Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17986 del 28/08/2020

Cassazione civile sez. VI, 28/08/2020, (ud. 02/07/2020, dep. 28/08/2020), n.17986

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 7571-2019 proposto da:

FINCALABRA SPA, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE

di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato VINCENZO GRECO;

– ricorrente –

contro

COPARFIN SPA, M.C., C.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1680/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 27/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 02/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. CRISTIANO

VALLE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Fincalabra S.p.a. ha chiesto al Tribunale di Catanzaro la condanna di CO. PAR. FIN S.p.a. e dei coobbligati e fidejussori M.C. e C.G. nonchè della MA. CA. INVEST S.r.l. alla restituzione della somma di oltre centottantottomila euro, a titolo di sorte capitale ed interessi, erogati alla detta società a titolo di prima tranche di finanziamento per la realizzazione di un investimento.

La domanda venne rigettata dal Tribunale.

L’appello della Fincalabra S.p.a. è stato disatteso dalla Corte territoriale.

Averso la sentenza d’appello ricorre per cassazione con quattro motivi Fincalabra S.p.a.

CO. PAR. FIN. S.p.a., M.C. e C.G. sono rimasti intimati.

A seguito della rituale comunicazione della proposta del relatore non è stata presentata memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Le censure di Fincalabra S.p.a. affermano che la Corte territoriale avrebbe male applicato l’art. 1456 c.c..

La sentenza d’appello è pressocchè integralmente confermativa di quella di primo grado resa dal Tribunale di Catanzaro, dopo che il Tribunale di Vasto, adito dalla CO. PAR. FINS. S.p.a., aveva dichiarato la propria incompetenza per territorio e la causa non era stata riassunta da alcuna delle parti di detto giudizio.

L’esposizione, in ricorso, dei fatti di causa, rilevanti ai fini del sindacato di legittimità, è alquanto superficiale, ed è necessario, per la compiuta comprensione di essi, procedere alla lettura della sentenza impugnata.

Il ragionamento decisorio della Corte di Appello di Catanzaro è logico ed esaustivo, in quanto afferma che nelle due missive, inviate nel 2002 dalla Fincalabra S.p.a. alla controparte contrattuale CO. PAR. FIN S.p.a., non era possibile individuare i tratti tipici della diffida ad adempiere, in quanto esse, sebbene fissassero un termine per l’adempimento, non contenevano alcun riferimento ad una volontà di risoluzione del contratto e, quindi, la risoluzione giudiziale del contratto di finanziamento avrebbe dovuto essere ritualmente richiesta dalla Fincalabra S.p.a., con conseguente necessità di provare la gravità dell’inadempimento, ai sensi dell’art. 1455 c.c..

La Corte territoriale, ripercorrendo il percorso motivazionale del Tribunale, rileva, inoltre, che la domanda originariamente proposta da Fincalabria S.p.a. era basata sulle asserite diffide ad adempiere mentre in appello il fulcro della pretesa giudiziale era incentrato sull’art. 1456 c.c., ossia sulla clausola risolutiva espressa, contenuta nel contratto di finanziamento ma, tuttavia, alla stregua della giurisprudenza di legittimità, il mutamento di domanda non poteva ritenersi consentito.

I motivi dal primo al terzo non censurano adeguatamente, il suddetto percorso motivazionale, limitandosi essi a ribadire diversa prospettazione, già confutata ed esclusa dal giudice dell’impugnazione di merito.

Il ricorso è, pertanto, manifestamente inammissibile, con riferimento a detti vizi, in quanto carente dal punto di vista dell’esposizione sommaria dei fatti di causa (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3), e comunque per inadeguata censura della ragione decisoria della Corte territoriale circa l’insussistenza di una valida diffida ad adempiere e di una adeguata proposizione della domanda di risoluzione per inadempimento e, in ogni caso, perchè non incrina il percorso motivazionale del giudice di appello in punto di mutamento della domanda tra primo e secondo grado di giudizio.

L’ultimo motivo, proposto per art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, è inoltre inammissibile, manifestamente, in quanto non evidenzia adeguatamente le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse. Il mezzo è, altresì, inammissibile in quanto non individua, così come richiesto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il “sfatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti” bensì contrappone una diversa ricostruzione della prospettazione in diritto, relativa alla domanda di applicazione dell’art. 1456 c.c., rispetto a quella fatta propria dal giudice di merito, reiterando, come già tratteggiato, un motivo di impugnazione non più esperibile, nella specie di sindacato di fatto sulla motivazione, in contrasto con la giurisprudenza formatasi in tema (Sez. U n. 08053 del 07/04/2014 e più di recente Cass. del 12/10/2017 n. 23940).

Il ricorso è, pertanto, inammissibile.

Nulla per le spese di lite, essendo le controparti rimaste intimate.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso;

nulla spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, sezione VI civile 3, il 2 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 28 agosto 2020

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