Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1799 del 26/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 26/01/2011, (ud. 03/12/2010, dep. 26/01/2011), n.1799

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARLEO Giovanni – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – rel. Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

P.M., elett.te dom.to in Roma, alla via Pompeo Magno

1, presso lo studio dell’avv. Zincone Andrea, dal quale è rapp.to e

difeso, giusta procura in atti;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rapp.te pro tempore,

domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n, 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato che lo rappresenta e difende per legge;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia n. 9/49/08 depositata il 11/7/2008;

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

giorno 3/12/2010 dal Consigliere Relatore Dott. Marcello Iacobellis;

viste le richieste del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale, Dott. Matera, che ha concluso aderendo alla relazione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia promossa da P.M. contro l’Agenzia delle Entrate è stata definita con la decisione in epigrafe, recante l’accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza della CTP di Milano n. 175/1/2006 che aveva accolto il ricorso del contribuente avverso il silenzio rifiuto dell’Ufficio sull’istanza di rimborso Irap 2003. Il ricorso proposto si articola in tre motivi. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Il relatore ha depositato relazione ex art. 380 bis c.p.c.. Il presidente ha fissato l’udienza del 3/12/2010 per l’adunanza della Corte in Camera di Consiglio. Il P.G. ha concluso aderendo alla relazione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con primo motivo il ricorrente assume la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. La CTR avrebbe erroneamente ritenuto soggetta ad irap l’attività del professionista anche se inserito in strutture organizzative riferibili ad altri.

La censura è infondata: lo svolgimento della propria attività professionale all’interno di uno studio professionale è circostanza di per sè idonea a far presumere l’esistenza di una autonoma organizzazione di strutture e mezzi, nonchè dell’intento di avvalersi della reciproca collaborazione e competenze, ovvero della sostituibilità nell’espletamento di alcune incombenze, a meno che il contribuente non dimostri l’esistenza di un rapporto di lavoro alle dipendenze del titolare dello studio professionale.

Con secondo motivo il ricorrente assume la insufficiente motivazione sull’impiego di beni strumentali in misura eccedente il minimo indispensabile. La censura relativa al vizio di motivazione è inammissibile in quanto priva di una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un “quid pluris” rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (Sez. 3, Ordinanza n. 8897 del 07/04/2008) nonchè di una spiegazione logica alternativa del fatto che appaia come l’unica possibile (Sez. 3, Sentenza n. 3267 del 12/02/2008).

Con terzo motivo il ricorrente assume la contraddittorietà della motivazione nonchè l’erronea applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3.

Inammissibile è la censura di violazione di legge in quanto il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ. è privo della riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito, della sintetica indicazione della regola di diritto applicata da quel giudice, e della diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (Sez. 3, Ordinanza n. 19769 del 17/07/2008).

La censura in ordine alla motivazione è inammissibile in quanto priva, all’esito della sua illustrazione, di una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione.

Consegue da quanto sopra il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente alla rifusione, in favore dell’Amministrazione Finanziaria, delle spese del grado che si liquidano in complessivi Euro 1.100,00, di cui Euro 100,00 per spese, oltre accessori di legge.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione, in favore dell’Amministrazione Finanziaria, delle spese del grado che si liquidano in complessivi Euro 1.100,00 oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2011

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