Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18003 del 14/09/2016


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Cassazione civile sez. trib., 14/09/2016, (ud. 27/04/2016, dep. 14/09/2016), n.18003

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21784-2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

BANCA POPOLARE INTRA SPA, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA SICILIA 66, presso lo

studio dell’avvocato AUGUSTO FANTOZZI, che lo rappresenta e difende

unitamente agli avvocati FRANCESCO GIULIANI, ROBERTO TIEGHI, EDOARDO

BELLI CONTARINI giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 63/2007 della COMM.TRIB.REG. di TORINO

depositata l’08/07/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/04/2016 dal Consigliere Dott. RAFFAELE SABATO;

udito per il ricorrente l’Avvocato MADDALO che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato TIEGHI che ha chiesto il

rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE Sergio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte in epigrafe indicata, che, rigettando l’appello dell’Ufficio, ha confermato la legittimità del rimborso parziale dell’IRAP versata dalla Banca Popolare di Intra s.c. a r.l. (ora s.p.a.) per gli anni 2002 e 2003 sulla base dell’aliquota, rispettivamente, del 5,75% e del 5,25% in luogo di quella, ritenuta dovuta, del 4,75 % per il 2002 e del 4,25% per il 2003.

Secondo la decisione impugnata, in particolare, il diritto al rimborso di quanto versato in eccedenza nel 2002 scaturiva dal rilievo che l’aliquota del 5,75% era stata illegittimamente deliberata dalla Regione Lombardia con la L.R. 18 dicembre 2001, n. 27, che aveva incrementato di un punto percentuale l’aliquota transitoria prevista dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 45, comma 2, (dal 4,75 % al 5,75 %), mentre, ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 16, commi 1 e 3, l’aliquota suscettibile di aumento in termini percentuali doveva ritenersi unicamente quella base del 4,25% e non quelle speciali e transitorie previste dal citato art. 45.

Con riferimento al periodo d’imposta 2003, riteneva la C.T.R. che il L.R. Lombardia 23 dicembre 2002, n. 33, art. 1, comma 1, nell’incrementare di un punto percentuale (dal 4,25% al 5,25%) l’aliquota base IRAP prevista dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 16, comma 1, avesse violato la previsione contenuta nella L. n. 289 del 2002, art. 3, comma 1, lett. a), che dispone la sospensione degli aumenti IRAP deliberati successivamente al 29 settembre 2002. L’aumento di un punto percentuale sull’aliquota base IRAP disposto dalla Regione Lombardia doveva considerarsi, pertanto, interamente sospeso per l’anno 2003, risultando conseguentemente applicabile l’aliquota base fissata nel 4,25%.

Le doglianze del ricorrente si articolano in tre distinti motivi di ricorso: con il primo di essi, l’Agenzia delle Entrate denuncia, in relazione all’anno di imposta 2002, la violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 16, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, con riferimento alla determinazione dell’aliquota IRAP applicabile ai soggetti di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 6 e 7; con il secondo motivo, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 3, la difesa erariale censura, con riferimento all’anno di imposta 2003, la sentenza gravata per la violazione della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. comma 1, lett. a); con il terzo motivo di ricorso, sempre concernente il capo della sentenza relativo all’anno 2003, si deduce violazione di legge in relazione alla mancata applicazione della sanatoria degli effetti delle disposizioni regionali in tema di IRAP emanate in modo non conforme ai poteri attribuiti alle Regioni operata dalla L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 22.

La Banca Popolare di Intra s.p.a. ha resistito con controricorso.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate propone la questione già più volte esaminata da questa Corte – relativa alla determinazione dell’aliquota IRAP applicabile ai soggetti di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 6 e 7 (banche, altri enti e società finanziarie e imprese di assicurazione) per l’anno – nella specie – 2002: è denunciata, in tale prospettiva, la violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 16, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

E’ noto che la disciplina valevole ratione temporis, nella fattispecie oggetto di giudizio, prevede, al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 16, comma 1, l’aliquota generale del 4,25 per cento. La stessa norma, peraltro, fa salvo quanto previsto nei commi 1 e 2 dell’art. 45; il comma 2 di tale norma, in particolare, sancisce che, per i soggetti di cui agli artt. 6 e 7, tra cui le banche e gli altri enti e società finanziarie, “per i periodi d’imposta in corso al 1 gennaio 1998, al 1 gennaio 1999 e al 1 gennaio 2000 l’aliquota è stabilita nella misura del 5,4 per cento; per i due periodi d’imposta successivi, l’aliquota è stabilita, rispettivamente, nelle misure del 5 e del 4,75 per cento”.

