Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17990 del 04/07/2019

Cassazione civile sez. trib., 04/07/2019, (ud. 31/05/2019, dep. 04/07/2019), n.17990

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 29026/2015 R.G. proposto da:

società Magic Coffee s.r.l., in persona del legale rappresentante

pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Basilavecchia Massimo,

elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Sandulli Piero,

in Roma, Via F. Paulucci dei Calboli n. 9, in virtù di procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, Via dei

Portoghesi n. 12;

– resistente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania, sezione distaccata di Salerno, n. 4353/2015, depositata

l’8 maggio 2015.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31 maggio

2019 dal Consigliere D’Orazio Luigi.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. L’Agenzia delle entrate emetteva avviso di accertamento nei confronti della Magic Coffe s.r.l., per l’anno 2006, rilevando la antieconomicità della attività in quanto i costi per il personale (Euro 29.850) erano superiori al reddito di impresa pari ad Euro 2.873,00 e che sul costo del venduto di Euro 94.491,00 doveva essere applicato un ricarico del 150 %, per un totale di ricavi di Euro 236.228,00, superiore a quelli dichiarati per Euro 194.013,00, con recupero a tassazione di ricavi per Euro 42.215,00, somma inferiore al 40 % dei ricavi dichiarati (il 40 sarebbe di Euro 77.605,2).

2. La Commissione tributaria provinciale rigettava il ricorso, in quanto la L. n. 146 del 1998, art. 10, comma 4-bis, come modificato dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 17, che precludeva l’accertamento induttivo di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d, qualora l’ammontare dei ricavi non dichiarato fosse inferiore o pari al 40 % di quelli dichiarati non si applicava, poichè era relativo agli studi di settore per l’anno di imposta 2007.

3. La Commissione tributaria regionale rigettava l’appello della società per la medesima ragione, in quanto ai sensi della L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 18, la preclusione dell’accertamento induttivo per il mancato sforamento della soglia del 40 % tra ricavi maggiori accertati e quelli dichiarati, operava a decorrere dal periodo di imposta in corso alla data del 1 gennaio 2007.

4. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la società, depositando anche memoria scritta.

5. L’Agenzia delle entrate non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.Con un unico motivo di impugnazione la società deduce “violazione e falsa applicazione della L. n. 146 del 1998, art. 10,comma 4-bis, inserito dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 17, nel testo vigente ratione temporis, e della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 14, u.p.; in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, in quanto la modifica normativa in ordine alla soglia del 40 % di scostamento tra i ricavi non dichiarati (ed accertati) e quelli dichiarati preclude l’utilizzo dell’accertamento induttivo ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d, a decorrere dal periodo di imposta dell’anno 2006 e non solo dal 1 gennaio 2007.

1.1. Tale motivo è fondato.

1.2. Invero, la L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 13, ha modificato la L. 8 maggio 1998, n. 144, art. 10, inserendo l’art. 10-bis (modalità di revisione ed aggiornamento degli studi di settore), con la previsione che “gli studi di settore previsti all’art. 62-bis del decreto L. 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, e successive modificazioni, sono soggetti a revisione, al massimo ogni tre anni dalla data di entrata in vigore dello studio di settore ovvero da quella dell’ultima revisione, sentito il parere della commissione di esperti di cui all’art. 10, comma 7. Nella fase di revisione degli studi di settore si tiene anche conto dei dati e delle statistiche ufficiali, quali quelli di contabilità nazionale, al fine di mantenere nel medio periodo, la rappresentatività degli stessi rispetto alla realtà economica cui si riferiscono. La revisione degli studi di settore è programmata con provvedimento del direttore dell’agenzia delle entrate da emanare entro il mese di febbraio di ciascun anno”.

1.3. La L. n. 146 del 1998, art. 10-bis, comma 2, dopo la modifica di cui alla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 13, prevede, nella versione vigente ratione temporis, che “ai fini dell’elaborazione e della revisione degli studi di settore si tiene anche conto di valori di coerenza, risultanti da specifici indicatori definiti da ciascuno studio, rispetto a comportamenti considerati normali per il relativo settore economico”.

