Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1800 del 24/01/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 1800 Anno 2018
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: MANZON ENRICO

ORDINANZA
sul ricorso 23499-2016 proposto da:
EDILIZIA DEPAU S.R.L., in persona del legale rappresentante protempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA IVANOE
BONOMI n. 50, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO)
SCIFO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante
pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI n. 12, presso l’AVVOCATURA CI Nl IRAI I.
DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope-legis;

– contro ricorrente nonchè contro

Data pubblicazione: 24/01/2018

EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE S.P.A.;

– intimata avverso la sentenza n. 287/01/2015 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di CAGIA ARI, depositata il

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 23/11/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO
ON.
Disposta la motivazione semplificata su concorde indicazione del
Presidente e del Relatore.
Rilevato che:
Con sentenza in data 18 giugno 2015 la Commissione tributaria
regionale della Sardegna accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia
delle entrate, ufficio locale, nonché quello incidentale proposto da
1-_:,quitalia Centro avverso la sentenza n. 118/3/07 della Commissione
tributaria provinciale di Cagliari che aveva accolto il ricorso della
Società Edilizia Depau srl contro la cartella di pagamento per II.DD.
ed IVA 2003. La CTR osservava in particolare che, essendo
pienamente legittima l’iscrizione a ruolo ex art. 36 bis, d.P.R. 600/1973
delle imposte dichiarate e non versate dalla società contribuente
nell’annualità fiscale in oggetto e dei relativi interessi e sanzioni, la
cartella esattoriale impugnata non presentava alcuno dei vizi formali
eccepiti/rilevati dal primo giudice, che peraltro aveva deciso ultra petita
(mancata indicazione del responsabile del procedimento, difetto di
motivazione dell’atto riscossivo), come affermato dall’Agente della
riscossione con il gravame incidentale.
Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione la società
contribuente deducendo due motivi.
Ric. 2016 n. 23499 sez. MT – ud. 23-11-2017
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08/09/2015;

Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
L’intimata Equitalia Servizi di Riscossione non si è difesa.
Considerato che:
Con il primo motivo —ex art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.la società ricorrente denuncia di nullità la sentenza impugnata per la

civ., poiché la CTR ha totalmente omesso di pronunciare sulla sua
eccezione di inammissibilità, per tardività, del gravame agenziale e
conseguentemente di quello incidentale dell’Agente della riscossione.
La censura è infondata.
Va anzitutto ribadito che «Il mancato esame da parte del giudice di una
questione puramente processuale .. non è suscettibile di dar luogo al
vizio di omissione di pronuncia, il quale si configura esclusivamente
nel caso di mancato esame di domande od eccezioni di merito, ma può
configurare un vizio della decisione per violazione di norme diverse
dall’art. 112 c.p.c. se, ed in quanto, si riveli erronea e censurabile, oltre
che utilmente censurata, la soluzione implicitamente data dal giudice
alla problematica prospettata dalla parte» (Sez. 6 – 2, Sentenza n. 321
del 12/01/2016, Rv. 638383 – 01).
Quindi in primo luogo è insussistente la dedotta violazione dell’art.
112, cod. proc. civ., poiché la CTR ha evidentemente ritenuto
implicitamente non fondata l’eccezione di tardività/inammissibilità
dell’appello principale dell’Agenzia delle entrate, ufficio locale, e
conseguentemente di quello incidentale dell’Agente della riscossione.
Peraltro, tale eccezione risulta effettivamente infondata.
Va infatti rilevato che, essendo la sentenza appellata stata depositata il
20 dicembre 2007 ed avendo l’Agenzia delle entrate, ufficio locale,
consegnato l’appello per la notifica all’Ufficiale giudiziario il 3 febbraio
2009, l’impugnazione è tempestiva in quanto proposta nel termine
Ric. 2016 n. 23499 sez. MT – ud. 23-11-2017
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violazione/falsa applicazione degli artt. 112, 324, 325, 326, cod. proc.

annuale maggiorato di 46 giorni per la sospensione feriale secondo la
normativa vigente ratione temporis.
Con il secondo motivo —ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc.
civ.- la ricorrente lamenta la violazione/falsa applicazione di plurime
disposizioni legislative, poiché la CTR ha affermato la validità della

(mancata) sottoscrizione, al mancato invio della richiesta di chiarimenti
di cui all’art. 6, comma 5, legge 212/2000, alla violazione del
contraddittorio endoprocedimentale; poiché inoltre la CTR in
accoglimento del gravame incidentale dell’Agente della riscossione ha
affermato la sussistenza del vizio di ultrapetizione della sentenza
appellata in relazione alle eccezioni di mancata indicazione del
responsabile del procedimento ed ancora della validità della
sottoscrizione.
La censura è infondata.
Va ribadito che:
-«In tema di riscossione delle imposte, l’art. 6, comma quinto, della
legge 27 luglio 2000, n. 212, non impone l’obbligo del contraddittorio
preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo,
ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ma
soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della
dichiarazione”, situazione, quest’ultima, che non ricorre
necessariamente nei casi soggetti alla disposizione appena indicata, la
quale implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili
direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo
interpretativo; del resto, se il legislatore avesse voluto imporre il
contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante
dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione, non avrebbe
posto la condizione di cui al citato inciso. (Nella specie, la S.C. ha
Ric. 2016 n. 23499 sez. MT – ud. 23-11-2017
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cartella di pagamento impugnata, con particolare riguardo alla sua