Pertanto, per il 2002, anno d’imposta in relazione al quale è stato richiesto il rimborso dell’IRAP per cui è causa, l’aliquota stabilita in via transitoria era pari al 4,75 per cento.

Nel medesimo contesto normativo, inoltre, il comma 3 del citato art. 16 prevede che “A decorrere dal terzo anno successivo a quello di emanazione del presente decreto, le regioni hanno facoltà di variare l’aliquota di cui al comma 1 fino ad un massimo di un punto percentuale. La variazione può essere differenziata per settori di attività e per categorie di soggetti passivi”.

La Regione Lombardia, avvalendosi del potere attribuito alle regioni dalla norma da ultimo citata, con la L.R. 18 dicembre 2001, n. 27, art. 1, comma 5, fissava l’aliquota IRAP applicabile dall’anno 2002 ai soggetti di cui al medesimo D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 6 e 7, nel 5,75 %, in tal modo prevedendo l’aumento di un punto percentuale dell’aliquota temporanea applicabile agli istituti bancari, finanziari ed assicurativi ex art. 45, comma 2, del citato decreto.

La disposizione legislativa regionale in esame, peraltro, è stata oggetto di una pronuncia di illegittimità costituzionale: invero, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 177 del 2014 (che si colloca nel solco di altre significative pronunce intervenute in materia di disciplina transitoria dell’IRAP, quali le sentenze nn. 21 del 2005 e 357 del 2010), ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della L.R. Lombardia 18 dicembre 2001, n. 27, art. 1, comma 5, per violazione dell’art. 117 Cost., comma 2, lett. e).

La Corte costituzionale, in particolare, dopo aver premesso, con richiamo a precedenti pronunce, che l’IRAP non può considerarsi tributo proprio della regione e che, anche dopo la sua regionalizzazione, resta un tributo disciplinato dalla legge statale in alcuni suoi elementi strutturali e quindi, in questo senso, erariale, ha affermato che la facoltà dell’è regioni di variare l’aliquota dell’imposta è limitata a quella ordinaria del 4,25% stabilita nell’art. 16, comma 1 e non si estende alle aliquote speciali fissate dalla disciplina transitoria di cui all’art. 45.

In tale prospettiva, la sentenza n. 177/2014 ha, innanzitutto, valorizzato il tenore letterale della disposizione dettata dall’art. 16 citato, la quale menziona – non a caso al singolare – l'”aliquota di cui al comma 1″ non potendo, pertanto, che riferirsi all’unica aliquota espressamente fissata in quest’ultimo comma, ossia a quella generale e non alle altre, oggetto di un semplice rinvio e, conseguentemente, estranee all’ambito di applicazione del comma 3.

Il descritto approdo ermeneutico, inoltre, trova conferma nella relazione allo schema del D.Lgs. n. 446 del 1997, laddove, nell’illustrare la riforma connessa all’istituzione dell’IRAP, il legislatore delegato afferma che “l’aliquota di base è fissata al 4,25 per cento; trascorsi due esercizi, le Regioni potranno esercitare la facoltà di maggiorarla fino a un punto percentuale, e di differenziarla tra categorie di contribuenti e tra settori di attivita”. Il limite di operatività del potere regionale di intervento, circoscritto unicamente all’aliquota ordinaria del 4,25 % è ribadito, ancora, sia a proposito dell’art. 16, ove si afferma che esso “fissa l’aliquota dell’imposta al 4,25 per cento, che potrà essere maggiorata, fino ad un punto percentuale, dalle singole regioni a partire dal terzo anno successivo a quello dell’entrata in vigore del decreto legislativo”, sia con riguardo all’art. 45, rispetto al quale nella relazione non compare alcun riferimento a possibili variazioni.

