Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18003 del 24/07/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 18003 Anno 2013
Presidente: IANNIELLO ANTONIO
Relatore: IANNIELLO ANTONIO

ORDINANZA
sul ricorso 16865-2011 proposto da:
COLO’ ROSSANO CLORSN52B07C060H, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA ANAPO 20, presso lo studio dell’avvocato RIZZO
CARLA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
MASTRANGELI FABRIZIO DOMENICO giusta procura speciale
in calce al ricorso;

– ricorrente contro
TRENITALIA SPA 05403151003, in persona del suo Institore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 32, presso
lo studio dell’avvocato TAMBURRO LUCIANO, che la rappresenta e
difende giusta procura a margine dertentroricorso;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 24/07/2013

avverso la sentenza n. 144/2011 della CORTE D’APPELLO di
ANCONA del 18/02/2011, depositata 11 07/04/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
28/06/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO IANNIELLO;
udito l’Avvocato Rizzo Carla difensore del ricorrente che si riporta agli

è presente il P.G. in persona del Dott. COSTANTINO FUCCI che si
riporta alla relazione.

Ric. 2011 n. 16865 sez. ML – ud. 28-06-2013
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scritti e chiede la P.U.;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ricorso notificato in data 18-20 giugno 2011, Rossano Colò ha
chiesto, con tre motivi, la cassazione della sentenza depositata il 7 aprile 2011
e notificata il 20 aprile successivo, con la quale la Corte d’appello di Ancona,
in riforma della decisione di primo grado, aveva respinto le sue domande di7°1ivello — area IV – a capo settore uffici di 9° livello — area quadri) dal 1° aprile 2002, in ragione delle mansioni concretamente svolte dal 10 gennaio
2002, di responsabile amministrativo dell’Impianto Trazione Regionale di Ancona delle ferrovie dello Stato, col conseguente pagamento delle differenze retributive.
Trenitalia s.p.a. ha resistito alle domande con rituale controricorso.
La causa è stata chiamata alla adunanza in camera di consiglio del 28
giugno 2013 ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base di una relazione redatta a
norma dell’art. 380-bis c.p.c., la quale ha prospettato la manifesta infondatezza
del ricorso.
Dopo la notifica alle parti della relazione e del decreto di fissazione della data dell’adunanza in camera di consiglio, ambedue le parti hanno depositato una memoria.
Il collegio dichiara di condividere sostanzialmente le valutazioni prospettate dal relatore per le ragioni di seguito indicate.
Col primo motivo, il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 416 e
421 c.p.c., per avere la Corte d’appello posto a fondamento delle proprie decisioni un documento (ordine di servizio del 29 gennaio 2002) allegato alla memoria di costituzione in primo grado della società che era tardiva, rendendo
pertanto inammissibile la produzione e le altre deduzioni istruttorie, infatti non
ammesse dal giudice di primo grado nonché una testimonianza, assunta illegittimamente dal giudice di primo grado ai dichiarati sensi di cui all’art. 421
c.p.c., ma in realtà in violazione di tale norma del codice di rito, in quanto

rette ad ottenere l’inquadramento superiore (da segretario superiore di

l’ammissione del teste (sig. Cappuccini) inizialmente esclusa era avvenuta in
relazione al contenuto del menzionato documento del 29 gennaio 2002,
anch’esso a suo tempo non ammesso.
In proposito} il relatore ha rilevato che la censura, come indirettamente
risultante dalla sentenza e come dedotto dalla controricorrente, è stata svolta
unicamente in questa sede, in quanto non viene indicato se sia stata effettuata

