Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1800 del 27/01/2020

Cassazione civile sez. lav., 27/01/2020, (ud. 05/11/2019, dep. 27/01/2020), n.1800

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14555/2014 proposto da:

TRENITALIA S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

LUIGI GIUSEPPE FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato ARTURO

MARESCA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCO

BONAMICO;

– ricorrente –

contro

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati ANTONIETTA CORETTI, VINCENZO TRIOLO e VINCENZO STUMPO;

– A.B., C.F. (OMISSIS), AD.SA., B.M.,

BR.DA., C.U., CH.FA., D.M.,

G.A., GH.FE., L.L.,

M.V., MA.AN., MA.PA., O.F.,

P.N., R.E., T.S., tutti elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA FLAMINIA 195, presso lo studio

dell’avvocato SERGIO VACIRCA, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MARIAGRAZIA NAPOLI;

– controricorrenti –

e contro

E.H.K.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 203/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 16/06/2014, R. G. N. 1327/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/11/2019 dal Consigliere Dott. NICOLA DE MARINIS;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VISONA’ Stefano, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato GAETANO GIANNI’ per delega verbale avvocato ARTURO

MARESCA;

udito l’Avvocato SERGIO VACIRCA;

udito l’Avvocato MARIA PASSARELLI per delega verbale avvocato

ANTONIETTA CORETTI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 20 marzo 2014, la Corte d’Appello di Torino, in riforma della decisione resa dal Tribunale di Torino, rigettava l’opposizione proposta da Trenitalia S.p.A. nei confronti di A.B. +1 e Savino Ad. +15 i quali, dipendenti dalla P.M. Ambiente S.p.A., società cui Trenitalia S.p.A. aveva commesso il servizio di pulizia del materiale rotabile presso gli impianti ferroviari del lotto (OMISSIS), avevano ottenuto nei confronti della Società datrice ma altresì di Trenitalia, quale obbligata in solido ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, nonchè dell’art. 1676 c.c., ciascuno un decreto ingiuntivo per il pagamento di varie somme a titolo di TFR, permessi non goduti, 14 mensilità indennità sostitutiva delle ferie e buoni pasto arretrati nonchè la domanda proposta nei confronti dell’INPS avente ad oggetto il riconoscimento del diritto a surrogarsi ai lavoratori nella riscossione delle somme a titolo di TFR da riconoscersi loro da parte del Fondo di Garanzia di cui alla L. n. 297 del 1982, stante l’insolvenza della P.M. Ambiente S.p.A., nelle more ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria, nei cui confronti, pertanto il giudizio veniva dichiarato interrotto, condannando Trenitalia S.p.A., riconosciuta legittimata passiva dell’azione dei lavoratori, in luogo dell’INPS, anche in base alla disciplina di cui alla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 755 e ss., istitutiva presso l’INPS del Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto di cui all’art. 2120 c.c., al pagamento delle somme residue spettanti ai lavoratori a titolo di TFR, essendo state le somme dovute ad altro titolo fatte oggetto di transazione conclusa con Trenitalia S.p.A., con riguardo tanto al periodo anteriore all’ottobre 2003, data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, quanto al periodo successivo all’1.1.2007 data di operatività del Fondo di cui alla L. n. 296 del 2006.

