Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 180 del 08/01/2018

Cassazione civile, sez. II, 08/01/2018, (ud. 21/09/2017, dep.08/01/2018),  n. 180

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’appello di Lecce, con sentenza depositata il 19 dicembre 2012, ha accolto l’appello proposto da Perrino s.r.l. avverso la sentenza del Tribunale di Brindisi – sezione distaccata di Ostuni n. 41 del 2010, e nei confronti di L.P. s.r.L., e, per l’effetto, ha rigettato la domanda proposta dalla società L. di condanna della società Perrino alla restituzione dell’importo di Euro 51.645,60, ritenendo non raggiunta la prova del sottostante contratto di mutuo.

2. Per la cassazione della sentenza L.P. ha proposto ricorso sulla base di due motivi. Resiste con controricorso Perrino srl.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è infondato.

1.1. Con il primo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2729 c.c., art. 115, comma 2, art. 116 c.p.c. e 6 Cedu, e si contesta che la Corte d’appello avrebbe applicato la regola del riparto dell’onere probatorio senza esaminare le numerose emergenze processuali che il Tribunale, viceversa, aveva ritenuto sufficienti a dimostrare in via presuntiva che la dazione di danaro, documentata e non contestata dalla convenuta, era avvenuta a titolo di mutuo.

2. Con il secondo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e art. 116 c.p.c., comma 2, e si lamenta che la Corte d’appello aveva ritenuto erronea l’applicazione della regola di riparto dell’onere probatorio da parte del giudice di primo grado. Al contrario, correttamente il Tribunale aveva ritenuto che la mancata produzione, da parte della Perrino srl, di fatture o altri documenti contabili comprovanti la vendita di olive a L., dedotta come causale della dazione di danaro, costituiva comportamento processuale che, unitamente alle altre emergenze, contribuiva alla formazione del convincimento riguardo alla individuazione del titolo della dazione di danaro nel mutuo.

3. Le doglianze, che possono essere esaminate congiuntamente, sono infondate.

3.1. Secondo la giurisprudenza costante di questa Corte regolatrice, l’attore che chiede la restituzione di somme date a mutuo è tenuto, ai sensi dell’art. 2697 c.c., comma 1, a provare gli elementi costitutivi della domanda, e quindi non solo la consegna ma anche il titolo della stessa, da cui derivi l’obbligo della vantata restituzione. L’esistenza di un contratto di mutuo non può essere desunta dalla mera consegna di assegni bancari o somme di denaro (che, ben potendo avvenire per svariate ragioni, non vale di per sè a fondare una richiesta di restituzione allorquando l’accipiens ammessane la ricezione – non confermi anche il titolo posto dalla controparte a fondamento della propria pretesa ma ne contesti la legittimità), essendo l’attore tenuto a dimostrare per intero il fatto costitutivo della sua pretesa, senza che la contestazione del convenuto (il quale, pur riconoscendo di aver ricevuto la somma ne deduca una diversa ragione) possa tramutarsi in eccezione in senso sostanziale e come tale determinare l’inversione dell’onere della prova (ex plurimis, Cass. 14/02/2010, n. 3258; Cass. 24/02/2004, n. 3642).

4. Nel caso in esame, la Corte d’appello si è conformata alla richiamata giurisprudenza di legittimità.

4.1. Sulla premessa corretta che il bonifico bancario della somma di Lire 100 milioni effettuato da L. a favore della Perrino srl non dimostrava di per sè l’esistenza di un contratto di mutuo, la Corte d’appello ha poi ritenuto che a tal fine non fosse rilevante la deposizione del teste A.G. il quale si era limitato a riferire di avere appreso da “altre persone” l’esistenza di un accordo per la restituzione della somma -, nè fosse sufficiente, in assenza di altri elementi indiziari, la mancata comparizione del legale rappresentante della Perrino srl a rendere l’interrogatorio formale.

4.2. L’apprezzamento del materiale istruttorio risulta anch’esso condotto alla stregua dei principi ripetutamente affermati da questa Corte regolatrice. La testimonianza de relato ex parte actoris può assurgere a valido elemento di prova quando sia suffragata da ulteriori risultanze probatorie, che concorrano a confermarne la credibilità (ex plurimis, Cass. 31/07/2013, n. 18352; Cass. 11/02/1987, n. 1492), e l’art. 232 c.p.c., non ricollega, automaticamente, alla mancata risposta all’interrogatorio formale l’effetto della confessione, ma riconosce al giudice la facoltà di ritenere come ammessi i fatti dedotti con il mezzo istruttorio, purchè concorrano altri elementi di prova (ex plurimis, Cass. 06/08/2014, n. 17719).

5. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese del presente giudizio, liquidate in dispositivo. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13. comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 21 settembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2018

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