al momento dell’esercizio da parte del giudice di primo grado dei propri poteri
ex art. 421 c.p.c. (anche con riguardo al documento, comunque menzionato e
utilizzato in quel giudizio) e comunque in appello. La sua proposizione è pertanto stata ritenuta preclusa in questa sede.
Il ricorrente obietta nella memoria che egli in primo grado si era ritualmente opposto all’ammissione delle istanze istruttorie di Trenitalia, in quanto
tardive e come tali in un primo tempo infatti respinte dal giudice; egli pertanto
non sarebbe stato tenuto a nessuna altra attività difensiva a fronte della successiva ammissione di prove d’ufficio da parte del giudice: non in primo grado,
non essendo la relativa ordinanza soggetta a reclamo e non in appello, non avendo l’appellante operato un espresso riferimento alle prove di cui si afferma
l’ inutilizzabilità.
Tale obiezione non convince.
Il giudice di primo grado aveva legittimamente ammesso in corso di
causa, ad integrazione dell’istruttoria svolta, ritenendole giustificate dallo sviluppo del processo, due nuove testimonianze e implicitamente il documento
del 29 gennaio 2002 cui una di esse avrebbe dovuto far riferimento. Del con614′
tenuto di tale documento si e ampiamente discusso tra le parti in giudizio, come risulta dalla stessa sentenza impugnata. Tali elementi, unitamente alla circostanza del silenzio osservato in giudizio dall’attuale ricorrente in ordine
all’ordinanza del 19 aprile 2005 ammissiva della prova testimoniale del Cappuccini e pertanto anche di acquisizione, ex art. 421 c.p.c. dell’ordine di servizio del 29 gennaio 2002, rendono pienamente ragione del convincimento dei
2

giudici e dell’altra parte in ordine alla rinuncia del Colò all’eccezione di Mutilizzabilità delle prove indicate.
Col secondo motivo di ricorso, viene dedotta la violazione dell’art. 2103
c.c., per non avere la Corte territoriale tratto le dovute conseguenze dal fatto
che in giudizio era risultato con chiarezza che Rossano Colò aveva svolto dal

gennaio 2002 i compiti in precedenza svolti da Patrizio De Santis, inquadrato
nel 9 0 livello proprio in ragione dell’incarico attribuitogli e andato in pensione
col 31 dicembre precedente.
Il motivo attiene in realtà a vizi di motivazione della sentenza, la quale
viceversa ha motivato in maniera non irragionevole nel senso della irrilevanza,
alla luce della nuova organizzazione aziendale introdotta alla fine del gennaio
2002 e in attesa del completamento della stessa, avvenuta unicamente nel febbraio 2003, del fatto che le mansioni del ricorrente, in sostituzione del De Santis, fossero rimaste immutate dopo la nuova organizzazione e comunque ha rilevato che tali mansioni non avevano, alla luce delle risultanze istruttorie, quel
ruolo di diretta e immediata assunzione di responsabilità, che costituisce connotato tipico dell’area quadri rivendicata.
Queste valutazioni della Corte territoriale vengono contestate, anche col
terzo motivo, dal ricorrente, il quale evidenzia contraddizioni nel ragionamento della Corte, che non sono in realtà tali e non sono comunque decisive e, in
definitiva, sostiene una diversa ricostruzione dei fatti rilevanti in causa alla luce di una nuova valutazione delle risultanze istruttorie, così proponendo a questa Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito, per di più senza specificare il contenuto delle declaratorie contrattuali implicate dalla richiesta di superiore inquadramento e senza produrre specificatamente in questa sede copia
integrale del C.C.N.L. che le contiene o, quanto meno, indicare in quale atto
del processo di cassazione esso eventualmente sia situato (cfr., al riguardo,
Cass. S.U. n. 7161/10 e 20075/10).

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Concludendo, in base alle considerazioni svolte, il ricorso va respinto,
con le normali conseguenze in ordine al regolamento delle spese del giudizio,
effettuato, unitamente alla relativa liquidazione, in dispositivo.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla so-

per compensi professionali, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 28 giugno 2013

Il Funzionario Gi diziario

cietà le spese di questo giudizio, liquidate in E 50,00 per esborsi ed E 2.500,00

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