Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 18001 del 01/09/2011

Cassazione civile sez. I, 01/09/2011, (ud. 10/05/2011, dep. 01/09/2011), n.18001

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 23193/2005 proposto da:

D.A. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CAMOZZI 1, presso l’avvocato GIUFFRE’

ADRIANO, rappresentato e difeso dagli avvocati MOSCARIELLO Sergio,

D’ACIERNO CARMELINA, GIUFFRE’ VINCENZO, giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MERCOGLIANO (C.F. (OMISSIS)), in persona del Sindaco

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRANCESCO DENZA

19/A, presso l’avvocato VIOLA SERGIO, rappresentato e difeso

dall’avvocato MATARAZZO Guido, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2147/2004 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 24/06/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

10/05/2011 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato SERGIO MOSCARIELLO che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con un primo atto di citazione notificato il 18.03.2000 al Comune di Mercogliano, D.A. ed D.I., nella qualità di proprietari l’uno del terreno (esteso mq 3.960) riportato in catasto al F. 5 part.lla 268 e l’altra del terreno (esteso mq 3.860) riportato in catasto al F.5 part.lla 269, adivano la Corte di appello di Napoli chiedendo che fossero determinate le giuste indennità di espropriazione e di occupazione legittima dei loro terreni.

Premettevano anche che da anni i due fondi erano stati occupati senza peraltro che vi fosse stata realizzata alcuna opera pubblica, che il Tribunale di Avellino, con sentenza n. 533 del 1993, passata in giudicato, aveva condannato il Comune di Mercogliano al pagamento dell’indennità di occupazione legittima e illegittima, rapportata al valore venale dei beni determinato tramite CTU (L. 75.000 al mq nel maggio 1973 rivalutate al maggio 1993 in L. 140.341 al mq ) e che, con decreto del 9.02.2000, era stato determinato ed a loro offerto un indennizzo provvisorio di esproprio incongruo, essendo stato riferito al valore venale di L. 46.900 (= Euro 24,22) al mq. ed ancora che il Comune convenuto aveva preannunciato la liquidazione dell’indennità di occupazione legittima in misura inferiore a quella del predetto giudicato.

Con successivo atto di citazione notificato il 10.07.2000, i D. proponevano, dinanzi alla medesima Corte d’appello, altra opposizione alla stima, dando atto che il 20.06.2000 era stato emanato il decreto definitivo di espropriazione.

In entrambi i giudizi poi riuniti, il Comune di Mercogliano contestava la domanda attorea, nel primo eccependone preliminarmente anche l’inammissibilità e/o l’improcedbilità. Successivamente l’ente locale depositava copia della determinazione definitiva della indennità di espropriazione, adottata il 6.06.2002 dalla competente Commissione Provinciale Espropri, determinazione che veniva avversata dai D..

Con sentenza del 5.05-24.06.2004, la Corte di appello di Napoli, considerato anche l’esito della CTU, respingeva la proposta opposizione alla stima delle indennità di espropriazione e di occupazione, compensando le spese processuali e ponendo a carico degli opponenti quelle della CTU. La Corte territoriale osservava e riteneva tra l’altro ed in sintesi:

– che dalla espletata CTU risultava che i terreni erano destinati dal PRG in parte in zona F4 – verde pubblico, in parte in zona F5 – parcheggi pubblici ed in parte in zona G1 – area verde di rispetto stradale;

che non poteva essere recepita la valutazione del CTU, il quale, attribuita ai fondi natura edificatoria (non contestata dal Comune), aveva indicato il valore unitario di Euro 93,67 al mq in riferimento al 20.06.2000, data del decreto di esproprio, avvalendosi del ed.

metodo comparativo e basando la comparazione solo sul valore di mercato attualizzato, indicato nella molto risalente sentenza n. 533 del 1993, resa dal Tribunale di Avellino, e ciò pur disponendo di due più recenti ed attendibili dati comparativi, costituiti da atti pubblici di compravendita stipulati il 28.04.1998 ed il 29.07.1998, da cui emergevano prezzi unitari rispettivamente di Euro 40,22 e di Euro 39,44 al mq, non smentiti dalla perizia stragiudiziale depositata dagli attori da cui risultava un prezzo mediato unitario di L. 78.700 al mq (= Euro 40,65), valori che, quindi, ben potevano essere assunti come parametro per la stima dei fondi dei D., con conseguente determinazione del valore unitario in argomento in Euro 40,00 al mq in riferimento ai prezzi correnti nel giugno 2000;