La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto idoneo a fondare l’obbligo solidale della committente Trenitalia S.p.A. per il pagamento del TFR relativo al periodo anteriore all’ottobre del 2003 (e ciò anche con riguardo a quanti dei lavoratori avevano iniziato il rapporto con regime pubblicistico per essere il servizio ferroviario gestito dall’Ente FF.SS.), se non l’art. 29 D.Lgs. n. 276 del 2003 di cui, stante l’intervenuta cessazione del rapporto con la società appaltatrice nel febbraio 2010, allorchè la stessa era pienamente vigente e tale da offrire una garanzia integrale al credito, era stata erroneamente dichiarata l’inapplicabilità con statuizione non fatta oggetto di impugnazione, la L. n. 1369 del 1960, art. 3, e lo stesso art. 1676 c.c., invocato, non avendo l’appaltante eccepito di non avere debiti nei confronti dell’appaltatrice, sussistente l’interesse ad agire nei confronti dell’INPS ed ammissibile dunque la chiamata in causa dell’Istituto ai fini della surroga, in caso di condanna al pagamento delle somme dovute a titolo di TFR, nei diritti dei lavoratori conseguenti all’intervento del Fondo di Garanzia di cui alla L. n. 297 del 1982, in caso di insolvenza della società appaltatrice loro datrice di lavoro, ma nel merito infondata la pretesa, non assumendo l’appaltante, tenuto a procedere al pagamento del TFR in favore dei lavoratori dell’appaltatore in virtù dell’obbligo solidale a suo carico sancito dalla legge, la posizione del cessionario del credito avente diritto ex art. 1203 c.c., al subentro, quale solvens, nella posizione dell’accipiens ed infondata, anche al di là del mancato assolvimento dell’onere della prova del versamento mensile da parte del datore del contributo pari alla quota prevista dall’art. 2120 c.c., al “Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto” istituito presso l’INPS L. n. 296 del 2006, ex art. 1, comma 755, la pretesa di ritenere, alla luce di quella norma, obbligato al pagamento delle somme spettanti a titolo di TFR successivamente all’1.1.2007 il Fondo medesimo, essendo quell’obbligo rimasto ad esclusivo carico del datore di lavoro, insuscettibile di essere riguardato come mero adiectus solutionis causa.

Per la cassazione di tale decisione ricorre Trenitalia S.p.A., affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resistono, con controricorso, tutti i lavoratori coinvolti nel giudizio d’appello con esclusione di E.H.K. e l’INPS.

L’Istituto controricorrente ha poi presentato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la Società ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 1203 c.c., n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, e della L. n. 297 del 1982, artt. 1 e 2, anche in relazione alle Direttive 80/987/CEE del 20.10.1980 e 2008/94/CE del 22.10.2008 e dell’art. 3 Cost., la non conformità a diritto dell’orientamento accolto dalla Corte territoriale in ordine all’insussistenza del diritto della Società appaltante che abbia provveduto, quale obbligato in solido, al pagamento delle somme spettanti a titolo di TFR ai dipendenti della società appaltatrice risultata insolvente alla surroga nelle ragioni di credito dai lavoratori medesimi maturate nei confronti del Fondo di Garanzia di cui alla L. n. 297 del 1982. Con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione della L. n. 1369 del 1960, art. 3, anche in relazione agli artt. 112 e 345 c.p.c., e dell’art. 1676 c.c., in relazione all’art. 2697 c.c., e all’art. 115 c.p.c., e art. 24 Cost., nonchè all’art. 116 c.p.c., in una con l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 1676 c.c., e art. 116 c.p.c., la Società ricorrente lamenta la non conformità a diritto dell’orientamento accolto dalla Corte territoriale circa l’idoneità del disposto di cui alla L. n. 1369 del 1960, art. 3, relativo all’obbligo gravante sull’impresa appaltante di parità di trattamento retributivo con il proprio personale in favore dei lavoratori impiegati in appalti endoaziendali, a fondare in via generale l’obbligo solidale dell’appaltante nei confronti dei lavoratori dell’appaltatore in caso di inadempienza del medesimo nonchè il malgoverno da parte della Corte territoriale delle regole sull’onere della prova, avendo la Corte stessa illegittimamente gravato la Società ricorrente della prova dell’assenza di debiti verso l’appaltatore, operando, ai sensi dell’art. 1676 c.c., la garanzia dei crediti dei dipendenti di quest’ultimo fino a concorrenza degli stessi ove esistenti ed altresì di aver erroneamente valutato gli elementi comunque offerti ad assolvimento di quell’onere in realtà insussistente;

Nel terzo motivo la violazione e falsa applicazione della L. n. 296 del 2006, art. 1, commi 755 – 757, del D.M. 30 gennaio 2007, e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 2120 c.c., e D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, è prospettata in relazione alla statuizione resa dalla Corte territoriale in ordine alla legittimazione passiva della Società ricorrente, in luogo del “Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto” istituito presso l’INPS, quale soggetto tenuto al pagamento delle quote di TFR spettanti ai lavoratori dell’impresa appaltatrice relative al periodo successivo all’1.1.2007 ed al malgoverno delle regole sull’onere della prova per aver ritenuto la Società ricorrente onerata della prova del versamento mensile al fondo predetto da parte dell’impresa appaltatrice del contributo pari alla quota prevista dall’art. 2120 c.c..

