Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18005 del 14/08/2014


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 18005 Anno 2014
Presidente: CECCHERINI ALDO
Relatore: DI VIRGILIO ROSA MARIA

SENTENZA
sul ricorso 12308-2007 proposto da:
BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A. (C.E./P.I.
00884060526), in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

Data pubblicazione: 14/08/2014

BOEZIO 6, presso l’avvocato LUCONI MASSIMO,
rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI
2014

SINESI, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

1441
contro

CURATELA DEL FALLIMENTO FI.MO . S.P.A., in persona

1

del

Curatore prof.

avv.

GIORGIO COSTANTINO,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CASSIODORO
1/A,

presso

rappresentata
ROBERTO,

l’avvocato
e

giusta

difesa
procura

ANNECCHINO
dall’avvocato
a

margine

MARCO,
SAVINO
del

– controricorrente contro

INDOLFI PIETRO;
– intimato

avverso la sentenza n. 1310/2006 della CORTE
D’APPELLO di BARI, depositata il 29/12/2006;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 04/07/2014 dal Consigliere
Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.
‘NNN

controricorso;

2

Svolgimento del processo
La Corte d’appello di Bari, con la sentenza 19/29 dicembre
2006, ha respinto l’appello principale della Banca Monte
dei Paschi di Siena s.p.a. e l’appello incidentale del

Fallimento FI.MO . s.p.a. avverso la sentenza non definitiva
del Tribunale di Bari, n.789 del 2002, declaratoria della
sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi a far data
dal maggio 1988 della revocatoria promossa dal Fallimento
FI.MO . s.p.a. nei confronti del Monte dei Paschi, in
relazione alle rimesse effettuate nell’anno anteriore al
fallimento, dichiarato con sentenza del 5/12/1988, sui
conti correnti nn.520-2540-127, accesi presso la Filiale di
– Bari, rinviando al definitivo la determinazione delle somme
da restituire e la decisione sull’intervento del terzo
Indolfi Pietro, fideiussore in relazione ai detti conti in
favore della FI.M0., nonché sulle spese di lite.
Ai fini della reiezione dell’appello principale, la Corte
di merito ha ritenuto fondamentale la circostanza
evidenziata in citazione dal Fallimento (e non considerata
saliente in primo grado), che i soci di maggioranza della
FI.M0., a mezzo della costituzione di due s.r.l.
ricapitalizzate con l’apporto di azioni FI.MO . e
trasformate nel contempo in s.p.a., avevano ottenuto
l’effetto di far figurare un capitale apparente di circa il
triplo del reale, operazione confermata nell’ultimo
3

bilancio della FI.MO . a dicembre 1987, con l’esposizione
per debiti obbligazionari di circa 12 miliardi di lire
verso le due società.
Il Giudice di merito ha rilevato che, come evidenziato dal

bilancio FI.MO . a dicembre 1987, la società presentava un
gravissimo indebitamento con indice pari a 9,66, che si
ripercuoteva sul cd. indice di indipendenza economica,
formato dal capitale proprio oltre l’utile di esercizio,
ben inferiore alla media, che l’operatore qualificato
M.P.S. non poteva non cogliere.
Inoltre, la rimessa sul conto del cospicuo realizzo per
lire 1,5 miliardi della vendita di titoli costituiti in
pegno dal Calò, presidente del C.d.a., avvenuta il
16/5/1988, aveva coperto l’intera esposizione su detto
conto e creato una piccola provvista, così configurandosi,
a prescindere dalla spontaneità o meno, quale atto posto in
essere per ovviare ad una situazione economica grave.
La consapevolezza di M.P.S. dello stato progressivo di
dissesto della FI.MO . è confermata dalla progressiva
indubbia diminuzione, all’epoca presa in considerazione,
del consenso della Banca all’utilizzo delle linee di
credito ( che in senso contrario presenta solo un modesto
aumento

dell’importo

affidato

solo

sul

c/c

520);

indimostrata è la natura di mero conto di transito del c/c
2540, e l’unico dato oggettivo costituito dall’immediatezza
4

della eliminazione delle linee di credito denota come
l’operazione di vendita dei titoli da parte del Calò fosse
tutt’altro che spontanea.
Avverso detta pronuncia ricorre la Banca Monte dei Paschi

di Siena, con ricorso affidato a sette motivi.
Si difende il Fallimento con controricorso, illustrato con
la memoria ex art.378 c.p.c.
Si dà atto che il Collegio ha disposto la redazione della
motivazione della presente sentenza in forma semplificata.
Motivi della decisione
1.1.- Col primo motivo, la Banca si duole del vizio di
violazione e falsa applicazione dell’art.67 1.f., per non
esservi traccia nella sentenza impugnata di alcun elemento
da cui ragionevolmente si possa trarre la reale ed
effettiva conoscenza dello stato di decozione della
società.
Secondo la parte, le circostanze addotte dalla Corte di
merito potrebbero al più condurre all’astratta e generica
conoscibilità potenziale dello stato di insolvenza della
FI.M0., ma non sono idonee a provare presuntivamente la
conoscenza effettiva della Banca, e quindi “le modalità
attraverso le quali il creditore può essere venuto
effettivamente a conoscenza di tale stato”(così l’ultima
parte del quesito di diritto).
2.1.- Il motivo è inammissibile.
5