Nel riconoscere che, pertanto, la norma regionale invocata dall’odierno ricorrente ha esorbitato dai limiti dello ius variandi riconosciuto alle Regioni, violando la potestà legislativa statale esclusiva nel sistema tributario, la Corte ha rimarcato che la differenziazione transitoria dell’aliquota relativa ai settori di attività bancario, finanziario ed assicurativo è stata disposta dal legislatore in vista dell’obiettivo del mantenimento dell’originaria ripartizione del carico fiscale, obiettivo che non si potrebbe raggiungere ove fosse possibile una variazione dell’aliquota stessa.

Le superiori considerazioni conducono, pertanto, al rigetto del primo motivo di ricorso, in quanto la tesi del ricorrente si fonda su una disposizione di legge regionale dichiarata incostituzionale.

Con il secondo motivo di ricorso, concernente il capo della sentenza impugnata che ha accolto la domanda di restituzione dell’IRAP versata per l’anno di imposta 2003, si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, la falsa applicazione della L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 3, comma 1, lett. a), dovendo – ad avviso del ricorrente – escludersi che gli effetti sospensivi delle maggiorazioni regionali dell’aliquota IRAP possano applicarsi alla maggiorazione disposta dalla legge regionale della Lombardia n. 33 del 2002, essendo questa meramente confermativa dell’aliquota già in vigore per il 2002, per come stabilita dalla L.R. n. 27 del 2001, art. 1, comma 5.

Il motivo è parzialmente fondato, nel senso che, pur dovendosi ritenere che la sospensione disposta dalla citata legge statale riguardi anche la maggiorazione in esame, tuttavia essa non determina (a differenza di quanto ritenuto dalla sentenza impugnata) la totale inapplicabilità dell’incremento dell’aliquota IRAP disposto dalla regione per i soggetti di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 6 e 7, essendo tale aumento applicabile fino a concorrenza con la percentuale vigente per l’anno d’imposta 2002, individuata nel 4,75%.

La L. 27 dicembre 2002, n. 289 (finanziaria 2003), all’art. 3, comma 1, lett. a), stabilì, in funzione dell’attuazione del titolo 5 della parte seconda della Costituzione ed in attesa della legge quadro sul federalismo fiscale, che gli aumenti delle addizionali Irpef e la maggiorazione dell’aliquota IRAP di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 16, comma 3, “deliberati successivamente al 29 settembre 2002 e che non siano confermativi delle aliquote in vigore per l’anno 2002, sono sospesi fino a quando non si raggiunga un accordo ai sensi del D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281, in sede di Conferenza. unificata tra Stato, regioni ed enti locali sui meccanismi strutturali del federalismo fiscale”.

Emerge, quindi, con chiarezza dalla semplice lettura delle norme menzionate che gli incrementi dell’aliquota IRAP previsti dalle regioni per l’anno 2003 sono sospesi – vale a dire, non sono applicabili – a meno che “non siano confermativi delle aliquote in vigore per l’anno 2002”.

Nel caso in esame, risulta evidente che l’aumento disposto dalla L.R. Lombardia 27 novembre 2002, n. 33, art. 1, comma 1 (che ha incrementato l’aliquota base IRAP prevista dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 16, comma 1 di un punto percentuale, sino al 5,25%) non possa dirsi confermativo dell’aliquota in vigore per il 2002, posto che quest’ultima aliquota, a seguito della dichiarazione di incostituzionalità della L.R. Lombardia n. 27 del 2001, art. 1, comma 5, e della conseguente elisione ex tunc degli effetti prodotti dalla norma incostituzionale, doveva e deve intendersi fissata nella misura del 4,75%, come stabilito dallo stesso D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 45, comma 1.

Ne discende che l’effetto sospensivo delle maggiorazioni IRAP regionali stabilito dalla L. n. 289 del 2002, art. 3, comma 1, lett. a) è destinato ad applicarsi alla disposizione regionale in esame, relativa all’anno 2003.