Il primo motivo deve ritenersi infondato, qualificandosi l’impresa appaltante quale coobbligato ex lege all’adempimento nei confronti dei lavoratori dipendenti dall’impresa appaltatrice dell’obbligo retributivo, comprensivo del TFR, adempimento in presenza del quale non può operare la garanzia data dall’intervento del Fondo relativo di cui alla L. n. 297 del 1982, la cui ratio si identifica nel tenere indenne, nella misura ivi prevista, il lavoratore dal rischio della mancata corresponsione del trattamento retributivo, il che esclude in radice la pretesa surroga dell’impresa appaltante nelle insussistenti, in quanto già soddisfatte da uno dei soggetti obbligati, ragioni di credito dei lavoratori dell’impresa appaltatrice nei confronti del predetto Fondo di garanzia, posizione, quella del coobbligato ex lege, che, pertanto ed in conformità all’orientamento da ultimo invalso nella giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. 10543/2016 cui si sono conformate tutte le sentenze successive fino a Cass. 9752/2019), non è riconducibile a quella dell’avente diritto, in quanto solvens in luogo dell’accipiens, contemplata dall’art. 1203 c.c., n. 3.

Parimenti infondato si rivela il secondo motivo atteso che la L. n. 1369 del 1960, art. 3, contrariamente a quanto sostenuto dalla Società ricorrente, per quanto preveda a carico dell’impresa affidataria di appalti endoaziendali l’obbligo di riconoscere la parità di trattamento con il proprio personale dei lavoratori dell’impresa appaltatrice, contestualmente sancisce la responsabilità solidale dell’appaltatore per l’adempimento dell’obbligo retributivo nei confronti dei lavoratori dell’appaltatrice, previsione sufficiente a fondare l’obbligo della Società ricorrente a provvedere al pagamento del TFR maturato anteriormente all’ottobre 2003, rendendo superfluo il riferimento ai medesimi fini all’art. 1676 c.c., ed irrilevante ai fini del decidere tale causa petendi, con conseguente inammissibilità, per difetto del carattere della decisività, delle censure a riguardo sollevate dalla Società ricorrente.

Ancora infondato risulta il terzo motivo, dovendo ritenersi, come è desumibile dal disposto della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 756, per cui la liquidazione del trattamento di fine rapporto al lavoratore viene effettuata al Fondo di cui al precedente comma 755, limitatamente alla quota corrispondente ai versamenti effettuati dal Fondo medesimo, mentre per la parte rimanente resta a carico del datore di lavoro ed in conformità con l’orientamento accolto da questa Corte (cfr. Cass. 10354/2016), la Società ricorrente responsabile in solido dell’adempimento dell’obbligo di corresponsione del trattamento di fine rapporto di cui è gravato il datore di lavoro e, pertanto, tenuta ad allegare e provare il fatto impeditivo dell’insorgenza dell’obbligo stesso, dato dall’avvenuto versamento mensile del contributo pari alla quota prevista dall’art. 2120 c.c., al Fondo per l’erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto da parte dell’appaltatore datore di lavoro in favore dei propri dipendenti, allegazione e prova di cui la Società ricorrente non ha qui dato conto limitandosi a riproporre in questa sede la questione, come detto infondata, del difetto di legittimazione passiva di Trenitalia S.p.A..

Il ricorso, pertanto, va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore dell’INPS, liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.500,00 per compensi ed in favore dei lavoratori liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro3.500,00 per compensi, oltre spese generali al 1 5 % ed altri accessori di legge, con distrazione a favore degli avv.ti Mariagrazia Napoli e Sergio Vacirca antistatari.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 5 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2020

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