Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1800 del 26/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 26/01/2011, (ud. 03/12/2010, dep. 26/01/2011), n.1800

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARLEO Giovanni – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – rel. Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rapp.te pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che lo rappresenta e difende per legge

– ricorrente –

contro

G.L.;

– intimato –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale dell’Emilia e Romagna n. 4/2008/13 depositata il 12/3/2008;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

giorno 3/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. Marcello Iacobellis;

viste le richieste del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale, dott. Matera, che ha concluso aderendo alla relazione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia promossa da G.L. contro l’Agenzia delle Entrate è stata definita con la decisione in epigrafe, recante il rigetto dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza della CTP di Bologna n. 8/1/2006 aveva accolto il ricorso del contribuente avverso il silenzio rifiuto dell’Ufficio sull’istanza di rimborso Irap versata negli anni 1998-2001. Il ricorso proposto si articola in tre motivi. Nessuna attività difensiva è stata svolta dall’intimato. Il relatore ha depositato relazione ex art. 380 bis c.p.c.. Il presidente ha fissato l’udienza del 3/12/2010 per l’adunanza della Corte in Camera di Consiglio. Il P.G. ha concluso aderendo alla relazione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con primo motivo il ricorrente assume la violazione e falsa applicazione degli artt. 2082 e 2238 c.c., del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 49 e 55 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Tutti gli imprenditori sarebbero soggetti ad irap. La censura è inammissibile in quanto il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. è privo della riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito, della sintetica indicazione della regola di diritto applicata da quel giudice, e della diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (Sez. 3, Ordinanza n. 19769 del 17/07/2008). La censura inoltre postula una qualità del contribuente che non risulta accertata dal giudice di merito.

Con secondo motivo l’Agenzia delle Entrate assume l’insufficiente motivazione circa un fatto controverso. Il mero riferimento allo svolgimento dell’attività in via quasi esclusivamente personale non giustificherebbe l’affermata esenzione.

Con terzo motivo la ricorrente assume la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3 la CTR avrebbe erroneamente ritenuto non sussistere il presupposto impositivo nel caso in cui l’organizzazione sia incapace di funzionare in maniera autonoma.

Fondato è il terzo motivo. In tema di IRAP, l’esercizio per professione abituale, ancorchè non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diversa dall’impresa commerciale costituisce, secondo l’interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 156 del 2001, presupposto dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente che eserciti attività di lavoro autonomo: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che, secondo l'”id quod plerumque accidit”, costituiscono nell’attualità il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività anche in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle predette condizioni (Sent. 3628 del 16/02/2007).

Quanto sopra ha effetto assorbente sul secondo motivo.

La sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio al giudice del merito, per le sue ulteriori valutazioni, sulla base del principio di diritto affermato e per la liquidazione delle spese.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, accoglie il terzo motivo, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo grado, ad altra sezione della CTR della Emilia e Romagna.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2011

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