Tanto premesso, resta da stabilire se per l’anno 2003, qui in rilievo, l’incremento dell’aliquota IRAP disposto dalle regioni per i soggetti di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 6 e 7, sia totalmente inapplicabile, dovendosi quindi far riferimento all’aliquota ordinaria del 4,25% di cui all’art. 16, comma 1, stesso D.Lgs., ovvero sia applicabile fino a concorrenza con la percentuale vigente per l’anno d’imposta 2002, individuata nel 4,75% dalla disposizione transitoria dettata dal comma 2 dell’art. 45 del citato testo legislativo.

In ordine a tale profilo, deve condividersi e ribadirsi la seconda tesi, sostenuta dall’ormai prevalente indirizzo di questa Corte (cfr. Cass. nn. 19838/12, 21327/13, 17017/14, 26263/14, 8632/15, 2453/16). Invero, la disciplina relativa alla facoltà delle regioni di variare l’aliquota IRAP fino ad un massimo di un punto percentuale va interpretata nell’ottica del legislatore di perseguire gli obiettivi di autonomia e di decentramento fiscale delle regioni stesse (c.d. federalismo fiscale) ed in tale prospettiva deve essere coerentemente inteso anche il disposto della L. n. 289 del 2002, art. 3, comma 1, lett. a), che, nel sospendere l’efficacia degli aumenti dell’aliquota IRAP deliberati dalle regioni successivamente al 29 settembre 2002 e non confermativi delle aliquote in vigore per l’anno 2002, ha voluto comunque limitare l’effetto sospensivo a quelle maggiorazioni che determinassero, e nella misura in cui determinassero, il superamento dell’aliquota in vigore per l’anno 2002 e, in quanto tali, fossero non confermative di tale aliquota.

La nozione di confermatività, del resto, non può che riferirsi alla percentuale effettivamente vigente nel 2002 e la sospensione aveva dunque ad oggetto la maggiorazione dell’aliquota deliberata dalle regioni, ma incideva su quella sola parte di essa che, decisa per il 2003, eccedesse la percentuale in concreto già in vigore per il 2002.

Com’è noto, il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 16, comma 1, stabilisce (nel testo applicabile ratione temporis) che “l’imposta è determinata:applicando al valore della produzione netta l’aliquota del 4,25 per cento, salvo quanto previsto dal comma 2, nonchè dell’art. 45, commi 1 e 2”; e quest’ultimo, per quanto qui interessa (anch’esso nel testo vigente ratione temporis), dispone, al comma 2, che “per i soggetti di cui agli artt. 6 e 7, per i periodi d’imposta in corso al 1 gennaio 1998, al 1 gennaio 1999 e al 1 gennaio 2000 l’aliquota è stabilita nella misura del 5,4 per cento; per i due periodi d’imposta successivi, l’aliquota è stabilita, rispettivamente, nelle misure del 5 e del 4,75 per cento”.

Quindi, per i soggetti di cui agli artt. 6 e 7 (fra i quali rientra l’odierna controricorrente), l’aliquota vigente, in via transitoria, per il periodo d’imposta 2002 è quella del 4,75 per cento, non potendo assumere, per converso, alcun rilievo la disposizione regionale incrementativa di cui alla L.R. n. 27 del 2001, art. 1, comma 5, in quanto dichiarata costituzionalmente illegittima.

Ne consegue il parziale accoglimento, nei limiti indicati, del secondo motivo di ricorso, nel senso che l’originaria domanda di rimborso della contribuente relativa all’IRAP versata in eccedenza doveva essere accolta per l’eccedenza versata rispetto all’aliquota del 4,75% per entrambe le annualità di imposta in contestazione (2002 e 2003).

Con il terzo motivo di ricorso, sempre concernente il capo della sentenza impugnata che ha accolto la domanda di restituzione dell’IRAP versata per l’anno di imposta 2003, la difesa erariale deduce violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 16, comma 3; L.R. Lombardia n. 33 del 2002, art. 1, comma 1; L. n. 289 del 2002, art. 3, comma 1, lett. a) e L. n. 350 del 2003, art. 2, commi 21 e 22, dovendo estendersi la sanatoria di cui alla predetta L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 22, alla maggiorazione dell’aliquota IRAP prevista dalla L.R. n. 33 del 2002, art. 1.

