Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 17986 del 24/07/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 17986 Anno 2013
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: CIGNA MARIO

SENTENZA

sul ricorso 7835-2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12 presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente 2013
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contro

LEMBO LEONARDO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
LUCIANI LUIGI 1, presso lo studio dell’avvocato DE
LORENZO, rappresentato e difeso dall’avvocato AFFUSO
RAFFAELE giusta delega in calce;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 24/07/2013

avverso la sentenza n. 43/2006 della COMM.TRIB.REG. di
CAMPOBASSO, depositata il 29/01/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/02/2013 dal Consigliere Dott. MARIO
CIGNA;

chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso in subordine
accoglimento.

udito per il ricorrente l’Avvocato DE BONIS che ha

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata il 29-1-07 la CTR Molise rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate di
Campobasso nei confronti della sentenza della CTP di Campobasso che aveva accolto il ricorso proposto da
Lembo Leonardo, ex dipendente Banco Napoli, awerso il silenzio-rifiuto dell’Ufficio in ordine all’istanza di
rimborso, dallo stesso contribuente presentata, della somma di euro 5.201,92, trattenuta dal sostituto
d’imposta a titolo di ritenuta d’acconto lrpef sulla maggiorazione del TFR erogata dal Banco al fine di

risoluzione consensuale del rapporto, assumevano natura risarcitoria e non retributiva, e quindi
beneficiavano della tassazione agevolata e non di quella prevista per il trattamento di fine rapporto.
Awerso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione l’Agenzia, affidato ad un motivo; resisteva il
contribuente con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia, deducendo —ex art. 360 n. 3 cpc- violazione e falsa applicazione
degli artt. 16, comma 1, lett. a) e 48, comma 2, lett. f) dpr 917/86, nel testo anteriore alla modifica recata
dal clIgs 505/99, rilevava che le somme in questione, corrisposte dal datore di lavoro -in aggiunta alle
spettanze di fine rapporto- come incentivo alle dimissioni anticipate del dipendente, non avevano natura
né liberale né eccezionale ma costituivano reddito imponibile da lavoro dipendente, essendo
predeterminate al fine di sollecitare e remunerare, mediante una vera e propria controprestazione, il
consenso del lavoratore alla risoluzione anticipata del rapporto di lavoro.
Il motivo è fondato.
Va, invero, condiviso il principio, già espresso da questa Corte, secondo cui “le somme corrisposte dal
datore di lavoro, in aggiunta alle spettanze di fine rapporto, come incentivo alle dimissioni anticipate del
dipendente (cosiddetti incentivi all’esodo), non hanno natura liberale ne’ eccezionale, ma costituiscono
reddito imponibile da lavoro dipendente, essendo predeterminate al fine di sollecitare e remunerare,
mediante una vera e propria controprestazione, il consenso del lavoratore alla risoluzione anticipata del
rapporto. La causa di siffatte prestazioni, quindi, in quanto presuppone una pattuizione, esclude che le
corrispondenti somme possano essere esentate dall’imposta, catalogandole fra i “sussidi occasionali” che, a
differenza degli incentivi programmati, sono concessi estemporaneamente e graziosamente, in coincidenza
con rilevanti esigenze personali e familiari del lavoratore. Nè gli obiettivi di politica aziendale perseguiti
attraverso l’incentivazione dell’esodo incidono sull’imponibilità degli emolumenti corrisposti a tale titolo,
giacché l’esenzione deve ritenersi applicabile sol quando la prestazione stessa – non la causa determinante
di essa (crisi aziendale) o i mezzi economici con cui è fronteggiata (risorse per costi straordinari) o la final i t’

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agevolare l’esodo volontario; in particolare la CTR rilevava che gli importi in questione, nel contesto della

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MATERIA TRIBUTAMA
come recepita dalla parte del lavoratore (risarcimento del danno morale da prossima disoccupazione) – è
eccezionale e non ricorrente. Tali somme, pertanto, non rientrando nell’esenzione prevista dall’art. 48,
comma secondo, lettera f), del T.U. approvato con il d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, ne’ in altre cause di
esenzione, sono soggette a tassazione separata, ai sensi del precedente art. 16, comma primo, lettera a),
essendo in diretta ed immediata correlazione con la cessazione del rapporto di lavoro dipendente” (Cass.
15660/2004; v. anche Cass. 14821/07).

essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, decidendo nel merito, va rigettato il ricorso introduttivo
proposto in primo grado dal contribuente.
In considerazione dell’evoluzione giurisprudenziale in materia, sussistono giusti motivi per compensare tra
le parti le spese di lite del giudizio di merito.
Le spese di lite relative al presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la
soccombenza.
P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso
introduttivo proposto in primo grado dal contribuente; dichiara compensate tra le parti le spese di lite
relative al giudizio di merito; condanna il contribuente al pagamento delle spese di lite relative al presente
giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 1.400,00, oltre spese prenotate a debito.
Così • eciso in Roma il 27-2-2013 nella camera di Consiglio della sez. tributaria.
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Il Presidente
dott. Aure4 Cappabianca

Alla stregua di tale principio, pertanto, in accoglimento del ricorso, va cassata l’impugnata sentenza e, non

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