– che trattandosi di suolo edificatorio, l’indennità di esproprio doveva essere determinata ai sensi della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, applicando la decurtazione del 40%;

che l’indennità di espropriazione determinata, ai sensi del cit.

art. 5 bis, dalla competente Commissione Provinciale Espropri, in data 6.06.2002, era pari ad Euro 65.538,00 per la p.lla n. 268 e ad Euro 63.883,00 per la part.lla 269 e, pertanto, le indennità di espropriazione e di occupazione legittima stimate in sede amministrativa risultavano d’importo superiore a quelle determinate in questa sede (Euro 47.639,64 per la particella 268).

Avverso questa sentenza solo D.A. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un motivo e notificato il 21.09.2005 al Comune di Mercogliano, che ha resistito con controricorso notificato il 26.10.2005. Il D. ha anche depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

A sostegno del ricorso il D. deduce “Violazione e falsa applicazione della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; motivazione illogica, contraddittoria ed erronea ex art. 360 c.p.c., n. 5, relativamente alla comparazione tra la stima cui perviene la Corte di appello e quella fissata dalla C.P.E.; omessa ed insufficiente motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, relativamente alla applicazione della decurtazione del 40%”.

Censura il rigetto delle sue domande, sostenendo che l’indennità espropriativa, stimata ai sensi della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, è stata illegittimamente e con motivazione viziata decurtata del 40% e così comparata con le determinazioni adottate in sede amministrativa senza omogeneizzare i valori raffrontati ed aggiungendo che pure dopo la determinazione dell’indennità definitiva da parte della CPE, il Comune nell’integrare il deposito ha continuato ad applicare la riduzione del 40%. Assume pertanto che la sentenza impugnata deve essere riformata e ciò anche con riguardo allo statuito regime delle spese processuali.

Il motivo va accolto per le assorbenti argomentazioni che seguono. A seguito della dichiarazione d’illegittimità costituzionale (sentenza n. 348 del 2007) del D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 5 bis, commi 1 e 2 (convertito, con modificazioni, nella L. 8 agosto 1992, n. 359) deve ritenersi superata la questione della concedibilità del “premio” del mancato abbattimento del 40 per cento del valore mediato del suolo espropriato, atteso che la detrazione è stata espressamente giudicata dalla Corte costituzionale priva di “qualsiasi riferimento, non puramente aritmetico, al valore del bene” (cfr. Cass. 200822395).

Pertanto, nei giudizi, quale quello in discussione, aventi ad oggetto la determinazione dell’indennità di espropriazione, relativi a procedimenti in cui la dichiarazione di pubblica utilità sia stata emessa prima del 30 giugno 2003, data di entrata in vigore del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, venuto meno il criterio di indennizzo di cui al citato art. 5-bis, trova applicazione il criterio del valore venale del bene previsto dalla L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39 e non si applica la L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 89, lett. a), che, avendo introdotto modifiche al D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 37, commi 1 e 2, segue la disciplina transitoria prevista dall’art. 57 D.P.R. cit., mentre la norma intertemporale di cui all’art. 2, comma 90, della legge n. 244 cit. prevede la retroattività della nuova disciplina di determinazione dell’indennità espropriativa solo per i procedimenti espropriativi in corso, e non anche per i giudizi (cfr. Cass. 200811480;

200828431).

Conseguentemente, nel caso di specie, inerente a rapporto non esaurito per essere ancora in corso la controversia sulla misura dell’indennità, deve ricorrersi al criterio del valore venale del bene anche se il ricorso avverso la sentenza determinativa dell’indennità non abbia sollevato questione sulla legge applicabile, ma, come nella specie, si sia limitato a contestare la quantificazione in concreto dell’indennità, con riferimento all’ulteriore decurtazione del 40% (cfr. Cass. 200822409).

Conclusivamente, la censura in questione va accolta e la sentenza impugnata cassata con rinvio la Corte di appello di Napoli, in diversa composizione cui si demanda anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 10 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 1 settembre 2011

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