L’assunto del ricorrente, secondo il quale la sanatoria di cui alla L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 22, si dovrebbe applicare alla maggiorazione dell’aliquota IRAP prevista dalla L.R. n. 33 del 2002, art. 1, è infondato.

Va, al riguardo, ribadito l’indirizzo di questa Corte secondo il quale gli effetti delle disposizioni incrementative dell’aliquota IRAP dettate da leggi regionali (cfr., ex multis, Cass. nn. 8632/15, 21327/13, 5867/12, 7344/12 e 19838/12, con riferimento alla L.R. Veneto n. 34 del 2002 e L.R. Veneto n. 38 del 2003) non sono fatti salvi dal disposto della L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 22, a tenore del quale “Nelle more del completamento dei lavori dell’Alta Commissione di cui alla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 3, comma 1, lett. b), nelle regioni che hanno emanato disposizioni legislative in tema di tassa automobilistica e di IRAP in modo non conforme ai poteri ad esse attribuiti in materia dalla normativa statale, l’applicazione della tassa opera, a decorrere dalla data di entrata in vigore di tali disposizioni legislative e fino al periodo di imposta decorrente dal 1 gennaio 2010, sulla base di quanto stabilito dalle medesime disposizioni nonchè, relativamente ai profili non interessati dalle predette disposizioni, sulla base delle norme statali che disciplinano il tributo”.

La disposizione in esame, infatti, concerne gli effetti di norme che siano state emanate dalle regioni “in modo non conforme ai poteri ad esse attribuiti”, laddove le maggiorazioni dell’aliquota IRAP di cui si discute sono state disposte dalla Regione Lombardia in conformità ai poteri alla stessa attribuiti dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 16.

Tale conclusione, come già rimarcato da questa Corte (cfr., fra tutte, la sentenza n. 8632/15), emerge dalla stessa sospensione di dette maggiorazioni disposta dalla L. n. 289 del 2002, art. 3 e ribadita dalla L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 21, “essendo intuitivo che si può sospendere solo un potere effettivamente (ancora) esistente” (così Cass. n. 5867/12, cit., in motivazione) e risulta ulteriormente confermata: a) dalla Corte costituzionale, avendo questa, con la sentenza n. 381 del 2004, dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale della L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 21, in tal modo implicitamente escludendo che il relativo ambito applicativo fosse sovrapponibile con quello del comma 22 dello stesso articolo; b) dal disposto della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 61, secondo il quale “Resta ferma l’applicazione della L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 22, alle disposizioni regionali in materia di IRAP diverse da quelle riguardanti la maggiorazione dell’aliquota…”; così chiarendo, con norma ricognitiva, che la sanatoria di cui alla L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 22, non opera con riferimento alle maggiorazioni delle aliquote IRAP (salvo quanto disposto dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 175, che però, essendo privo di efficacia retroattiva, opera solo a decorrere dall’1 gennaio 2005: Cass. 19838 del 2012, cit., in motivazione).

In conclusione devono essere rigettati il primo e il terzo mezzo di ricorso e deve essere accolto parzialmente il secondo mezzo, nei termini sopra indicati. Per l’effetto, la sentenza gravata va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., dichiarando dovuto il rimborso per l’eccedenza di imposta versata per entrambe le annualità di imposta in contestazione in relazione all’eccedenza rispetto all’aliquota del 4,75% applicabile sia per il 2002 sia per il 2003.

Ricorrono giusti motivi per la compensazione delle spese dell’intero giudizio, in relazione alla complessità delle questioni trattate e dell’esistenza di diversi orientamenti giurisprudenziali sulle questioni trattate.

PQM

La Corte, rigettati gli altri motivi di ricorso, accoglie il secondo nei limiti di cui in motivazione, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, dichiara dovuto il rimborso per l’eccedenza versata rispetto all’aliquota del 4,75% per entrambe le annualità di imposta in contestazione.

Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione quinta civile, il 27 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2016

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