annullato la sentenza impugnata che aveva ritenuto invalida, per
violazione dell’art. 6, comma quinto, della legge n. 212 del 2000, una
cartella di pagamento relativa ad omesso o insufficiente versamento di
imposte dirette e indirette dovute in base alla dichiarazione
presentata)» (Sez. 5, Sentenza n. 8342 del 25/05/2012, Rv. 622681 —

Rv. 631667 – 01);
-«In tema di riscossione delle imposte sul reddito, l’omessa
sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario
competente non comporta l’invalidità dell’atto, la cui esistenza non
dipende tanto dall’apposizione del sigillo o del timbro o di una
sottoscrizione leggibile, quanto dal fatto che tale elemento sia
inequivocabilmente riferibile all’organo amministrativo titolare del
potere di emetterlo, tanto più che, a norma dell’art. 25 del d.P.R. 29
settembre 1973, n. 602, la cartella, quale documento per la riscossione
degli importi contenuti nei ruoli, deve essere predisposta secondo il
modello approvato con decreto del Ministero competente, che non
prevede la sottoscrizione dell’esattore, ma solo la sua intestazione e
l’indicazione della causale, tramite apposito numero di codice» (Scz. 5,
Sentenza n. 25773 del 05/12/2014, Rv. 633901 – 01);
-«L’indicazione del responsabile del procedimento negli atti
dell’Amministrazione finanziaria non è richiesta, dall’art. 7 della 1. n.
212 del 2000, a pena di nullità, in quanto tale sanzione è stata
introdotta per le cartelle di pagamento dall’art. 36, comma 4-ter, del d.l.
n. 248 del 2007, conv., con modif., dalla I. n. 31 del 2008, applicabile
soltanto alle cartelle riferite ai ruoli consegnati agli agenti della
riscossione a decorrere dal 1 giugno 2008. (Sez. 5 – Ordinanza n.
11856 del 12/05/2017, Rv. 644115 – 01);

Ric. 2016 n. 23499
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sez.

MT – ud. 23-11-2017

01; successivamente Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 15584 del 08/07/2014,

-In tema di riscossione delle imposte, l’art. 6, comma quinto, della
legge 27 luglio 2000, n. 212, non impone l’obbligo del contraddittorio
preventivo in rutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo,
ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ma
soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della

necessariamente nei casi soggetti alla disposizione appena indicata, la
quale implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili
direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo
interpretativo; del resto, se il legislatore avesse voluto imporre il
contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante
dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione, non avrebbe
posto la condizione di cui al citato inciso. (Nella specie, la S.C. ha
annullato la sentenza impugnata che aveva ritenuto invalida, per
violazione dell’art. 6, comma quinto, della legge n. 212 del 2000, una
cartella di pagamento relativa ad omesso o insufficiente versamento di
imposte dirette e indirette dovute in base alla dichiarazione
presentata)» (Sez. 5, Sentenza n. 8342 del 25/05/2012, Rv. 622681 01);
-«In materia di riscossione, ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600
del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, l’invio al contribuente
della comunicazione di irregolarità, al fine di evitare la reiterazione di
errori e di consentire la regolarizzazione degli aspetti formali, è dovuto
solo ove dai controlli automatici emerga un risultato diverso rispetto a
quello indicato nella dichiarazione ovvero un’imposta o una maggiore
imposta e, comunque, la sua omissione determina una mera irregolarità
e non preclude, una volta ricevuta la notifica della cartella, di
corrispondere quanto dovuto con riduzione della sanzione, mentre tale
adempimento non è prescritto in caso di omessi o tardivi versamenti,
Ric. 2016 n. 23499 sez. MT – ud. 23-11-2017
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dichiarazione”, situazione, quest’ultima, che non ricorre

ipotesi in cui, peraltro, non spetta la riduzione delle sanzioni
amministrative ai sensi dell’art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 462 del 1997»
(Sez. 5, Sentenza n. 13759 del 06/07/2016, Rv. 640341 – 01).
La sentenza impugnata è del tutto conforme ai principi di diritto
espressi in tali arresti giurisprudenziali e non merita perciò cassazione.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in
dispositivo a favore della sola Agenzia delle entrate, non essendosi
difeso l’Agente della riscossione.
PQM
La Corte rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente al pagamento
-in favore della sola Agenzia delle entrate- delle spese del giudizio di
legittimità che liquida in euro 2.300 oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso
articolo 13.
Così deciso in Roma, 23 novembre 2017

Il ricorso va dunque rigettato.

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