Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1800 del 28/01/2010

Cassazione civile sez. III, 28/01/2010, (ud. 16/12/2009, dep. 28/01/2010), n.1800

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.C.M., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato CHIARA TERESA, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.A.T., M.F., elettivamente domiciliate

in ROMA, VIA E’RCOLE PASQUALI 3, (presso la Signora VASTA CONTI

Rosa), rappresentate e difese dall’avvocato TIRINNOCCHI SALVATORE,

giusta mandato a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1191/2007 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

del 14/12/07, depositata il 28/02/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/12/2009 dal Consigliere Relatore Dott. FRASCA Raffaele;

e’ presente il P.G. in persona del Dott. SCARDACCIONE Eduardo

Vittorio.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

quanto segue:

1. D.C.M. ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza del 28 febbraio 2008, con la quale la Corte d’Appello di Palermo ha rigettato l’appello da lei proposto avverso la sentenza con cui il Tribunale di Agrigento aveva dichiarato risolto per il suo inadempimento nella qualita’ di conduttrice il contratto locativo corrente con M.A.T. e M.F..

Al ricorso hanno resistito con controricorso le intimate.

2. Essendo il ricorso soggetto alla disciplina delle modifiche al processo di cassazione, disposte dal D.Lgs. n. 40 del 2006 (che si applicano ai ricorsi proposti contro le sentenze ed i provvedimenti pubblicati a decorrere dal 2 marzo 2006 compreso, cioe’ dalla data di entrata in vigore del D.Lgs.: D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27, comma 2) ed essendosi ritenute sussistenti le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380 bis c.p.c., e’ stata redatta relazione ai sensi di tale norma, che e’ stata notificata agli avvocati delle parti e comunicata al Pubblico Ministero presso la Corte.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

quanto segue:

1. Nella relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. si e’ osservato quanto segue:

“… 3. – Il ricorso appare inammissibile.

Il primo motivo denuncia “violazione dell’art. 132 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 in ordine alla omessa motivazione circa fatti decisivi per il giudizio”.

Esso, se si intende come propositivo di una censura di violazione di norma sul procedimento (tale essendo l’art. 132 c.p.c.) non si conclude con il necessario quesito di diritto, mentre, se si intende dedotto solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 viola comunque l’art. 366 bis c.p.c. perche’ non contiene il momento di sintesi espressivo della c.d. chiara indicazione, cui allude detta norma (si veda, ex multis, Cass. sez. Un. n. 20603 del 2007).

Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 1362 c.c. e segg. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in ordine alla interpretazione dei contratti. In relazione ad esso e’ formulato il seguente quesito di diritto: Accerti la Corte se vi e’ stata violazione dell’art. 1362 c.c. e segg. ossia se nell’ipotesi di clausole contrattuale che appaiono tra di loro contrastanti (punti n. 4 e 5 del contratto di locazione) debba, in ogni caso, prevalere quella che consente e/o favorisce la conservazione del contratto piuttosto che quella cui conseguirebbe, in caso di applicazione, la risoluzione del contratto stesso.

Il terzo motivo denuncia falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e si conclude con il seguente quesito di diritto: Accerti la Corte se vi e’ stata falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 55 ossia se l’espressa manifestazione di volonta’ dei contraenti (punto n. 5 del contratto di locazione) debba prevalere sulla vigente disciplina normativa contrattuale (L. n. 392 del 1978), soprattutto nell’ipotesi in cui l’applicabilita’ della norma, peraltro invocata da una sola delle parti contraenti, sia stata espressamente esclusa dalla legge avuto riguardo alla fattispecie concreta (L. n. 392 del 1978, art. 55 in relazione alla disciplina delle locazioni di immobili adibiti ad uso diverso dall’abitazione).

Entrambi quesiti sono inidonei ad integrare il requisito di cui all’art. 366 bis c.p.c., attesa la loro assoluta genericita’ e mancanza di riferimenti alla decisione impugnata.

L’art. 366 bis c.p.c., infatti, quando esige (o meglio esigeva, atteso che ora e’ stato abrogato dalla L. n. 69 del 2009, con effetto che, pero’, non si estende al ricorso in oggetto) che il quesito di diritto debba concludere il motivo impone che la sua formulazione non si presenti come la prospettazione di un interrogativo giuridico del tutto sganciato dalla vicenda oggetto del procedimento e dal modo in cui e’ stata decisa, bensi’ evidenzi la sua pertinenza all’uno ed all’altra. Invero, se il quesito deve concludere l’illustrazione del motivo ed il motivo si risolve in una critica alla decisione impugnata e, quindi, al modo in cui la vicenda dedotta in giudizio e’ stata decisa sul punto oggetto dell’impugnazione, appare evidente che il quesito, per concludere l’illustrazione del motivo, deve necessariamente contenere un riferimento riassuntivo ad esso e, quindi, al suo oggetto, cioe’ al punto della decisione impugnata da cui il motivo dissente. Un quesito che non presenti questa contenuto e’ un non – quesito e non vale ad integrare il requisito di ammissibilita’ previsto dalla norma in discorso (si veda, in termini, Cass. sez. un. n. 26020 del 2008; da ultimo, Cass. n. 4044 e 8463 del 2009, fra le tante).

4. – Il ricorso, inoltre, sarebbe comunque inammissibile anche per la violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, atteso che si fonda su documenti, dei quali non fornisce l’indicazione specifica necessaria secondo detta norma ed in particolare non indica se e dove in questa sede siano stati prodotti (si vedano Cass. (ord.) n. 22303 del 2008 ed ora Cass. sez. un. n. 28547 del 2008).”.

2. Il Collegio condivide le argomentazioni e conclusioni della relazione alle quali non e’ necessario aggiungere alcunche’, tenuto conto che parte ricorrente non ha svolto riguardo ad esse rilievi.

Il ricorso dev’essere, dunque, dichiarato inammissibile.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente alla rifusione alla resistente delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in euro duemila, di cui duecento per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 16 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 28 gennaio 2010

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