1.4. La L. 27 dicembre 2006, n. 296, comma 17, ha inserito alla L. n. 146 del 1998, dopo il comma 4, il comma 4-bis, relativo alla soglia del 40 %, prevedendo che “le rettifiche sulla base di presunzioni semplici di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), e al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 2, u.p., non possono essere effettuate nei confronti dei contribuenti che dichiarino, anche per effetto dell’adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori al livello della congruità, ai fini dell’applicazione degli studi di settore di cui al D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 62-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, tenuto altresì conto dei valori di coerenza risultanti dagli specifici indicatori, di cui all’art. 10-bis, comma 2, della presente legge, qualora l’ammontare delle attività non dichiarate, con un massimo di Euro 50.000,00, sia pari o inferiore al 40% dei ricavi o compensi dichiarati”.

1.5. La L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 18 ha, poi, indicato l’entrata in vigore della nuova disposizione, prevedendo che “Le disposizioni di cui alla L. 8 maggio 1998, n. 146, art. 10, commi 4 e 4-bis, come modificate e introdotte rispettivamente dei commi 16 e 17 del presente articolo, hanno effetto a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data del 1 gennaio 2007, ad esclusione di quelle previste del citato art. 10, comma 4, lett. b), che hanno effetto dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2006”.

1.6. Pertanto, sulla base di queste disposizioni la Commissione regionale ha ritenuto che la soglia del 40 % fosse applicabile solo a decorrere dal 1 gennaio 2017.

2. Tuttavia, ai fini di una ricognizione completa della normativa, deve considerarsi anche quanto disposto alla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 14. Infatti, solo i “valori di coerenza” di cui alla L. n. 146 del 1998, art. 10-bis, comma 2, come inserito dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296l, art. 1, comma 13, risultanti da specifici indicatori definiti da ciascuno studio dovevano essere applicati a decorrere dal 1 gennaio 2007. Nell’anno 2006, invece, non essendo ancora presenti i “valori di coerenza”, dovevano essere applicati gli “indicatori di normalità economica”. Gli indicatori di normalità economica dovevano essere utilizzati proprio nel periodo transitorio relativo all’anno di imposta 2006.

3. La L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 14, ha, infatti, prevede, nella formulazione vigente ratione temporis, che “fino alla elaborazione e revisione degli studi di settore previsti dal D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 62-bis, convertito con modificazioni, dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, e successive modificazioni, che tengono conto degli indicatori di coerenza di cui alla L. 8 maggio 1998, n. 146, art. 10-bis, comma 2, introdotto dal comma 13, con effetto dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2006, ai sensi dell’art. 1 del regolamento di cui al D.P.R. 31 maggio 1999, n. 195, si tiene altresì conto di specifici indicatori di normalità economica, di significativa rilevanza, idonei alla individuazione di ricavi, compensi e corrispettivi fondatamente attribuibili al contribuente in relazione alle caratteristiche e alle condizioni di esercizio della specifica attività svolta”.

4. Pertanto, è chiaro che per l’anno d’imposta al 31 dicembre 2006, individuato come una sorta di periodo transitorio, devono essere applicati, non gli “indici di coerenza” di cui alla L. n. 146 del 1998, art. 10-bis, comma 2, come inserito dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 13, ma degli “specifici indicatori di normalità economica”.

