portata retroattiva, un indice di valutazione per l’Amministrazione ed il giudice, con funzione analoga agli studi di settore”; di talchè, sulla base delle superiori considerazioni, si deve ritenere, che la parte, con la presente censura, mira a una nuova valutazione del merito della causa, finalità non consentita nel presente giudizio di legittimità.

Va, conseguentemente accolto l’unico motivo del ricorso principale, rigettato l’incidentale, cassata senza rinvio l’impugnata sentenza e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ex art. 384 c.p.c., rigettato l’originario ricorso introduttivo (relativamente alle sanzioni ed interessi, in quanto il rigetto della restante parte è già coperto dal giudicato, con la sentenza d’appello).

Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio di merito a seguito della già operata compensazione da parte delle CTR, ponendosi a carico dell’intimato le spese del giudizio di legittimità.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Accoglie il ricorso principale, rigetta l’incidentale, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente (relativamente a sanzioni e interessi).

Dichiara compensate le spese del giudizio di merito e condanna il contribuente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.500,00, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 20 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2016

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