Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17991 del 20/07/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 20/07/2017, (ud. 06/06/2017, dep.20/07/2017),  n. 17991

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15220/2016 proposto da:

RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A. (C.F. (OMISSIS), P.I. (OMISSIS)), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato

ARTURO MARESCA, che la rappresenta e difende unitamente e

disgiuntamente all’avvocato ROSA PINO;

– ricorrente –

contro

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA RIMINI 14,

presso lo studio dell’avvocato NICOLETTA CARUSO, rappresentato e

difeso dall’avvocato GAETANO SORBELLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 259/2016 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 6/4/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 6/6/2017 dal Consigliere Dott. CATERINA MAROTTA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

– con l’indicata sentenza, la Corte di appello di Messina, in solo parziale riforma della decisione del Tribunale della stessa sede, previa conferma della declaratoria di illegittimità dei contratti di arruolamento (a viaggio) stipulati tra M.G. e Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. per genericità delle indicazioni contenute negli stessi ed insufficienza a configurare un pieno adempimento delle disposizioni del codice della navigazione, della pronuncia di instaurazione di un rapporto a tempo indeterminato e della quantificazione in 12 mensilità dell’indennità risarcitoria della L. n. 183 del 2010, ex art. 32, condannava la società a corrispondere al lavoratore anche la retribuzione dovuta dalla data della sentenza di primo grado fino alla riassunzione;

– avverso tale sentenza Rete Ferroviaria S.p.A. propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi;

– M.G. resiste con controricorso;

– la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;

– la società ricorrente ha depositato memoria;

– il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

– con il primo motivo la società denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., assumendo che la Corte di appello è incorsa nel vizio di omessa pronuncia in relazione alla censura di ultrapetizione perchè il giudice di prime cure aveva dichiarato la nullità del contratto dell’11 giugno 1995 (primo imbarco, contratto a tempo determinato) laddove il lavoratore aveva chiesto la declaratoria di nullità della convenzione di arruolamento del 3 settembre 1996 (secondo imbarco, contratto a viaggio);

– con il secondo motivo la società denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,1372 e 2697 c.c. e degli artt. 100 e 115 c.p.c., in relazione al mancato rilievo dell’intervenuta risoluzione per mutuo consenso per il comportamento concludente delle parti. Evidenzia che, nella specie, tale inerzia andava valutata con riguardo al contratto) stipulato nel 1996 e rileva la mancata considerazione da parte della Corte territoriale del conseguimento da parte del M. di altra stabile occupazione;

– con il terzo motivo la società denuncia violazione della L. n. 183 del 2010, art. 32, per avere la Corte di appello disatteso la richiesta di riduzione dell’indennità risarcii oria formulata da R.F.I. S.p.A.;

– con il quarto motivo la società denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione alla mancata compensazione delle spese per non essere state ritenute fondate tutte le doglianze dell’appello incidentale proposta dal lavoratore;

– ragioni di ordine logico impongono l’esame prioritario del secondo motivo, che è infondato;

– come questa Corte già da tempo affermato, per la configurabilità di una risoluzione per mutuo consenso, manifestatasi in pendenza del termine per l’esercizio del diritto o dell’azione, occorre che il decorso del tempo sia accompagnato da ulteriori circostanze oggettive le quali, per le loro caratteristiche di incompatibilità con la prosecuzione del rapporto, possano essere complessivamente interpretate nel senso di denotare “una volontà chiara e certa della parti di volere, d’accordo tra loro, porre definitivamente fine ad ogni rapporto) lavorativo” (v. Cass. nn. 4003/1998, 15403/2000); tra l’altro, è onere della parte che faccia valere in giudizio la risoluzione per mutuo consenso allegare prima e provare poi siffatte circostanze (v. Cass. nn. 15403/2000 cit., 17070/2002, 15624/2007, 2279/2010, 16303/2010);

– l’indirizzo consolidato di questa Corte (si vedano, oltre alle più datate decisioni sopra citate, Cass. nn. 17674/2002, 23554/2004, 20390/2007, 17150/2008, 26935/2008, 23057/2010, 5887/2011 e tra le più recenti, Cass. nn. 1780/2014, 24069/2015, 24951/2015, 1179/2016, 1244/2016, 3026/2016) è, così, innanzitutto nel senso di ritenere che la mera inerzia del lavoratore non è sufficiente a far considerare sussistente una risoluzione del rapporto per mutuo consenso in quanto, affinchè possa configurarsi una tale risoluzione, è necessario che sia accertata una chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo;

– questa S.C., poi, ha più volte avuto modo di rilevare che non sono indicative di un intento risolutorio nè l’accettazione del t.f.r. nè la mancata offerta della prestazione, trattandosi di comportamenti entrambi non interpretabili, per assoluto difetto di concludenza, come tacita dichiarazione di rinunzia ai diritti derivanti dalla illegittima apposizione del termine (cfr., Cass. n. 15628/2001, in motivazione). Lo stesso dicasi della condotta di chi sia stato costretto ad occuparsi o comunque cercare occupazione dopo aver perso il lavoro per cause diverse dalle dimissioni (cfr. Cass. n. 839/2010, in motivazione, nonchè, in senso analogo, Cass. n. 15900/2005, in motivazione)” – si vedano, in termini, anche le più recenti Cass. nn. 8061/2014, 6632/2014 -;