5. Alla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 14, dedicato agli indicatori di normalità economica, per il periodo di imposta fino al 31 dicembre 2006, poi, si aggiunge che “si applicano le disposizioni di cui alla medesima legge, art. 10, comma 4-bis”. Ciò significa che la rilevanza della soglia del 40 % dello scostamento tra l’ammontare delle attività non dichiarate ed i ricavi o compensi dichiarati trova applicazione sin dall’anno di imposta 2006 (in tal senso, peraltro, depone anche la circolare n. 31/E della Agenzia delle entrate del 22 maggio 2007, la quale al punto 8.3. precisa che “Per quanto infine attiene alla vigenza della nuova norma, la legge finanziaria per il 2007, art. 1, comma 18, stabilisce che le disposizioni di cui alla L. n. 146 del 1998, art. 10, commi 4 e 4-bis hanno effetto a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data del 1 gennaio 2007. Quest’ultima disposizione va messa però in relazione con la legge finanziaria dei 2007, art. 1, comma 14. Tale norma prevede che, fino all’elaborazione e revisione degli studi di settore che tengono conto degli indicatori di coerenza introdotti dalla legge finanziaria per il 2007, comma 13, si tiene altresì conto di specifici indicatori di normalità economica, di significativa rilevanza, idonei all’individuazione di ricavi, compensi e corrispettivi fondatamente attribuibile al contribuente in relazione alle caratteristiche e alle condizioni di esercizio della specifica attività svolta. L’ultimo periodo del citato comma 14 conclude affermando che “si applicano le disposizioni di cui alla medesima legge, art. 10, comma 4-bis “. Dal combinato disposto delle norme illustrate, risulta quindi che la L. n. 146 del 1998, art. 10, comma 4-bis, nuovo, troverà applicazione con riferimento agli accertamenti riguardanti periodi di imposta in corso al 31 dicembre 2006 e successivi”).

6. La L. n. 148 del 1998, art. 10, comma 4-bis è stato abrogato dal D.L. 201 del 2011, art. 10, comma 12, ma il successivo comma 13 ha conservato l’efficacia della norma (abrogata) per gli anni di imposta anteriori al 2011 (“Per le attività di accertamento effettuate in relazione alle annualità antecedenti il 2011 continua ad applicarsi quanto previsto dalla L. 8 maggio 1998, n. 146, art. 10, comma 4-bis e art. 10-ter”).

Pertanto, poichè l’anno in contestazione è il 2006, trova applicazione l’originario disposto della L. n. 146 del 1998, art. 10,comma 4-bis.

Proprio la “continuità” tra gli “indici di normalità economica” applicabili nell’anno d’imposta 2006 (comma 14) e gli “indici di coerenza” applicabili dal 1 gennaio 2007 (comma 13), spiega la ragione per cui gli accertamenti presuntivi risultano limitati già a decorrere dall’anno di imposta 2006, con applicazione in entrambi delle soglie di rilevanza che impediscono gli accertamenti induttivi di cui al comma 17. Il comma 14, quindi, deroga alla applicazione della nuova normativa al 1 gennaio 2007 (comma 18).

Nella specie, la contribuente ha dichiarato ricavi nell’anno 2006 pari ad Euro 194.013,00, mentre il totale dei ricavi non dichiarati era di Euro 42.215, come risulta dall’avviso di accertamento.

Il 40 % del totale di Euro 194.013,00 era di Euro 77.605,2.

L’importo dei compensi non dichiarati (Euro 42.215,00) è, dunque, inferiore al 40 % dei ricavi dichiarati (Euro 77.605,2). Inoltre, non è stata superata la soglia di attività non dichiarata pari ad Euro 50.000,00.

La contribuente, quindi, nell’anno 2006, non poteva essere assoggettato ad accertamento induttivo ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1 lett. d.

6. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata ma, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, va accolto il ricorso originario della contribuente.

7. Le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della Agenzia delle entrate per il principio della soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Le spese dei gradi di merito vanno compensate tra le parti per la peculiarità della fattispecie in esame.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario della contribuente.

Compensa tra le parti le spese delle fasi dei giudizi di merito.

Condanna l’Agenzia delle entrate a rimborsare in favore della contribuente le spese del giudizio di legittimità che si liquidano in complessivi Euro 5.300,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, accessori di legge e rimborso delle spese generali nella misura forfettaria del 15 %.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 31 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2019

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