Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17993 del 01/09/2011

Cassazione civile sez. I, 01/09/2011, (ud. 05/04/2011, dep. 01/09/2011), n.17993

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.R.F., elettivamente domiciliato in Roma, alla

via A. Pollio n. 30. presso gli avv. RISPOLI Gregorio ed ELDA

COLOMBO, dai quali è rappresentato e di leso in virtù di procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro p.t. domiciliato

in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12. presso l’AVVOCATURA GENERALE

DELLO STATO, dalla quale è rappresentato e difeso per legge;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte di Appello di Genova depositalo il 18

gennaio 2009;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 5

aprile 2011 dal Consigliere dott. Guido Mercolino;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. RUSSO Libertino Alberto, il quale ha concluso per la

dichiarazione d’inammissibilità del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che G.R.F. ha proposto ricorso per cassazione avverso il decreto del 18 gennaio 2009, con cui la Corte di Appello di Genova ha rigettato la domanda di equa riparazione da lui proposta nei confronti del Ministero della Giustizia per la violazione del termine di ragionevole durata del processo, verificatasi in un giudizio civile promosso nel mese di novembre 2003 dinanzi al Tribunale di Firenze, Sezione distaccata di Pontassieve.

ed ancora pendente dinanzi alla Corte d’Appello di Firenze;

che il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 111 Cost.

dell’art. 6. par. 1. della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e della L. 24 marzo 2001, n. 89, artt. 2 e 4 sostenendo che, nella determinazione della ragionevole durata del processo, la Corte d’Appello non si è attenuta ai parametri elaborati dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo;

che il Collegio ha raccomandato l’adozione di una motivazione semplificata.

Considerato che il motivo d’impugnazione proposto dal ricorrente, pur avendo ad oggetto una censura di violazione di legge, non è accompagnato dalla formulazione del quesito di diritto prescritto dall’art. 366-bis cod. proc. civ. necessaria anche quando il ricorso per cassazione sia affidato ad un unico motivo, trattandosi di obbligo assolutamente indipendente dal dato formale dell’unicità o pluralità delle censure sollevate, avuto riguardo alla peculiarità del disposto di cui all’art. 366-bis cit.;

che tale disposizione, inserita in un sistema processuale che già richiedeva l’indicazione della violazione denunciata nella redazione del motivo d’impugnazione, si caratterizza infatti proprio per l’imposizione di una sintesi originale ed autosufficiente della violazione stessa, che, in quanto volta a consentire una pronta comprensione della questione sottoposta al Giudice di legittimità, nonchè la formazione immediata e diretta del principio di diritto, è funzionale ad un miglior esercizio delta funzione nomofilattica della Corte di Cassazione (cfr. Cass., Sez. Un., 10 settembre 2009.

n. 19444; Cass. Sez. 1^, 24 luglio 2008, n. 20409);

che il quesito di diritto, rappresentando il punto di congiunzione tra la risoluzione della singola controversia e l’enunciazione del principio generale applicabile alla fattispecie, non può essere enucleato dall’illustrazione del motivo d’impugnazione, ma deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte dal ricorrente e porre la Corte in condizione di rispondere ad esso con l’enunciazione di una regula iuris suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello che ha costituito oggetto della sentenza impugnata (cfr. Cass., Sez. 5^, 5 febbraio 2011, n. 2799; Cass. Sez. 3^, 18 luglio 2007. n. 16002);

che la necessità del quesito di diritto non è esclusa, nella specie, dall’avvenuta abrogazione dell’art. 366-bis cod. proc. civ. ad opera della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d), avuto riguardo alla data di deposito del provvedimento impugnato ed alla norma transitoria dettata dall’art. 58, comma 5, ai sensi della quale le disposizioni di cui all’art. 47 si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso provvedimenti depositati successivamente alla data di entrata in vigore della medesima, legge (cfr. Cass., Sez. 2^, 27 settembre 2010, n. 20323; Cass., Sez. 3^, 24 marzo 2010, n. 7119);

che il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, e condanna G. R.F. al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in Euro 900,00 per onorario, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile, il 5 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 1 settembre 2011

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