La ricorrente, al di là di una indubbia genericità nella
formulazione del quesito, ex art.366 bis c.p.c. applicabile
ratione temporis(la

parte non indica infatti nessun

elemento concreto nel quesito), nella parte espositiva fa
riferimento a pag. 9 al mancato chiarimento del perché

.

l’operazione compiuta nel 1983 avrebbe dovuto destare
allarme nel 1987, ed alla mancata spiegazione della valenza
di indice di dissesto attribuita all’emissione di
obbligazioni.
Tali rilievi sono invero più propriamente attinenti al
vizio motivazionale; in ogni caso, a valutare il motivo
alla stregua del quesito ed a superare la genericità di cui
si è già detto, resta il rilievo che la parte non illustra
il necessario requisito della decisività di quanto
rilevato, a fronte della considerazione da parte della
Corte del merito di indizi basati sul comportamento assunto
dalla Banca stessa( e cioè, la progressiva diminuzione
dell’utilizzo delle linee di fido e l’immediata
eliminazione della linea di credito collegata ai titoli
dati in pegno).
1.2.- Col secondo motivo, la parte si duole del vizio di
violazione e falsa applicazione dell’art.115 c.p.c., per
avere il Giudice del merito omesso la valutazione degli
elementi contrari addotti dalla Banca.
2.2.- Il motivo è infondato.
6

In motivazione, la Corte bolognese ha dato ampiamente conto
delle ragioni dell’appellante alle pagine 4 e 5, e a fronte
di detti fatti, ha concluso diversamente, dando conto dei
fatti valutati e posti a base della ricostruzione operata,

ritenendo quelli addotti dalla Banca superati o
irrilevanti.
Nel resto, è principio consolidato che il giudizio
sull’influenza e pertinenza dei mezzi di prova offerti
dalle parti è riservato al giudice del merito, la cui
valutazione ed i cui provvedimenti in materia non sono
soggetti a sindacato di legittimità quando siano sorretti
da motivazione esente da vizi logici e giuridici; nè il
medesimo giudice è tenuto ad ammettere altri mezzi di prova
quando ritenga che la controversia possa essere decisa in
base agli elementi già acquisiti alla causa e non incorre
nel vizio di omessa motivazione al riguardo, quando dal
complesso del suo ragionamento risulti che egli ha tenuto
presente le deduzioni delle parti, considerando i fatti
dedotti irrilevanti ed assorbiti da altri elementi già
acquisiti al processo (così la pronuncia 2545/1976).
1.3. – Col terzo motivo, la parte si duole della violazione
e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., sul
rilievo che la Corte di merito non ha provveduto alla
valutazione di tutti gli elementi della fattispecie, che
sola può giustificare il ricorso alle presunzioni.

2/
7

2.3.- Il motivo è infondato.
Come affermato, tra le altre, nella pronuncia delle sezioni
unite, 5802/98,e tra le ultime ribadito nella pronuncia
1014/2006, il vizio di omessa o insufficiente motivazione,

deducibile in sede di legittimità ex art. 360 n. 5 c. p.
c., sussiste solo se nel ragionamento del giudice di
merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il
mancato o deficiente esame di punti decisivi della
controversia, e non può invece consistere in un
apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da
quello preteso dalla parte, perché la citata norma non
conferisce alla Corte di Cassazione il potere di
riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo
quello di controllare, sotto il profilo logico – formale e
della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta
dal giudice del merito al quale soltanto spetta individuare
le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, valutarne
le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e
scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute
idonee a dimostrare i fatti in discussione.
1.4.- Col quarto motivo, la parte si duole del vizio di
motivazione sul fatto decisivo delle risultanze di bilancio
del 1987.
1.5.- Col quinto, del vizio di motivazione, in relazione

i

alla vendita informale dei titoli in pegno.

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8

1..- Col sesto e col settimo, del vizio di motivazione, in
relazione al presunto ordine della Banca di non superare il
tetto di affidamento per il c/c 520 ed alla revoca
dell’affidamento sul c/c 2540.

2.4.- I motivi dal quarto al settimo sono inammissibili,
per la carenza del momento di sintesi, necessario ex art.
366 bis c.p.c.
Ed infatti, ove il ricorrente denunci un vizio di
motivazione della sentenza impugnata, l’illustrazione di
ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilita’,
la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al
quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria,
ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza
della motivazione la renda inidonea a giustificare la
decisione: cio’ importa in particolare che la relativa
censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del
quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente
limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di
formulazione del ricorso e di valutazione della sua
ammissibilita’
ottobre

(cfr., ad esempio, Cass., sez. un., l
2007,

n.

20603).

Al riguardo, ancora, e’ incontroverso che non e’
sufficiente che tale fatto sia esposto nel corpo del motivo
o che possa comprendersi dalla lettura di questo, atteso
che e’ indispensabile che sia indicato in una parte, del
9

motivo stesso, che si presenti a cio’ specificamente e
riassuntivamente destinata, e che consenta al giudice di

valutare immediatamente l’ammissibilita’ del ricorso (in
termini, tra le tante, le pronunce 8897/2008, 8555/2010,

3.1.- Conclusivamente, va respinto il ricorso; le spese del
giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la
soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la Banca ricorrente
al pagamento delle spese, liquidate in euro 12.000,00,
oltre euro 200,00 per esborsi; oltre spese forfettarie

nella percentuale del 15%; oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, in data 4 luglio 2014
Il

ente

5794/2010 e, tra le ultime, 2219/2013 e 14355/2013).

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