– la valutazione del comportamento tenuto dalle parti e di eventuali circostanze significative di una consensuale tacita di volontà in ordine alla risoluzione del rapporto compete al giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di legittimità se non sussistono vizi logici o errori di diritto (da ultime, Cass. 1 gennaio 2016, n. 1841 e 11 febbraio 2016, n. 2732);

– si aggiunga che, come da questa Corte già precisato (cfr. Cass. 31 luglio 2015 n. 16264, Cass. 6 agosto 2015, n. 16508, Cass. 5 febbraio 2016, n. 2331), il decorso del tempo non può che apprezzarsi dalla data di cessazione di fatto dell’intero rapporto (pur costituito da plurimi contratti a termine) e non già dal primo contratto, solo successivamente dichiarato invalido in sede giudiziaria, valutando il tempo trascorso sino al momento della notificazione del relativo ricorso, ovvero della prima manifestazione di volontà di far valere la sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato;

– nel caso in esame, la Corte di appello ha respinto l’eccezione di scioglimento del vincolo contrattuale sul rilievo che “dopo il primo contratto a viaggio del 3 settembre 1996” il M. era stato nuovamente chiamato al lavoro ed aveva stipulato con la stessa società altri contratti ma sempre a viaggio ovvero a tempo determinato: non aveva dunque conseguito una stabile occupazione nè rifiutato una o più chiamate al lavoro che potessero) essere significative di un disinteresse al ripristino della piena funzionalità del rapporto; nè circostanza significativa poteva considerarsi l’accettazione senza riserve del t.f.r. all’atto della cessazione del rapporto o il mero decorso del tempo (che, pur di per sè rilevante, per essere espressivo di una tacita rinuncia a coltivare il diritto a far accertare l’illegittimità del termine apposto al contratto, è necessario concorra con altri elementi convergenti, ad indicare, in modo univoco ed inequivoco, la volontà di estinguere ogni rapporto di lavoro tra le parti – cfr. da ultimo Cass., Sez. Un., 27 ottobre 2016 n. 21691, Cass. Sez. Un., 15 novembre 2016, n. 23226 -;

– trattasi di considerazioni di merito corrette sul piano giuridico e congruamente motivate, come tali non censurabili sul piano logico;

– nè il ritenuto) mancato conseguimento di una stabile occupazione è contraddetto dal contenuto degli atti ritualmente allegati al ricorso per cassazione che evidenziano solo l’esistenza di rapporti di lavoro di durata temporanea;

– invece fondato il primo motivo (e determina l’assorbimento del terzo e del quarto);

– emerge chiaramente dagli atti di causa e dalle rituali trascrizioni del contenuto degli stessi operata dalla società ricorrente che M.G., pur avendo nella narrativa del ricorso rappresentato di essere stato iscritto nei registri della gente di mare della Capitaneria di porto di Messina sin dal 15 giugno 1995 c di avere svolto la propria attività lavorativa alle dipendenze di RFI S.p.A. in forza di più contratti di arruolamento a termine c/o a viaggio, aveva chiesto la declaratoria di illegittimità dei contratti di assunzione e l’accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato a far data dal 3/9/1996 (data del secondo imbarco);

– il giudice di primo) grado aveva ritenuto che tra la società ed il M. fosse intercorso un rapporto a tempo indeterminato a decorrere dalla data di assunzione di cui al primo contratto (11/6/1995);

– nonostante lo specifico) motivo di impugnazione da parte di RFI S.p.A., che aveva (tra l’altro) censurato proprio la fissazione della decorrenza della conversione del rapporto alla data dell’11/6/1995 (e cioè alla data del primo imbarco – recte 15/6/1995 -, che, peraltro, a differenza di quelli successivi non era dipeso da una convenzione di arruolamento a viaggio bensì da un contratto a tempo) determinato, non oggetto di domanda giudiziale – cfr. pagg. 6, 7 e 9 del ricorso per cassazione -), la Corte di appello ha confermato la pronuncia del Tribunale ed in particolare l’affermazione secondo cui l’indicazione di uno o più viaggi sulle tratte (OMISSIS) e viceversa e (OMISSIS) e viceversa non costituisce una clausola valida al fine di riconoscere nel contratto uno o più viaggi nel senso indicato dal codice della navigazione;

– è, palese la violazione dell’art. 112 c.p.c., essendo stata omessa qualsiasi pronuncia sul rilievo della società, risultando a tal fine irrilevante il passaggio motivazionale in cui la Corte di merito ha evidenziato che il Tribunale non aveva dichiarato la nullità per motivi diversi da quelli lamentati (violazione della disposizione sulla stipula dei contratti a viaggio);

– ricorre con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375 c.p.c., n. 5, per la definizione carnevale del processo;

– conclusivamente, essendo solo in parte da condividere la proposta del relatore, va accolto il primo motivo di ricorso (con assorbimento del terzo e del quarto) e rigettato il secondo; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte di appello di Catania che procederà all’esame della questione omessa e provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

 

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso (con assorbimento del terzo e del quarto) e rigetta il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese, alla Corte di appello di Catania.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 6 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2017

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