Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17993 del 20/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 20/07/2017, (ud. 06/06/2017, dep.20/07/2017),  n. 17993

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13253-2016 proposto da:

RETE FERROVIARIA ITALIANa s.p.a. (C.f. (OMISSIS), P.i. (OMISSIS)), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, L.G. FAVARELLI 22, presso lo studio

dell’avvocato ARTURO MARESCA, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati ANTONIO SACCA’ e ROSA PINO;

– ricorrente –

contro

M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RIMINI 14,

presso lo studio dell’avvocato NICOLETTA CARUSO, rappresentato e

difeso dall’avvocato GAETANO SORBELLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 162/2016 della CORTE D’APPELLO di MESSINA

depositata il 17/2/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 6/6/2017 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA.

Fatto

RILEVATO

che:

– con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Messina in solo parziale riforma della decisione del Tribunale della stessa sede, previa conferma della declaratoria di illegittimità dei contratti di arruolamento stipulati tra M.A. e Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. dal 1996 al 2008 per genericità delle indicazioni contenute negli stessi ed insufficienza a configurare un pieno adempimento delle disposizioni del codice della navigazione, della pronuncia di instaurazione di un rapporto a tempo indeterminato e della quantificazione in 12 mensilità dell’indennità risarcitoria L. n. 183 del 2010, art. 32 condannava la società a corrispondere al lavoratore anche la retribuzione dovuta dalla data della sentenza di primo grado fino alla riassunzione;

– avverso tale sentenza Rete Ferroviaria S.p.A. propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi;

– M.A. resiste con controricorso;

– la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;

– la società ha depositato memoria;

– il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo la società denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. assumendo che la Corte di appello è incorsa nel vizio di ultrapetizione perchè il giudice di prime cure aveva dichiarato la nullità del contratto a viaggio per l’invalidità della clausola indicante per uno o più viaggi, in quanto implicante incertezza assoluta sulle caratteristiche e sui requisiti del contratto, sebbene il lavoratore si fosse limitato a dedurre che la dizione per max…giorni non sarebbe stata sufficiente ad indicare la durata del contratto;

– il motivo è infondato;

– la Corte di appello ha dato atto che il lavoratore, aveva eccepito la nullità della clausola ex art. 332 cod. nav. chiedendo che il contratto di lavoro fosse riconosciuto come contratto a tempo indeterminato ai sensi del comma 2 dell’indicata norma (cfr. pagg. 2 e 8 della sentenza), sicchè non vi era stato alcun travalicamento dei limiti della domanda;

– con il secondo motivo la società denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 332 c.n., comma 2, artt. 325 e 373 cod. nav. in relazione alla ritenuta nullità parziale del contratto di arruolamento ed alla affermata continuità del rapporto. Si osserva che l’art. 332 cod. nav. prevede la sanzione della trasformazione di diritto del contratto esclusivamente quando dal contratto stesso o dal ruolo dell’equipaggio non risulti che l’arruolamento sia stato stipulato a viaggio o a tempo determinato e che tale sanzione, invece, non è prevista per il caso in cui non risulti dal contratto di arruolamento il viaggio o i viaggi da compiere; nella specie, dunque, la mancanza della specificazione del viaggio non poteva determinare l’equiparazione al contratto di diritto comune con l’apposizione di un termine nullo ed in conseguenza non poteva essere respinta la formulata eccezione di prescrizione;

– il motivo è inammissibile alla luce del consolidato orientamento di questa Corte del quale la Corte di appello ha fatto corretta applicazione (art. 360 bis c.p.c.): rif. Cass. 17 marzo 2001, n. 3869; Cass. 17 gennaio 2005, n. 777; Cass. 11 aprile 2005, n. 7368; Cass. 8 giugno 2005, n. 11939; Cass. 14 luglio 2005, n. 14814, Cass. 16 settembre 2014, n. 19494 che hanno ritenuto la tesi restrittiva prospettata dalla società di navigazione (secondo cui, in sostanza, è sufficiente la spendita delle espressioni a viaggio o a termine perchè non possa trovare applicazione l’art. 332 cod. nav., comma 2) contraria a principi di carattere generale e alla ratio della previsione legislativa che non ha affatto inteso affermare che la astratta denominazione del contratto come contratto a termine o a viaggio sia sufficiente all’effettiva qualificazione dello stesso in tal senso, anche in mancanza della effettiva specificazione del termine o del viaggio;

– con il terzo motivo la società denuncia violazione della L. n. 183 del 2010, art. 32 per avere la Corte di appello disatteso la richiesta di riduzione dell’indennità risarcitoria formulata da R.F.I. S.p.A.; – il motivo è infondato;

– la Corte di merito ha indicato le ragioni per le quali ha ritenuto corretta la determinazione in dodici mensilità dell’indennità di cui all’art. 32 cit. individuandole, da un lato, nelle dimensioni aziendali, e dall’altro, nel numero dei contratti stipulati tra le parti e nell’anzianità del lavoratore. Si tratta, all’evidenza, di una corretta applicazione dei criteri di cui al citato L. 15 luglio 1966, n. 604, art. 8 involgente, peraltro, valutazioni di merito che non possono essere sindacate in questa sede (Cass. 22 gennaio 2014, n. 1320, Cass. 5 marzo 2014, n. 5198, Cass. 17 marzo 2014, n. 6122, Cass. 8 settembre 2014, n. 18902);

– con il quarto motivo la società denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c. in relazione alla mancata compensazione delle spese per non essere state ritenute fondate tutte le doglianze dell’appello incidentale proposta dal lavoratore;

– il motivo è infondato;

– corretta è stata la valutazione della Corte di merito che ha ritenuto, nel complesso, prevalerne la soccombenza della società. Si ricorda che, come ripetutamente affermato da questa Corte, non è neppure sufficiente a supportare una pronuncia di compensazione delle spese la mera riduzione della domanda, permanendo comunque una sostanziale soccombenza della controparte che deve essere adeguatamente riconosciuta anche sotto il profilo della suddivisione del carico delle spese (v., per tutte, Cass. 11 febbraio 2016, n. 2709, Cass. 23 gennaio 2012, n. 901,Cass. 8 marzo 2010, n. 5598). Del resto, il criterio di valutazione della prevalenza della soccombenza non può essere basato sul numero delle domande accolte o respinte per ciascuna delle parti ma comporta una valutazione nel suo complesso dell’oggetto della lite (cfr. Cass. 24 gennaio 2013, n. 1703). Egualmente, il rigetto tanto dell’appello principale quanto di quello incidentale (e nella specie l’appello incidentale è stato anche parzialmente accolto) non obbliga il giudice a disporre la compensazione totale o parziale delle spese processuali, il cui regolamento, fuori della ipotesi di violazione del principio della soccombenza per essere stata condannata la parte totalmente vittoriosa, è rimesso, anche per quanto riguarda la loro compensazione, al suo potere discrezionale (Cass. 2 luglio 2008 n. 18173, Cass. 23 maggio 1980, 0. 3405);

– ricorre con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375 c.p.c., n. 5, per la definizione camerale del processo;

– conclusivamente, essendo da condividere la proposta del relatore, il ricorso va rigettato;

– la regolamentazione delle spese segue la soccombenza;

– va dato atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso; condanna la società ricorrente al pagamento; in favore del contoricorrente, delle spese processuali che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge e rimborso forfetario in misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 6 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2017

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